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Nuovi angeli per la famiglia

Nuovi angeli per la famiglia

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CHI CI AIUTA?
La pandemia ha contribuito ad esasperare tante situazioni familiari già complesse. Come orientarsi per trovare sostegni più adeguati.
NUOVI ANGELI PER LA FAMIGLIA
Lockdown, relazioni sempre più fragili, disagio educativo. Ecco come interviene il consulente familiare Aprire spazi per un ruolo professionale che accompagna e sostiene nella quotidianità partendo dall’ascolto.

 

Chi aiuta le famiglie segnate dal disagio del post-lockdonw? Chi è in grado di accompagnare quelle che vivono crescenti problemi di comunicazione all’interno della coppia e nel rapporto con i figli? Su chi possono contare i genitori alle prese con difficoltà educative? Tentiamo di fare un po’ di ordine. Quando il disagio assume contorni patologici ci sono certamente psicologi e psicoterapeuti. Quando il problema ha rilievi diversi c’è la rete dei consultori familiari di ispirazione cristiana. Quando le fatiche relazionali della famiglia si intrecciano agli interrogativi sulla fede c’è la pastorale familiare. Ma quando tutti questi aspetti sono assenti?
Quando le fatiche familiari si inquadrano nell’ordinaria amministrazione ma rappresentano comunque un pensiero opprimente, un malessere, un ostacolo al benessere delle relazioni, su chi si può contare? Una figura ci sarebbe, anche se troppo spesso non valorizzata come meriterebbe. Si chiama consulente familiare oppure consulente della coppia e della famiglia. Si affianca alla coppia, ai singoli, ai genitori, ma anche agli insegnanti e agli operatori nel settore socio-educativo. Stabilisce un rapporto empatico, ascolta, accompagna, affronta il problema specifico in modo non direttivo, cercando di riattivare le risorse che ciascuno ha dentro di sé. «Oggi il bisogno di una consulenza familiare è diventato sempre più urgente», osserva Raffaello Rossi (*), che in materia
è una delle voci più autorevoli nel nostro Paese. Un ruolo che svolge da oltre 30 anni, consigliere e già presidente di Aiccef (Associazione italiana consulenti coniugali e familiari), direttore didattico delle scuole Cocofes, che sono centri di consulenza e scuola per i professionisti delle relazioni umane con un approccio socio educativo, nati dall’esperienza dell’Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn), ad essa collegata, come alla rete Aiccef. «Nelle famiglie dopo il lockdown – riprende Rossi – c’è
un forte bisogno educativo, sia nella vita di coppia sia nel rapporto con i figli.
Spesso le domande dei genitori rimangono senza risposte. La figura del consulente familiare è appunto quella di un professionista socio-educativo che può accompagnare tutto il ciclo della vita familiare. La base di tutto è l’ascolto. Grazie all’ascolto si possono gestire le difficoltà del quotidiano e delle relazioni familiari. Noi siamo ‘ascolto che accompagna’. I veri protagonisti del percorso sono le persone che si rivolgono a noi.
E questo perché abbiano fatto una scelta di campo, al centro c’è sempre il valore della persona». Come stabilire se la persona o la coppia ha bisogno di un aiuto socio-educativo – quello appunto offerto dal consulente familiare – oppure deve rivolgersi allo psicologo o allo psicoterapeuta per un sostegno di tipo clinico? «Il consulente familiare – risponde l’esperto – ha a disposizione alcuni ‘indicatori della forza dell’io’, segnali che ci dicono se la persona ha un’identità con confini stabili e può affrontare problemi anche importanti mettendosi in discussione, oppure se il suo ‘io’ mostra ferite, si rivela fragile, narcisistico, e c’è quindi la necessità, per esempio, di scavare nell’inconscio, un compito per cui è necessario l’intervento dello psicanalista o dello psicoterapeuta». Una volta accertato che il problema può essere affrontato dal consulente, il percorso si sviluppa in tre fasi: focalizzazione del problema, personalizzazione e attivazione che porta appunto – in un tempo massimo di sei mesi – alla risoluzione del disagio. «Il cuore dell’intervento è la personalizzazione. Molto spesso – spiega ancora Raffaello Rossi – la persona vorrebbe risolvere i suoi guai, pretendendo un cambiamento da parte degli altri familiari, dal coniuge o dai figli. Noi cerchiamo di far comprendere che il problema si può risolvere senza cambiare l’altro. Per far questo occorre ampliare la consapevolezza. Spesso dietro una difficoltà c’è un problema di comunicazione, spesso non siamo in grado di gestire le emozioni».
L’esperienza di Raffaello Rossi, come detto, nasce negli anni Settanta, anche per incoraggiamento di monsignor Gianfranco Fregni, a lungo responsabile dell’Ufficio di pastorale familiare della diocesi di Bologna. «In quegli anni – racconta ancora il responsabile didattico dei corsi Cecofes – ho portato la consulenza familiare nei quartieri
a rischio di Bologna, come il Pilastro e sono nati i progetti delle famiglie in rete sostenuto dal ministero degli Affari sociali». Oggi in Italia la figura del consulente familiare è regolamentata dalla legge 4 del 2013 sulle professioni intellettuali non organizzate in ordini o collegi, ma per trovare le radici di questa intuizione bisogna andare molto più indietro, nei primi anni del Dopoguerra quando – come ricorda Giuseppe Butturini che
di Cecofes è il presidente – don Paolo Liggeri, il fondatore del primo consultorio familiare, comprese che la fragilità delle famiglie segnate dalla guerra mondiale, dalla Resistenza, dai lager doveva essere sostenuta in modo professionale. «Anche oggi – fa notare Butturini che con la moglie Raffaella è stato per sei anni presidente dell’Associazione famiglie numerose – il nostro impegno nella consulenza familiare vuol essere laico e non confessionale perché siamo convinti che ogni persona sia una risorsa e lo vogliamo dimostrare con il sostegno delle scienze umane. Naturalmente laicità va intesa nel senso migliore, come accoglienza per tutti, senza distinzioni ». Perché l’obiettivo del consulente familiare nell’ottica delle scuole Cecofes che sono in rapida espansione (un corso sta per nascere anche a Milano, vedi box qui sotto), è quello di «migliorare la qualità della vita familiare, la propria e quella degli altri. Siamo convinti
che aiutare le famiglie, in momento di crisi diffusa come questo – osserva Raffaella Butturini, anima dell’associazione – sia una missione importante. Troppe famiglie sono territori di guerra, ci sono problemi di comunicazione, di autostima, di rapporti con le famiglie di origine ma – sottolinea l’esperta – finché i problemi non esplodono, con il rischio che nessuno se occupi. Invece bisogna parlarne, senza pudori e senza pregiudizi
e cercare di offrire un sostegno adeguato dal punto di vista umano e professionale».

Fonte: Avvenire – Noi in famiglia (10 ottobre 2021) di Luciano Moia (scarica il pdf della pagina intera)

(*) Raffaello Rossi, direttore delle scuole Cecofes: il nostro approccio alla consulenza familiare è di tipo socio educativo Al centro cʼè sempre il valore della persona.