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Non solo salari, parliamo anche di famiglia

Non solo salari, parliamo anche di famiglia

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Così l’impoverimento è proporzionale al numero di figli

DA ROMA PIER LUIGI FORNARI
Sono due i fatti sui quali concordano le indagini realizzate da diversi enti sulle condizioni economiche degli italiani: il primo è che il numero dei poveri, se si prende in considerazione l’indice relativo di indigenza, non accenna a diminuire. Anzi. Il secondo dato è che tanto più numerosa è la famiglia, tanto maggiore è il rischio di indigenza. Secondo il più recente rapporto Istat relativo al 2006, l’11,1% dei nuclei restano in serissima difficoltà. In termini numerici 2 milioni 623 mila famiglie , pari a 7 milioni 537mila italiani sono sotto la linea rossa tracciata dagli statistici. Come mai il fenomeno non accenna a decrescere nonostante l’Italia abbia praticato politiche di contrasto, con una puntigliosità unica in Europa tarando gli interventi sui vari reddditometri?
La risposta è che si è ignorata la variabile più importante, cioè la famiglia, e la sua composizione. Dai dati Istat, infatti, risulta che il numero di figli incide pesantemente sul tasso di povertà relativa: se tale tasso è mediamente in Italia dell’8,6% con un figlio, sale a 14,5% con due figli e a 25,6% con tre o più figli, segno evidente di una mancanza totale di politiche a sostegno della famiglia. Tanto che – come emerge dai dati Eurostat – l’Italia è uno dei Paesi nei quali le misure contro la povertà risultano meno incisive.
Anche il rapporto Caritas-Fondazione Zancan sulle povertà e l’esclusione sociale in Italia, divulgato a metà ottobre, ha dimostrato come il passaggio di un nucleo da tre a quattro componenti, esponga quattro famiglie su dieci alla possibilità di essere povere. Ed appartenere poi a una famiglia composta da cinque o più membri aumenta il rischio di essere poveri addirittura del 135% rispetto al valore medio italiano. Giancarlo Rovati, alla guida dal 2002 della Commissione di indagine sull’esclusione sociale (Cies), commentando i dati Istat ha osservato che molte famiglie sono in difficoltà in relazione al numero dei figli. «Le famiglie numerose – ha osservato l’esperto – avrebbero certamente bisogno di un sistema di tassazione e aiuti più favorevole ». E in concreto ha sollecitato «il coraggio di passare a una politica fiscale basata sul quoziente familiare anziché sugli individui. Altrimenti le famiglie con figli saranno sempre più povere, quelle senza figli sempre più ricche ».
Altra fonte, stesse conclusioni. L’ufficio studi degli artigiani di Mestre (la Cgia) concorda nel segnalare che il disagio si avverte nei nuclei con 3 figli a carico: è ben il 30% di questa tipologia di famiglie a vivere in gravi ristrettezze, contro il 12,5% degli anziani. Secondo La Cgia questi ultimi sembrano stare meglio dei loro figli e nipoti. È pur sempre una sfida tra poveri, ma lo studio attesta che fra le famiglie con 3 minori a carico sono molte (il 20%) quelle che hanno grossi problemi per arrivare a fine mese: il 30,9% non riesce a sostenere le spese impreviste, il 26,6% è in arretrato con le bollette, al 10,9% è capitato di non aver soldi per mangiare e al 14,7% di non averli per curarsi. È vero che sono in sofferenza anche numerosi ultra 65enni che vivono soli, ma devono stringere la cinghia anche quegli sposi che tengono in casa i genitori o uno zio. L’emergenza non coinvolge esclusivamente le famiglie con tre o più figli. Anche moglie e marito con due minori a carico sono sotto pressione: praticamente in Italia due famiglie su 10, con due figli a carico, sono davvero povere.
«Si può uscire da questo impasse solo andando alla sostanza del problema – ha osservato su il sito ‘piùvoce. net’ l’economista Achille Vernizzi –: la penalizzazione fiscale delle famiglie con figli, dovuta all’impatto della progressività dell’imposta gravante sulle loro risorse. C’è infatti nella nostra Costituzione un dovere di ‘solidarietà’, che si esprime nella ‘progressività’, ma si dimentica che i genitori già la esercitano nei confronti dei figli (l’articolo 30 della Costituzione sancisce il diritto-dovere di mantenerli ed educarli), e così a differenza degli altri cittadini, si impone loro un esercizio “doppio” di solidarietà: uno interno alla loro famiglia e uno esterno, subendo gli effetti della progressività sulle imposte come tutti gli altri cittadini».
La progressività richiede ai contribuenti tanto più denaro versato in tasse quanto più guadagnano, ma con un ritmo che va crescendo con l’aumentare delle entrate, senza tener conto che nelle famiglie numerose scaglioni di reddito successivi vanno a coprire sempre bisogni di prima necessità. Per la famiglia, ha concluso Vernizzi, è come se se valesse un macroscopioco “fiscal drag”
sui generis: del 50, 100, 150%… a seconda della numerosità del nucleo.
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