• it
Il fattore «D» e il declino dei Paesi vecchi

Il fattore «D» e il declino dei Paesi vecchi

10 views
Condividi

Di : Tancredi Bianchi

Il Prodotto interno lordo della Cina ha superato quello del Giappone, ma il reddito pro capite di un giapponese resta circa dieci volte quello di un cinese. Nei prossimi anni, però, il Pil cinese crescerà, in proporzione, più di quello giapponese: la distanza tra le due nazioni aumenterà quanto a prodotto e si ridurrà quanto a reddito pro capite. Ciò sia per un fattore intuitivo: la popolazione cinese è dieci volte quella giapponese; sia anche per un fattore demografico: la popolazione cinese è, come composizione, più giovane di quella giapponese. Infatti, in proporzione, i giapponesi ultra sessantacinquenni, quindi in pensione o con una ridotta capacità lavorativa, sono il doppio dei cinesi. Grosso modo, l’Europa è più simile al Giappone che alla Cina. Nell’aspetto demografico, l’India è ancor più giovane della Cina, ma è tuttora più povera. Tuttavia, sono i giovani in entrata nel mondo del lavoro che possono produrre e consumare di più e i Paesi con popolazione più giovane sono anche quelli destinati ad avere una popolazione attiva (in età lavorativa, ossia dai 15 ai 65 anni) in crescita, mentre quelli con popolazione più vecchia noteranno una popolazione attiva in diminuzione o al massimo stabile.
L’economia globale abbassa i divari tra le soglie tecnologiche e Paesi emergenti come i due asiatici sopra citati hanno sistemi scolastici che consentono rapidità di apprendimento ai prestatori d’opera, soprattutto nuovi. La produttività crescente nei Paesi emergenti consentirà, in proporzione, incrementi maggiori del Pil e un aumento dei redditi pro capite. Nel prossimo decennio, rebus sic stantibus, la Cina si avvicinerà al Pil degli Usa, ma soprattutto il reddito di ogni cinese dovrebbe passare da un quindicesimo a un ottavo di quello di un americano. Potrebbe accadere che l’economia cinese incontri ostacoli per effetto di bolle speculative, soprattutto di una bolla immobiliare, ma ciò non è giudicato al momento altamente probabile, almeno nei prossimi tre/cinque anni, a motivo del potenziale di crescita dei consumi interni e dei redditi pro capite.

In sintesi, nello scenario economico dei prossimi anni, la demografia dei Paesi economicamente emergenti dovrebbe avere un peso notevole, in vantaggio di quelli più giovani, la cui popolazione comincerà anch’essa ad invecchiare a motivo di un allungamento delle speranze di vita, di un più basso tasso di natalità e di una minore mortalità infantile, ma che resterà sostanzialmente più giovane, rispetto all’Europa e agli Usa, per almeno due lustri. E, si ripete, l’impegno dei Paesi di cui si tratta per sistemi scolastici competitivi consentirà di ridurre le distanze tecnologiche. Risultato cui i Paesi così detti occidentali concorreranno a loro volta, giacché esporteranno aziende, impianti e macchinari verso quelli emergenti più giovani, dove si formeranno importanti mercati di sbocco. Così l’economia globale muterà la scena del mondo.
Europa e America del Nord dovrebbero rispondere con una politica demografica, in sostanza una politica per le famiglie, adeguata. Puntando su un accresciuto tasso di natalità. Forse però si tratterà di una risposta in ogni caso tardiva. Il declino dei Paesi troppo ricchi è sempre collegato con l’adagiarsi su raggiunte condizioni di benessere, dimenticando che le situazioni presenti di vantaggio sono transitorie. E non ricordando l’ammonimento divino, che definisce «stolto» chi pensa di essere per questo privilegiato.
Eco di Bergamo