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contro il disagio, una famiglia a tempo pieno

contro il disagio, una famiglia a tempo pieno

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Ci permettiamo di pubblicare in questa sezione un intervento particolarmente sentito che é stato inviato al nostro forum intitolato “mamme a tempo pieno, indegno per una donna?”, perché l’esperienza di Laura e della sua famiglia, la sua fede nell’affrontare una situazione così difficile e sfuggente, sia di conforto a tutti noi

CONTRO IL DISAGIO, UNA FAMIGLIA A TEMPO PIENO

Carissimi tutti,

ci ho pensato su diversi mesi, poi mi sono detta che la nostra esperienza può essere utile a qualcuno e mi sono fatta coraggio.
E’ duro parlare di un’esperienza di disagio mentale, non tutti possono capire, la cosa più facile è addossare a noi genitori tutte le colpe, e poi gli interessati potrebbero riconoscersi.
Però queste cose succedono e quando succedono ci si ritrova del tutto impreparati, allora parliamone.

Abbiamo 11 figli, dai 31 ai 15 anni.
Siamo già nonni di 7 nipotini.
Sorvolo su tutte le difficoltà dei primi anni. Vi dico solo che in un momento di grande difficoltà, alla terza figlia, mi è arrivato un incarico annuale nella scuola, che ho mantenuto per 5 anni e poi allegramente abbandonato alla nascita del nostro sesto figlio, dato che le cose si stavano mettendo meglio in casa.
Da allora sono moglie e mamma a tempo pieno e felice di esserlo.
Circa 4 anni fa, con tre figli già fuori casa e una situazione ormai abbastanza tranquilla, figli grandi, casa comoda ecc, il patatrac.
Una figlia di 17 anni, con un carattere un po difficilino ma che non aveva mai destato particolari preoccupazioni, torna da un’esperienza di un anno di Intercultura in Germania totalmente cambiata: non ci riconosce più come sua famiglia, come suoi genitori, non parla più, ci tratta come mosconi fastidiosi, rifiuta in blocco tutta la sua precedente realtà. Non si riesce a fare breccia in questa granitica chiusura.La sua famiglia è diventata ormai quella che l’ha ospitata in Germania, con cui si sente di continuo via mail o per telefono. A scuola si reinserisce male e allontana tutti.
Noi vediamo che soffre, ma a Intercultura ci dicono che è normale, che per tutti il reinserimento è difficile…
Aspettiamo fiduciosi. Abbiamo chiaramente sottovalutato il problema.
A Natale ci chiede di tornare in Germania, e solo in quell’occasione veniamo a sapere che la famiglia tedesca ospitante l’aveva mandata in cura da una psichiatra, e non ci aveva detto nulla, nè la famiglia nè intercultura!
così nostra figlia è andata in Germania per le vacanze di Natale, ma è tornata sempre alienata, e una mattina di febbraio anzichè andare a scuola ha infilato con la bicicletta l’argine del Po e, scesa dentro una golena, in un punto dove nessuno avrebbe potuto trovarla, ha ingurgitato 61 pastiglie di Tachipirina.

Il Signore vegliava dall’alto. Intanto alcuni giorni prima aveva inviato a mio marito Alberto una bella influenza che gli aveva impedito di partire per il Cile. E poi soprattutto nostra figlia ci ha ripensato, ha chiamato al telefono una sua amica adulta, che ha capito al volo e, tenendola sempre al telefono, è andata a cercarla e l’ha portata in pronto soccorso appena in tempo.

