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«Meglio un bonus alle famiglie che il taglio Irpef»

«Meglio un bonus alle famiglie che il taglio Irpef»

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Baretta (Cisl) risponde all’invito promosso da «Avvenire» a non trascurare il fattore-famiglia nel dibattito sui salari
DA ROMA
EUGENIO FATIGANTE
I l sindacato non ha dimenticato le famiglie. All’invito, rivolto da Avvenire
sabato scorso, a non trascurare il fattore-famiglia, accanto a quello del lavoro dipendente, nel dibattito sul necessario sostegno ai sala- ri, risponde per la Cisl Pier Paolo Baretta, segretario generale aggiunto ed esperto di politiche fiscali. Lo fa per ricordare che, nella ‘piattaforma’ presentata al governo, c’è proprio «l’altra gamba della dote fiscale per i figli», per la quale i sindacati chiedono uno stanziamento da «4 miliardi» di euro. La Cisl in particolare «condivide che una proposta sulla famiglia sia al centro del dibattito » sulle condizioni economiche degli italiani. E dice un netto ‘no’, invece, all’ipotesi di ridurre al 20% l’aliquota Irpef più bassa.
L’attenzione, allora, non è solo sul lavoro dipendente?
Esatto. Il documento da noi presentato è fondato su 2 interventi combinati: una detrazione per il lavoro dipendente, che si può concentrare sui redditi più bassi, più la dote alle famiglie, che vanno premiate perché fanno figli quale che sia il reddito. Uno strumento che noi vogliamo ampio, da prevedere fino ai 18 anni d’età e mettendo assieme gli assegni familiari e le attuali detrazioni per familiari a carico. Uno strumento che deve essere forte per affrontare il problema della bassa natalità.
Il bonus ha bisogno però di fondi adeguati.
Noi abbiamo chiesto 4 miliardi. Un’operazione che si può fare subito, se proseguono i confortanti dati fiscali. Ma anche in tempi scaglionati. Di certo è una proposta che va in direzione diversa dalla riduzione, dal 23 al 20%, della prima aliquota Irpef. Che ha due difetti: costa troppo, dai 10 ai 12 miliardi annui, e premia tutti, quindi anche i redditi più alti dato che gli effetti si trascinano per tutti gli scaglioni.
È un no, quindi, a riduzioni fiscali uguali per tutti?
Può essere così per le detrazioni sul lavoro. Ma, ripeto, è importante che si lavori pure su quest’altra priorità politico-culturale. Che va allargata ancor più, perché non si può lasciar cadere nemmeno il discorso degli asili-nido da potenziare.
Pensate a una dote svincolata da limiti di reddito?
La Cisl sì, anche se il discorso è complesso. Le statistiche Istat ci dicono che i nuclei con un figlio sono 4,3 milioni, quelli con 2 sono 4,2 milioni e quelli con 3 o più 1,1 milioni. Ma se vediamo le fasce di reddito per tipologia familiare, il reddito medio è di 25mila euro per le coppie senza figli, che sale a 32mila con 1 figlio, cala a 31mila con 2 figli e risale fino a 38mila con 3. Numericamente, c’è un’emergenza maggiore per le famiglie con 1-2 figli. Ma ciò non toglie che occorra guardare anche ai nuclei numerosi. E la dote va in questa direzione.
Servono più risorse: ma non si insiste troppo sui ‘tesoretti’ fiscali, trascurando la lotta alla spesa ‘facile’?
Direi di sì. Non si può mettere però il sindacato in cima alla lista dei responsabili. Insistiamo da tempo sull’esigenza di disboscare le consulenze pubbliche. Gli enti locali dovrebbero dare per primi l’esempio. Ma spostare l’asse sul taglio alle spese può far allentare il rigore sulle entrate che, come si vede, sta dando frutti. Ci sono poi le rendite finanziarie: possono dare fino a 3 miliardi l’anno, pur precisando che vanno tassate solo quelle future e con una franchigia.
Una domanda ‘extra’: Epifani ha fatto mea culpa sulla tutela della condizione del lavoro.
Sì, ma questo è successo non perché il sindacato è svogliato, ma perché bisogna capire che il terreno ci è cambiato sotto i piedi. Il tema vero è l’organizzazione del lavoro e da lì bisogna ripartire, non dal mercato del lavoro che è solo la conseguenza. Non è il Co.co.co. che fa nascere l’esternalizzazione del lavoro, ma viceversa. Veltroni ha detto che imprese e lavoratori sono uniti da un comune destino. Ma questo deve tradursi in più democrazia economica e più organizzazione.
«Per la nostra proposta servono risorse per 4 miliardi, mentre ridurre l’aliquota del 23% costa troppo, dai 10 ai 12 miliardi annui»