• it
Avati: sfidiamo il cinema col festival per famiglie

Avati: sfidiamo il cinema col festival per famiglie

21 views
Condividi

«Troppi film da anni fanno leva su storie ed eroi negativi. Dare spazio a pellicole positive e al pubblico normale è una vera e bella provocazione»
DI GIACOMO VALLATI
« E cco un festival cinematografico che è una vera novità. Che è realmente provocatorio. Decisamente innovativo. E assolutamente controcorrente ». E non sta parlando, Pupi Avati, d’una kermesse votata a chissà quale stramba o scandalistica materia. No: la nuova rassegna cui il regista bolognese è stato chiamato a partecipare – in qualità di presidente della giuria – è il Fiuggi Family Festival. Ovvero la prima proposta di cinema interamente dedicata, con sei giorni (dal 28 luglio al 3 agosto) di film d’alta qualità, al pubblico più difficile e trascurato che esista. Quello della famiglia – appunto. «L’idea è semplice ma coraggiosa. Mentre tutti gli altri festival attirano visibilità giocando sull’’effetto-scandalo’, il Fiuggi Family Festival si muove in direzione opposta e, proprio per questo, realmente provocatoria. Presentando pellicole che affrontino tutti i temi – divaganti come impegnativi – ma sempre attraverso linguaggi e contenuti positivi. E sempre in modo da stimolare crescita e riflessione ». Dice di non sapere, il regista de Il papà di Giovanna (candidato alla Mostra di Venezia e dal 5 settembre sugli schermi) come debba essere un film «per la famiglia». «Ma so con certezza come non deve essere. Non deve trasformare in seduttivo un comportamento negativo. Esattamente quanto invece fa gran parte del nostro cinema. Negli ultimi tempi i film italiani hanno commesso un grave peccato d’omissione verso i personaggi positivi. La nostra cul- tura è così provinciale e tremebonda d’aver quasi sempre preferito storie nere ed eroi negativi. Io stesso l’ho fatto. E oggi domina l’idea che cattiveria e cinismo siano sinonimi d’intelligenza. Pensate al caso Cogne: su quel bambino quanta gente s’è comperata l’appartamento? Mentre del caso della madre che giorni fa è annegata per salvare i figli, nessuno parla. E la mia proposta di una fiction sulla storia d’Italia attraverso la storia d’una famiglia (quella dei miei genitori) è stata bocciata, sia da Rai che da Mediaset».
Di film «per la famiglia» c’è un’offerta consistente, di qualità anche alta (« Ratatouille è un capolavoro») ma molto tecnologica e poco italiana, considera Avati. «Forse perchè nel nostro DNA c’è poca propensione per gli effetti speciali. Avevamo Bruno Bozzetto, che era apprezzato e conosciuto in tutto il mondo. Ma ora anche lui è stato superato dall’animazione in 3 D». Ma quando Pupi Avati deve portare al cinema la famiglia, che film sceglie? «E chi ci va mai, al cinema? – ride – Sa quali sono i due mestieri più difficili del mondo? Quello del regista e quello del marito. Io faccio cinema da 40 anni e sono sposato da 44. Certo: non sono un modello. Da 44 anni io e mio moglie litighiamo. Una volta me ne andai pure da casa, per otto mesi. Ma poi pensai: posso privare mio figlio d’un padre? E allora tornai. I giovani che mandano tutto all’aria alla prima difficoltà, dovrebbero essere meno egoisti». Così oggi Avati vorrebbe girare un film sulle adozioni «Ci sono tanti bambini che hanno problemi, e tante famiglie che non hanno bambini. Perché non unire le forze?». Pur confessandosi «padre scadente», il regista si dice fiero della cultura che lo spinge ad amare i valori positivi. «Quando mi definiscono ‘regista cattolico’, con uno scuotimento commiserativo della testa, io mi sento orgoglioso d’esserlo. Cattolico e praticante; che è ancora più dura. Altro che regista e marito! Sapete qual è il mestiere più difficile che esista? Quello del cattolico».

Avvenire