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“Tutti vostri?”in una originale recensione

“Tutti vostri?”in una originale recensione

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Di nuovo è ripresa la scuola. Purtroppo non il fatidico e fiabesco 1 ottobre, che si portava subito appresso la festa del patrono d’Italia, San Francesco, il giorno 4, ma con l’anticipo dei tempi attuali.

Avete comperato tutto? Libri, quaderni, la cartella nuova? Avete soprattutto infiocchettato i figli di nuovi ninnoli: la matita con peluche sul fondo (che bello era mangiucchiarsi prima il tappino o la gommina e poi anche qualche pezzo di legno!), la gomma dai modelli più impensati, l’evidenziatore ultimo modello e il porta penne che è tutto fuor che quello?

Bene. Quanti figli avete? Uno? Due? Siete già sull’orlo di una crisi di nervi? Avete prenotato le ferie dell’anno dopo, controllando adeguatamente il calendario didattico? Avete prenotato tutti i ponti, la casa in montagna, la palestra, il corso di nuoto, il corso di musica, le giornate di shopping, le lezioni di catechismo, le festicciole con gli amici? Magari anche qualche partita di calcio allo stadio?
Bene. Adesso avete bisogno di una buona dose d’ossigeno e di tutta la comprensione di amici e amiche perché, si sa, quando si hanno i figli è una vera tortura.

Se poi i figli diventano tre, quattro, cinque, sei… ma siamo pazzi? Una famiglia numerosa?

È l’argomento trattato in tutta la sua ampiezza nel libro curato a quattro mani da Regina Florio, autrice di una nota serie di libri sul galateo e madre di quattro figli, e da Mario Sberna, tre figli naturali, uno adottato e uno in affido. Entrambi fanno parte dell’Associazione nazionale famiglie numerose che ha sede a Brescia. La trattazione si avvale del contributo di molti personaggi, anche membri dell’Associazione stessa, che rispondono ad un’ideale Lettera firmata a vario titolo e a vario livello. Tra gli altri Vittorino Andreoli, Nicoletta Colombo, Annarita Piermattei, Aldo Maria Valli.

Si passa dal parere del sacerdote fondatore della comunità di Bessimo, all’analisi delle casistiche di natalità; dall’interessante analisi del PIL messo a disposizione delle famiglie nei vari Paesi comunitari, alla considerazione sulle tariffe maggiorate per le famiglie numerose mentre i genitori separati hanno diritti di deducibilità. Una trattazione vasta, lineare, ben scritta, con sottolineature di carattere religioso: l’accettazione piena, la disponibilità all’aiuto, il fatto che essere aperti all’altro/a significhi anche adottare un bambino down e una bambina tetraplegica. Insomma, vizi, ma soprattutto virtù, di persone normali che stravolgono la mentalità comune, focalizzando l’attenzione sulla normalità della vita, e anche sulla maggiore pienezza, di una famiglia numerosa come non si usa più. C’è anche una sorta di favoletta burlesca sul bagnetto e la poppata che strappa un po’ di risate.

Mi intristisce valutare che libri come questo abbiano necessità d’esistere.

Infatti, la libertà di ciascuno dev’essere rispettata, sia quando porta alla rassegnazione di non avere o non volere un bambino, sia quando si accetta di averlo. In un caso o nell’altro la vita porta a riflettere e a crescere. Mi dispiace constatare che che sotto sotto ci sia la volontà di ribadire una “giustezza” di comportamento a fronte della scelta di non avere figli o di averne solo uno o due. Se il discorso cade sulla necessità (purtroppo) di dovere giustificare i sei figli (dev’essere in effetti deprimente dovere rendere conto del fatto di averli o averli voluti al primo estraneo che si incontra al supermercato), esso non deve giocoforza portare a puntare il dito su chi ne ha meno, o no, o li rifiuta. Le motivazioni sono tali e tante che il solo buonismo non basta a sostenerle tutte. Le motivazioni femminili alla maternità sono valide e validissime: conosco personalmente una manna di sei figli magrissima e perfettamente in forma, mentre l’amica che ne voleva e ne ha avuti tanti è stata a letto intere gestazioni con la sciatica, ha perso tutti i denti e tutti i capelli a seguito delle gravidanze, eccetera. Quindi non ci si deve arrogare il diritto di essere nel giusto perché si accoglie in pieno il messaggio delle Sacre Scritture e del Vangelo, dal momento che ognuno di noi ha una strada da percorrere che potrebbe anche essere fatta di rinunce per realizzare il proprio scopo di vita di indirizzo divino. Ci sono personaggi noti che hanno una indiscutibile grandezza sia umana che spirituale che pure non si sono sposati e non hanno figli. E hanno fatto il bene dell’umanità lo stesso.

Inoltre, colgo spunto dal libro per sottolineare come questi esempi di famiglia (non credo proprio che si debba giustificare avere quattro, cinque figli con la necessità di perpetuare le pensioni e il genere italiano, mi sembra opprimentemente riduttivo…) servano soprattutto a delineare cosa dev’essere la famiglia oggi. Non più quella fondata sulla rassegnazione e sulla totale sottomissione della donna, ma quella in cui la donna sceglie di essere madre. Con tutte le libertà di oggi di non esserlo e/o di esserlo con la parcellizzazione che desidera.

Non mi sento di innalzare sugli altari questi esempi encomiabili di genitori, ma uso questo libro e tutti gli esempi che contiene per sollecitare la nuova visione familiare. In fondo, non ci deve essere un perché per una scelta. Se vedi un bambino in un orfanotrofio, te ne innamori, lo adotti, non ci dev’essere un motivo: esso giace nell’essere umano, nutrito di solidarietà e di responsabilità. Se si può scegliere è anche grazie alla non scelta; è grazie a tutti i metodi per non scegliere. Il controllo delle nascite ha reso più responsabili tutti e il fatto che la nostra società stia bene abbastanza per scegliere la vita, i figli, la scommessa del buono e del futuro che stiamo costruendo perché sia il migliore possibile, ben venga. Vorrei sfatare la banalità del “futuro migliore”. Dobbiamo pensare, anche grazie a questi esempi, di creare un presente giusto ed equo, soprattutto per le nostre famiglie italiane numerose, quando spesso si apprezzano solo quelle numerose di altri popoli e di altre etnie. Perché siamo tutti bravi a guardare fuori e a non voler vedere noi stessi. Dobbiamo imparare a dare un buon presente per sperare di avere un futuro: non già in cifre statistiche, ma in cifre umane, di bene. Sarà questa la vittoria: il bene che insegna, comprende, si traduce in amore.

È questo che dicono le testimonianze del libro. Alla fine non si sta parlando di figli, ma di amore. La capacità di creare del bene. Al di là di con quanti figli lo si riesca a fare.

La mia solidarietà, il mio più benevolo sorriso e, permettetemelo, i miei più sinceri complimenti. Senza commento.

Regina Florio, Mario Sberna (a cura di): “Tutti vostri?”, Edizioni Messaggero Padova, 2007, pagg. 192; euro 12,00.

Articolo di Alessia Biasiolo

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