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I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI IMPORTANTI QUANTO QUELLI CLIMATICI

I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI IMPORTANTI QUANTO QUELLI CLIMATICI

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Il cambiamento demografico importante quanto il cambiamento climatico!
Con questa differenza, che il primo offre maggiori opportunità rispetto al secondo. E’ quanto hanno fatto notare diversi ricercatori nel corso del terzo Forum europeo sulla demografia, organizzato a Bruxelles dalla Commissione dell’UE il 2 e 23 novembre. Decisori politici, associazioni che rappresentano la società civile, partner sociali ed esperti si sono scambiati le loro idee sulla dimensione demografica della strategia Europa 2020; due delle principali questioni evocate riguardano da vicino la conciliazione famiglia-lavoro per assicurare la solidarietà tra generazioni.

Dal 2008, la Commissione europea sviluppa una nuova strategia, “Europa 2020”, il cui scopo è di dar vita ad una crescita intelligente, durevole e inclusiva e che è stato adottato dal Consiglio nel giugno 2010. Come ha sottolineato nella sua introduzione il Commissario al Lavoro e agli Affari sociali Laszlò Andor, diversi dei 5 obiettivi di questo programma riguardano in particolare l’oggetto di questo Forum demografico; noi abbiamo seguito specialmente due di essi – cioè assicurare al 75% della popolazione tra 20 e 64 anni, e ridurre di 20 milioni – quindi la metà – il numero di perosne dell’UE a rischio povertà: ricordiamo tra l’altro che la gran parte di queste persone a rischio sono donne.In un asituazione di invecchiamento della popolazione, fa notare il Commissario, bisognerà dedicare il 50% in più del PIL alla protezione sociale per mantenerla agli attuali livelli, oppure aumentare le tasse e diminuire la protezione sociale in altri settori.
Del resto, poiché sono per lo più le donne a lasciare il proprio impiego per occuparsi dei figli o di un parente anziano, se esse ricevono una compensazione fiscale o sociale, l’economia e il mercato del lavoro soffrono questa mancanza di braccia: le politiche familiari devono quindi trovare un giusto equilibrio tra economia e protezione sociale. Di qui la necessità di una nuova genesi di politiche familiari, particolarmente sentita in questo tempo di crisi, conclude il Commissario: questione da tenere in primo piano, conludiamo a nostra volta.

Nella nostra situazione demografica attuale, l’immigrazione e la longevità giocano un ruolo determinante. L’immigrazione è oggi, nel 21^ secolo, il primo fattore dinamico della demografia in Europa, ben prima delle nascite. Essa continua ad aumentare e gioca pertanto un ruolo importante nello sviluppo dell’Unione Europea. Tuttavia, questo aumento non sarà sufficiente a ribaltare il deficit demografico.

Una formula originale di lavoro flessibile.
Anche la speranza di vita è in costante ascesa. James Vaupel, direttore dell’Istituto Max Plnck di ricerca demografica a Rostock in Germania, mostra che attualmente la speranza di vita aumenta di 3 mesi ogni anno, cioè 4 ore al giorno; i bambini nati dal 2000 in poi hanno la probabilità di vivere fino a 100 anni. A questo punto si pone la questione di come gestire su un periodo così lungo il pagamento delle pensioni e l’aumento del costo delle cure sanitarie. Esiste un consenso sulle politiche europee da seguire; da un lato incoraggiare il contributo attivo delle persone anziane, dall’altro permettere loro di restare autonome il più a lungo possibile. Per questa ragione la Commissione ha proposto che il 2012 sia l’anno dell’invecchiamento attivo. In questo contesto, dice il Prof. Vaupel, se il 20^ secolo è stato quello della redistribuzione dei redditi, il 21^ dovrebbe essere quello della redistribuzione del lavoro. Oggi la vita professionale è concentrata nella fascia d’età 30-50 anni, quando il carico familiare è maggiore. Egli suggerisce di estenderla sulla fascia 20-65 anni, permettendo di lavorare meno, cioè 20-25 ore a settimana, in taluni momenti della vita professionale. Così la maggior parte dei lavori potrebbe essere in due face da 20 ore, al fine di incentivare la flessibilità e la facoltà di poter fare delle scelte nella vita professionale. L’idea è seducente, ma suppone di rivedere certe rigidità istituzionali e legali.
Per chi volesse approfondire la questione, raccomandiamo un articolo del Prof. Vaupel apparso su Nature nel marzo scorso, e che sviluppa la questione:
www.nature.com/nature/journal/v464/n7288/abs/nature08984.html