E’ seguito un ricovero in Psichiatria di 40 giorni. Può darsi che sia servito a qualcosa, però non ci hanno mai dato una diagnosi chiara, secondo noi hanno sottovalutato il problema anche i medici,. Poi ci sono stati dei colloqui di psicoterapia, sempre con la stessa dottoressa, e solo quando M. lo chiedeva.
Siamo andati avanti con alti e bassi per due anni, senza mai capirci granchè. Avremmo dovuto trovare il coraggio di prendere M. di peso e portarla da almeno un altro specialista, ma chi poteva saperlo.
Certo M. ha fatto dei passi avanti, ha concluso bene la scuola e si è iscritta a scienze infermieristiche, riuscendo a dare gli esami del primo anno e a fare la pratica, ma ad amici e dottoressa continuava ad esprimere pensieri suicidi.
A novembre Alberto perde una lavoro importante, la sua grande passione oltre che la sua maggior fonte di guadagno.
Ma anche in questo riusciamo a riconoscere la mano della Provvidenza, perchè gli ha permesso di essere più disponibile per sua figlia.
A dicembre scorso nuovo ricovero in Psichiatria, la prima volta che siamo andati a trovarla era ridotta a una larva, totalmente sedata, condannata ad una inerzia totale in un ambiente che non ha altre proposte che letto e medicine, e un colloquio ogni tanto. Dopo un mese e mezzo la portiamo fuori con le unghie, ce la portiamo con noi a fare un viaggio insieme al suo fratello prediletto e ad una cugina, torniamo dopo dieci giorni sereni, e riprendiamo la vita di tutti i giorni.
Ma M. non è pronta, è sempre imbottita di medicine, dopo le prime lezioni all’università si sente mancare il coraggio, e nel marzo scorso ci riprova, con una dose spaventosa di medicinali, che la dottoressa ci aveva detto che poteva amministrarsi da sola.

Tre giorni di rianimazione altre due settimane in psichiatria per la disintossicazione, e qui, nonostante l’ostruzionismo di tutti i medici, e la paura, meglio il terrore di M. di fronte a qualsiasi proposta di cambiamento, siamo riusciti a tirarla via da qual lager e portarla in una clinica convenzionata con un reparto specifico per adolescenti.

M. l’ha vissuta molto male, perchè era una nostra imposizione, però qualcosa è passato. Ha avuto delle proposte, ha visto una maggior considerazione per il malato, ha cominciato a responsabiizzarsi, e quando è uscita, dopo 20 giorni, ha acconsentito a tornare due volte la settimana per fare attività di gruppo. Non ha mai mancato a questo impegno, sobbarcandosi lunghe ore in macchina.

In pratica cos’era capitato?
E’ stata una faticaccia scucire qualcosa dalla dottoressa (ci viene il dubbio che ne capisse poco anche lei) e farsi dare le cartelle cliniche, ci ha illuminato molto di più la diagnosi della clinica privata.
M. ha una personalità border-line, cioè una patologia mentale sfuggente e refrattaria alle terapie, con manifestazioni varie ma nel caso di nostra figlia molto gravi per la forte tendenza suicida, patologia che si manifesta all’inizio dell’età adulta, dopo naturalmente una lunga incubazione. Se ne può venire fuori con l’aiuto di terapie psicologiche soprattutto di gruppo e con una forte volontà.

Vi chiedo di pregare per lei.
Intanto vi dico che le cose stanno andando per il meglio, M. è riuscita a dare un altro esame. tutto di sua volontà. e sta concludendo un periodo di lavoro di un mese in un rifugio alpino. Si tratta di una esperienza che lei si è cercata da sola e fortemente desiderato, salvo andare un po’ giù prima di partire, e sicuramente esserci riuscita accrescerà molto la sua autostima.

Dopo questo lunghissimo racconto, che però mi sembrava necessario, vengo al dunque.

Ci sono e ci saranno sempre più delle persone fragili, dei figli sfortunati che dovranno sempre essere sostenuti, e anche se non sono handicappati certificati, anzi forse è meglio che non lo siano, hanno bisogno di una famiglia solida, di fratelli solidali, di una mamma non invadente ma sempre disponibile, di una unione tra i genitori a tutta prova.

Io ringrazio il Signore di avermi concesso di poter stare a casa perchè in questa circostanza ne ho capito tutta l’importanza. Lo ringrazio di avermi dato un marito che ha condiviso con me in tutto le difficoltà di questa situazione . Lo ringrazio per tutti i nostri figli che a vario titolo hanno collaborato al bene di M. e che sicuramente non la abbandoneranno quando noi non ci saremo più.
E ringrazio la nostra associazione di avermi dato la possibilità attraverso questo forum di conoscere tante belle testimonianze e di poter aggiugere la mia, nella speranza che sia di aiuto a qualcuno.

Laura

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