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Possiamo cambiare il nostro futuro?

Possiamo cambiare il nostro futuro?

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L’articolo pubblicato lunedì 14 gennaio dal Sole 24 Ore, relativo ai dati Istat sulle previsioni demografiche della popolazione italiana al 2051, evidenzia un quadro a tinte fosche sul futuro della nostra societa:
– dal 2013 la popolazione inizierà a decrescere;
– in 44 anni, l’Italia perderà più di 7 milioni di persone, con una flessione superiore al 12% rispetto all’attuale popolazione;
– in alcune regioni, come la Sardegna e la Liguria, il calo della popolazione sarà addirittura superiore al 25% rispetto ad oggi;
– l’unica regione italiana che registrerà un aumento, sarà il Trentino Alto Adige (+1,1%).
Questi dati sono resi ancor più allarmanti non solo dal fatto che tengono già conto dei flussi migratori in ingresso e delle nascite degli stranieri, ma anche per l’altro grande problema che riguarderà la nostra popolazione a metà del secolo: saremo un popolo prevalentemente di anziani.
Quali prospettive potremo avere con una popolazione che si riduce ed invecchia? Le stesse di quei paesi di montagna, lentamente destinati a morire. Si produrrà di meno, si consumerà di meno, ci sarà meno innovazione e conseguentemente meno competitività; il valore delle nostre attività è destinato inesorabilmente a diminuire: la riduzione della popolazione porterà inevitabilmente ad una riduzione del valore degli immobili. E poi: quanto potrà restare in equilibrio il nostro sistema previdenziale e della sanità, se i pensionati e le persone anziane bisognose di cure mediche saranno sensibilmente superiori ai lavoratori attivi? Che futuro potranno avere i nostri prodotti, se si ridurrà il numero dei consumatori?
Bisogna così cominciare a pensare alle cause che hanno determinato questa situazione e soprattutto ai correttivi che possiamo ancora eventualmente portare.
La mancanza di politiche per la famiglia, che ha caratterizzato il nostro paese dal dopoguerra fin quasi ad oggi, ha fatto si che l’indice di natalità in Italia, che dovrebbe essere pari a 2,1 figlio per donna per mantenere l’equilibrio demografico, sia invece pari a 1,29, tra i più bassi in assoluto in Europa e al mondo. A questo si aggiunge la mancanza di politiche volte a garantire la conciliazione tra i tempi di famiglia e quelli del lavoro, nonchè di adeguati supporti alle madri lavoratrici che garantiscano pari opportunità attraverso politiche ‘family friendly’.
Operando su questi due fronti, in maniera forte e determinata, potremo porci come obiettivo quello di incrementare l’indice di natalità per portarlo, entro una decina di anni, ad un livello pari ad almeno 2 figli per donna, come già avviene in Francia che da anni persegue una politica decisamente a misura di famiglia.
Più figli, più futuro, è il motto della nostra associazione.
Perchè il futuro del nostro paese passa dai figli, e dalla necessità di rinnovamento.
Ma quando si potrà rinnovare un paese in cui gli ultimi due presidenti del consiglio (Prodi e Berlusconi) compiono quest’anno rispettivamente 69 e 72 anni, mentre il Presidente della Repubblica ne compie 83?
Alfredo Caltabiano