Il presidente Anfn Alfredo Caltabiano: “Le famiglie numerose sono in assoluto le più povere”

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    «Oggi le famiglie numerose sono la Cenerentola delle famiglie in Italia»: così il presidente nazionale di Anfn Alfredo Caltabiano intervenuto questa mattina al focus «L’Italia del terzo figlio» in occasione dell’incontro dei coordinatori delle Famiglie numerose in corso all’hotel Fonte Angelica a Nocera Umbra. Per Caltabiano l’esiguità delle grandi famiglie è «la cartina di tornasole della mancanza di politiche familiari in Italia. L’Istat dice che sono in assoluto le più povere. Eurostat ci dice che l’Italia è il paese con la minor percentuale di famiglie numerose in Europa. Tanto per fare un esempio, in Italia le famiglie con 3 e più figli rappresentano il 7,4% del totale delle famiglie con figli, contro il 15,1% della Francia. I figli nati nelle famiglie numerose, rappresentano il 15,35% del totale, contro il 29,82% della Francia.  Francia, che ha un indice di fertilità di 1,8 figli per donna, contro l’1,25 dell’Italia, non a caso ha il doppio delle famiglie numerose rispetto al nostro Paese».

    Ora, proprio perché sono numericamente poche – è il ragionamento di Alfredo Caltabiano – gli interventi verso le famiglie numerose hanno un costo limitato per lo Stato. Ma rappresenterebbero un importante cambio di passo culturale, soprattutto se riuscissero a modificare lo status delle nostre famiglie da Cenerentola a Principessa delle famiglie. Oggi l’Italia è, di fatto, il paese del figlio unico. L’obiettivo dell’Italia del terzo figlio avrebbe un importante impatto demografico, alla stessa stregua di quanto stanno perseguendo paesi come la Cina o l’Ungheria».

    Ma perché mai le istituzioni dovrebbero occuparsi della scelta (privata) di una coppia di mettere al mondo (molti) figli? La domanda posta dal giornalista Andrea Bernardini ad Alfredo Caltabiano. «L’idea di considerare i figli esclusivamente come una scelta privata, nasce sostanzialmente dalla rivoluzione culturale del ’68, supportata poi dalle teorie malthusiane e più recentemente di certo ambientalismo, ci dicono che siamo troppi sulla terra. Io non credo che siamo troppi e che dobbiamo fermare la natalità. Credo, piuttosto, che dovremmo concentrare la nostra attenzione sul corretto utilizzo delle risorse e su una loro equa redistribuzione. Considerare i figli esclusivamente come una scelta privata è alla base del processo di denatalità che dagli anni ‘80 ad oggi ha caratterizzato il nostro paese, ma che entro la fine del secolo riguarderà tutto il mondo, ad eccezione della sola Africa. E ora stiamo toccando per mano tutte le conseguenze negative derivanti da una popolazione sempre più anziana, che diminuisce numericamente e che soprattutto può contare su un numero di giovani sempre minore, quella generazione ‘core’ che è il motore di ogni sviluppo economico e sociale».

    Dall’analisi alla speranza: «La novità è che, recentemente, si stia finalmente facendo strada l’idea che i figli sono anche un bene pubblico, un investimento per il futuro.
    Quello che la nostra associazione diceva sin dalla sua nascita con lo slogan + bimbi+ futuro».