Il volontariato, sul quale la nostra attenzione sarà concentrata per tutto l’anno prossimo, anno europeo del volontariato – è pure una componente del contributo attivo delle persone anziane. Ad esempio, queste possono portare un benevolo aiuto alle famiglie con bambini. Questo genere d’iniziativa è del resto sviluppato, tra gli altri, dall’associazione austriaca che si può trovare al link:
www.familie.at

Tuttavia il volontariato non basta. L’incoraggiamento dell’invecchiamento attivo richiede delle leve, come la creazione di infrastrutture favorevoli, o i progetti d’attività che permettano alle persone di età diverse di vivere insieme e che evitino alla persona anziana di restare isolata. Non bisogna dimenticare nemmeno che l’anziano è un soggetto a sé stante, che conserva il diritto di prendere parte alle decisioni politiche che lo riguardano.
Anne-Sophie Parent, direttrice d’AGE Platform Europe, ha insistito sul ruolo vitale delle famiglie nella cura che esse portano ai loro prossimi: figli e genitori anziani. Molto spesso, sono le donne che scelgono di licenziarsi per assumersi questa responsabilità, con le conseguenze negative che ciò comporta per l’evoluzione della loro carriera e l’importo della loro pensione. La richiesta per occuparsi dei propri cari è forte. E’ per questo che occorre valorizzarla dando luogo a politiche che tendano ad eliminare gli ostacoli e le discriminazioni al riguardo.

Il secondo giorno, una tavola rotonda esaminava come le politiche familiari possano assicurare la solidarietà tra generazioni.
Jana Hainsworth, segretaria generale della rete Eurochild, a posto l’accento sulla necessità di facilitare lo sviluppo del bambino. Sul piano emozionale e sociale, questo è fortemente condizionato dai primi tre anni, i genitori devono quindi disporre di tempo per lui, a partire da un congedo di maternità di 24 settimane per facilitare l’allattamento. I genitori hanno anche bisogno di orientamento, d’informazione e di risorse diverse per imparare ad allevare i loro figli, un’arte che non è innata… Altro fattore decisivo, la qualità delle strutture d’accoglienza, che dovrebbero perseguire come scopo principale lo sviluppo del bambino.
Monika Queisser ha presentato i dati dell’OCDE (OCSE) sulla famiglia, che si possono trovare ai seguenti link:
www.oecd.org/els/social/famille/basededonnees
www.oecd.org/els/social/childwellbeing

Ralf Jacob, capo dellUnità si Analisi sociale e demografica della Commissione, ha esplicitato il punto di vista dell’UE sulle politiche familiari: vista la pluralità di situazioni che va sotto il nome di famiglia, questa non saprebbe essere definita; l’aiuto alle persone anziane e l’accoglienza della piccola infanzia, ad esempio, si riferiscono a realtà ben diverse. Egli ha sottolineato il ruolo che può giocare l’Alleanza europea per le famiglie presentando esempi di buone prassi, pur ricordando che in materia di politiche familiari sono competenti gli stati membri e non l’UE.

Proposte interessanti sono venute dalle associazioni rappresentate, come quella d’introdurre la prospettiva familiare, o “Family mainstreaming”, in tutte le politiche pubbliche, in modo da creare un’Europa “familiarmente responsabile”.

Se molti interventi hanno posto l’accento sulla demografia come strumento dell’economia e sulla necessità prioritaria di sostenere il lavoro, molti altri, specialmente da parte delle associazioni, hanno riconfermato l’importanza dei fattori umani e qualitativi, apportando così un valore aggiunto indispensabile alla prospettiva economica.

Joëlle Hennemanne
Gabrielle Chabert