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Il benessere? Una famiglia numerosa

Il benessere? Una famiglia numerosa

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Due imprenditori pugliesi hanno scritto il pamphlet “Depiliamoci, liberarsi del Pil superfluo e vivere felici” che propone di moderare i consumi e puntare sul Benessere interno lordo . La famiglia è indicata come la culla dei comportamenti virtuosi: tanti figli uguale piu’ riciclo e meno spreco, buoni rapporti coniugali uguale migliori rapporti sociali

Stop al Prodotto interno lordo, de Pil-iamo i conti degli Stati e iniziamo a parlare di Benessere interno lordo o di una qualsiasi altra misurazione che rifletta non solo le merci generate da un sistema economico ma anche il grado di felicità e soddisfazione vissuto da un popolo. Una proposta, quella di concentrarsi sul Benessere Interno Lordo (Bil), che arriva da due dinamici imprenditori pugliesi, Roberto Lorusso e Nello De Padova, che sulla scia dei ponderosi studi sulla ‘decrescita felice’, in elaborazione da anni anche nel nostro Paese, hanno provato a mettere nero su bianco alcune pratiche di vita che da sole contribuirebbero a far decollare vertiginosamente lo stock di benessere individuale e collettivo.
E si scopre, leggendo il delizioso pamphlet “Depiliamoci, liberarsi del Pil superfluo e vivere felici” (Editori Riuniti, pag. 80, euro 8), che è proprio la famiglia la culla di comportamenti virtuosi: tanti figli uguale piu’ riciclo e meno spreco, buoni rapporti coniugali uguale maggiori possibilitdi risolvere i problemi senza dispendi di risorse, piu’ tempo in famiglia uguale meno stress e meno disagio sociale… Ma vediamo nel dettaglio il ragionamento dei due studiosi baresi.
De-Pil-iamoci. Da anni gli esperti sostengono che il Prodotto interno lordo non è una misura soddisfacente perchè non registra i costi legati al suo incremento (inquinamento, merci superflue, stress dei lavoratori, congestione delle vie di comunicazione…), nè tutto cio’ che arricchisce veramente l’uomo come lo scambio gratuito, la cura disinteressata dei propri cari, l’autoproduzione di beni, il tempo in famiglia. Da questa constatazione alcuni esperti – in Italia tra gli altri Maurizio Pallante, che ha curato la prefazione del libro di Lorusso e De Padova – teorizzano la necessità di una ‘decrescita felice’, cioè di un uso sobrio delle risorse, di comportamenti meno consumistici e piu’ improntati alla sostenibilità. Su questo solco si inserisce il lavoro dei due imprenditori baresi, che pero’ privilegiano l’esame di nuovi stili di vita orientati al benessere individuale e al bene comune rispetto ai tecnicismi legati alla (peraltro impossibile) misurazione del Bil, il Benessere interno lordo. E qui entra in gioco la famiglia.
Bil e famiglia. Il Bil si regge fondamentalmente sulla temperanza dei consumi e dei comportamenti: maggiore attenzione all’uso oculato di materie prime, energie e tempo. Il benessere è liberarsi del Pil superfluo e vivere felici; lavorare meno per disporre di piu’ tempo per la famiglia (il leit motiv è “Facciamoci bastare quello che serve, il di piu’ peggiora la vita “); è godere di una buona rete di relazioni sociali che inducano, ad esempio, a rinunciare alla baby sitter accudendo a turno i propri figli e quelli degli altri. Il benessere è coltivar buoni rapporti coniugali perchè questi sono premessa alla nascita di ” buoni rapporti sociali” .
“Coniugi che si amano e che amano la vita senza farsi prendere dalle ansie imposte dal consumismo sono fautori di famiglie numerose”. E, a proposito, chi piu’ di una famiglia “responsabilmente numerosa” conosce la virtu’ della temperanza? Roberto Lorusso lo sa bene – ha 5 figli dai 27 agli 8 anni – e difatti scrive: “in seno a queste famiglie che nasce la propensione alla sobrietà e all’acquisizione di tutti gli altri valori utili affinchè si sviluppi la cultura del benessere in contrapposizione a quella del tanto-avere”.
Ancora, nel libretto si legge: “I genitori che credono nella crescita del Pil (e dunque: lavorano, lavorano, lavorano sempre di piu’, ndr) pagano loro sostituti – scuola a tempo pieno, connessioni veloci a internet, abbonamenti a tivu’ satellitari – che altro non sono che merci. E mettere al mondo un secondo figlio?
Neanche a parlarne, non c’tempo per crescere il primo e quasi ci manca anche quello per stare insieme al coniuge (…).
Il nostro nuovo dio, il Consumismo, che ci induce al superlavoro, alla carrieralavoro, al doppio-lavoro, quindi alla doppia fatica fisica e psicologica, ci ha fatto ridurre il tempo dedicato alla vita familiare”.
Eppure, dicono i due autori,proprio nella qualità delle relazioni familiari che occorre investire per accrescere il Bil: “La qualità dei lavoratori del futuro è assicurata purchè in età scolare con le parole e la testimonianza dei genitori siano stati educati al dialogo, all’incontro, alla socialità, alla legalità, al sacrificio, allo studio, a svolgere i servizi di casa, alla solidarietà. Tutto questo fa crescere il Bil”. Dunque, si chiedono i due autori, le ‘merci’ che contano non sono solo quelle che si comprano al mercato (e che fanno crescere il Pil), ma anche i beni che soddisfano esigenze umane e che non sottostanno a logiche di scambio. Per esempio, il lavoro della casalinga, prezioso eppure non contabilizzato.
O il tempo libero di un genitore che al pomeriggio segue il figlio nei compiti. “Per lo Stato –la diagnosi amara dei due autori –meglio detassare i costi di colf, baby sitter, badanti e disporre di ‘non genitori’ (o genitori assenti, deboli, permissivi, incapaci di dare regole e orientamento), i quali fanno crescere il Pil, piuttosto che disporre di genitori che contribuiscono al bene (Bil) della nazione”.
In pratica. Predicano bene, Lorusso e De Padova. E quanto a ‘razzolare’? “Noi, nel piccolo delle nostre imprese, ci proviamo”, garantisce Lorusso, che risponde al telefono alle 14 di un martedì, dopo aver ritirato i figli piu’ piccoli da scuola e prima di sedersi al tavolo da pranzo – cucina casalinga – insieme al resto della famiglia. Lorusso viene dall’associazionismo cattolico mentre De Padova, sposato con due figli, si dichiara agnostico ma condivide (quasi) passo per passo la dottrina sociale della Chiesa. Ha creato, grazie ai finanziamenti europei, un consorzio di piccole imprese che sperimentano forme innovative di collaborazione per ridurre i costi e per promuovere il benessere dei lavoratori; nel ‘pacchetto’ dell’innovazione ci sta anche riduzione dei tempi di lavoro grazie ad aumenti di produttività, servizi per le famiglie dei dipendenti e così via. Un nuovo modo di lavorare, un nuovo modo di vivere.
Antonella Mariani, Avvenire