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«ANFN, fatti per donare»: la relazione congressuale dei presidenti uscenti

«ANFN, fatti per donare»: la relazione congressuale dei presidenti uscenti

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«Un giorno uno studente chiese all’antropologa americana Margaret Mead, una tra le maggiori antropologhe, morta nel 1978, quale riteneva fosse il primo segno di civiltà di una cultura. Lo studente si aspettava che la Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così. Margaret Mead disse che la prima prova di civiltà in una cultura antica era stato il ritrovamento di un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibi. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano attorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca. Un femore umano rotto che è guarito è dunque la prova provata che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che era caduto, ne aveva bendato la ferita, lo aveva portato in un luogo sicuro, alimentato e dissetato fino alla guarigione. Mead disse che aiutare qualcun altro è il punto preciso in cui la civiltà inizia».
È una storia raccontata da Mario Sberna in occasione dell’assemblea di Ascea Marina.
Per argomentare che «noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Servizio, gratuità, dono: ci teniamo a ribadire queste parole fondanti il nostro stare insieme perché le sirene dell’aziendalismo, dell’efficientismo, del professionismo – retribuito, e in almeno un caso retribuito esageratamente – sono suonate nel tempo anche da noi ed a volte è stato davvero difficile spegnerle. Ma la storia ce lo insegna: quando qualcuno viene remunerato per fare qualcosa, nessuno è più disposto a donarsi gratuitamente per fare quella medesima cosa. Dunque basta remunerarne uno per perderne 100.
Ci auguriamo quindi che mai e poi mai la gente di ANFN perda il gusto di servire il prossimo in spirito di assoluta gratuità e servizio. Perché l’unica valigia che avremo nell’ultimo viaggio, sarà quella di ciò che abbiamo donato».

Alfio Spitaleri