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ragazzi, una priorità dimenticata

ragazzi, una priorità dimenticata

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Capita, anche a chi fa informazione, che certe notizie ti scivolino via come se non le avessi mai sentite. E poi, in un momento di pausa, ti tornano in mente e ti fermi a pensare. Qualche giorno fa è crollato il soffitto in una casse del torinese. Un ragazzo è morto, in 17 sono finiti all’ospedale, uno rischia di rimanere completamente paralizzato. Non so perché questa notizia mi era passata, forse perché troppo brutta, troppo vicina agli incubi di una madre perché la mia coscienza se ne appropriasse. Ma stamattina, quando anche l’ultimo dei miei figli è uscito per andare a scuola e la casa è tornata al suo silenzio, mi è tornata negli occhi l’immagine sconvolta della madre.
E non è stato difficile immedesimarmi.
Oggi nevica e quattro figli miei sono entrati in 4 aule degli istituti pubblici della città. Abbiamo affidato allo Stato la loro educazione, la loro formazione e cultura . Ma anche la loro vita e la loro sicurezza. A occhi chiusi, senza dubitare, senza pensarci due volte. Cosa deve esserci di più sicuro delle aule di una scuola, che li accoglie ogni giorno per farne degli uomini, dei cittadini, delle persone responsabili, attive, il futuro del nostro Paese?
Eppure. Sono fatalità ci dicono: è vero, poteva capitare anche a casa, al bar, al cinema. Ma è capitato a scuola, rompendo quel tacito patto di fiducia tra i genitori e lo Stato.
A casa, nelle più scalcinate delle case, un controllo, una cura, una responsabilità c’è. C’era in quella scuola di Rivoli? C’era in quella scuoletta del Molise dove una scossa di terremoto che non ha quasi danneggiato le case si è portata via mezza scolaresca?
Le nostre scuole sono per lo più brutte, grigie, sporche, basta fare un giro per la città per accorgersene. I bagni sono inutilizzabili, le tapparelle rotte non vengono mai aggiustate. Non ci sono i soldi, non c’è il personale.
Continuiamo a trattare questi ragazzi come gli ultimi dei nostri interessi, dei nostri pensieri. Sin da piccoli gli riserviamo pastelli di cattiva qualità e fogli di fotocopie scadenti, convinti che le cose belle le rovinerebbero, sarebbero sprecate con loro.
A loro riserviamo il peggio, con una sfiducia che viene tutta da noi. Invece di circondarli di amore, di sicurezza, di bellezza, riserviamo a loro le briciole di cura e di attenzione, con un senso di fastidio che si respira chiaramente nelle aule e nelle scuole. I bambini, gli studenti, sono diventati le incontrollabili bestie urlanti da domare, qualcuno invoca addirittura l’uso della polizia : a questo ci ha portato la nostra paura della vita. A non sapere riconoscere il bello che c’è in ognuno dei nostri ragazzi, a non valutarlo nella giusta misura, a non darci peso e importanza.
Che studino, che non studino, che vadano a scuola oppure no, che siano sereni e sicuri, a chi importa? Che caschi un soffitto qui che i gabinetti della scuola facciano schifo, a chi importa… tanto…
Lo trattiamo così il nostro futuro? Vogliamo lasciare che ce lo trattino così?
Regina Maroncelli