• it
La famiglia? Serve il modello della Francia

La famiglia? Serve il modello della Francia

99 views
Condividi

La prima crisi globale del XXI secolo ha colpito in misura maggiore la crescita di quelle economie che maggiormente dipendono dalle esportazioni, come il Giappone e la Germania, e in misura invece minore la crescita di quelle economie nelle quali il ruolo della domanda interna ha un maggiore rilievo, come nel caso della Francia.
La distribuzione familiare del reddito è più equilibrata in Francia di quanto lo sia in Germania, Giappone e in particolare in Italia, dove il grado di disuguaglianza è inferiore solo a quello degli Stati Uniti, ma con livelli di reddito medio decisamente più bassi. Nella struttura dei consumi francesi ha un peso maggiore la domanda delle famiglie con un reddito medio o basso e ciò, congiuntamente ad una efficace politica di sostegno dei redditi familiari, contribuisce a rendere più dinamica e stabile l’economia. A ciò si deve aggiungere una demografia particolarmente favorevole, che fa della Francia un Paese giovane, senza pressanti problemi pensionistici o di spesa per la popolazione anziana, ma soprattutto con un potenziale di crescita che accrescerà in misura sensibile il suo peso economico. Un fronte centrale a cui guardare con particolare interesse è perciò quello delle politiche familiari, costruite intorno a due gambe: la prima è quella di un sistema fiscale che fa perno sul quoziente familiare, mentre il secondo è una sistematica e articolata politica a favore della famiglia, in particolare quelle giovani e con figli. Il quoziente familiare è una misura di equità orizzontale, che corregge la progressività di imposta dovuta alla diversa dimensione familiare: in concreto si divide il reddito familiare per il numero di componenti, contando per metà i minorenni, e lo scaglione dell’aliquota e dell’imposta applicata, così individuato, viene moltiplicato nuovamente per il numero di componenti. È chiaro che se la curva delle aliquote ha natura progressiva, cioè l’aliquota d’imposta cresce al crescere della base imponibile, le famiglie più numerose pagheranno un’aliquota e un’imposta più bassa, proprio perché il numero di teste che la compongono è maggiore.

Il far pagare a parità di reddito la medesima imposta al single o alla famiglia di quattro componenti è chiaramente un prelievo iniquo a danno di quest’ultima. Lo squilibrio economico non è concettualmente diverso rispetto al problema del cosiddetto drenaggio fiscale, cioè il fatto di pagare più imposte solo come conseguenza di una maggiore inflazione. In fondo il quoziente familiare è molto più una questione di equità che di famiglia. L’opposizione, a questa misura, argomenta che la questione è risolta dal sistema di deduzioni e detrazioni: ma così non è e soprattutto diventa una misura discrezionale del governo che riduce la sua efficacia e comprensione.
Che ciò non basti è testimoniato dal fatto che, secondo alcune stime, il costo per introdurre il quoziente in Italia sarebbe di almeno 8 miliardi: in realtà, se questo è l’ordine di grandezza, peraltro graduabile, esso rappresenta se mai l’onere aggiuntivo d’imposta pagato dalle famiglie con figli. A tutto ciò si aggiunga che, con la seconda gamba, la Francia spende 1,4 punti di Pil più dell’Italia per famiglia e bambini, il che rappresenta circa 22 miliardi di euro, il cui impatto sulla domanda interna dell’economia francese si rivela oggi di particolare importanza. In totale 30 miliardi di euro, equamente distribuiti, che per la Francia sono oggi il fondamento della sua ripresa fuori dalla crisi.

Luigi Campiglio
Eco di Bergamo