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L’Epilessia: male antico da vivere con coraggio

L’Epilessia: male antico da vivere con coraggio

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Oggi è la Giornata Mondiale dell’Epilessia. Abbiamo intervistato la dott.ssa Francesca Marchese per promuovere consapevolezza su questa malattia neurologica che non preclude alte mete nella vita

Nel mondo si contano 50 milioni di persone con epilessia, 6 milioni in Europa e 500 mila in Italia, con un un’incidenza che aumenta in età infantile e senile. Nei primi anni di vita, rientrano soprattutto fattori genetici e rischi connessi a cause di sofferenza perinatale, mentre per gli over 75 la causa risiede nel parallelo aumento di patologie epilettogene legate all’età: ictus cerebrale, malattie neurodegenerative, tumori o traumi cranici. Trattasi di una patologia in cui ci si può, dunque, trovare coinvolti all’improvviso e a tutte le età.
Un male antico, da sempre accompagnato da pregiudizi. Cogliendo l’occasione della Giornata Mondiale dell’Epilessia (un evento che si rinnova ogni anno, il 2° lunedì di febbraio) abbiamo voluto approfondire il tema con Francesca Marchese, 36 anni, Medico Chirurgo specialista in Neuropsichiatria Infantile, di Palermo. Un modo per dare dignità, consigli e strumenti anche ai tantissimi genitori e figli che vivono tale difficile esperienza e devono passare dallo smarrimento al coraggio.

Come possiamo definire l’epilessia? Quali le cause o i possibili fattori scatenanti?
L’Epilessia è, per definizione, un evento improvviso, imprevedibile, che in genere si risolve nell’arco di secondi o minuti. Si parla di Epilessia in presenza non di una sola crisi epilettica, ma quando queste si ripetono nel tempo. Ad oggi è possibile ricondurre le cause responsabili delle epilessie (si preferisce il plurale, perché la patologia si presenta con sintomi molto diversi) a condizioni genetiche o a condizioni strutturali (alterazioni della corteccia cerebrale) secondarie anche queste a danno genetico o a un danno acquisito per eventi traumatici o perinatali (es. encefalopatie ipossico-ischemiche). Uno dei fattori che può determinare la comparsa delle crisi epilettiche è anche la perdita di ore di sonno nei bambini/adolescenti. Come anche l’assunzione di sostante eccitanti o fissare a lungo la luce intermittente di tv o videogiochi.

Epilessia e cuore. Quando si ha una crisi, il cuore soffre?
In genere, durante una crisi epilettica si ha una contrazione di tutti i muscoli del corpo. Questo fa attivare dei fenomeni di compenso, tra cui la comparsa di una tachicardia sinusale, che non rappresenta un evento allarmante e, in assenza di altre condizioni cardiologiche patologiche, si risolve alla risoluzione della crisi.

Quando l’epilessia può essere affrontata senza farmaci e quando è necessaria invece la chirurgia?
In generale, decidiamo se avviare o meno una terapia con farmaci antiepilettici valutando alcune varianti come la frequenza delle crisi epilettiche e l’interferenza delle stesse con le attività di vita quotidiana del bambino/adolescente. Nella pratica clinica non sempre s’inserisce la terapia antiepilettica dopo il 1° episodio: in questi casi si spiega ai genitori o al caregiver come comportarsi in caso di nuovo episodio e si decide successivamente se avviare o meno il farmaco. Diverso è il discorso relativo alla terapia chirurgica: se ne parla poco, perché è invasiva. Ma se consideriamo che circa il 25% delle epilessie è farmacoresistente, è fondamentale prendere in considerazione anche l’intervento chirurgico che è fattibile quando si può individuare e rimuovere la porzione di corteccia cerebrale responsabile delle crisi.

Il bambino, l’adolescente, con l’epilessia. Come cambia la percezione del malessere?
La percezione cambia con l’età. Ai bambini proviamo a spiegarlo come un gioco. Utile può essere il disegno per elaborare il vissuto, soprattutto quando i bambini avvertono l’arrivo della crisi e non perdono conoscenza durante l’episodio. Diverso è il caso degli adolescenti, nei quali l’epilessia arriva come un macigno, un marchio, qualcosa che può metterli a rischio di situazioni imbarazzanti delle quali non hanno il controllo.
I ragazzi/e sono spesso pure refrattari alla terapia, pensano sia un limite della loro libertà.

L’epilessia e la scuola. Ha vissuto l’esperienza di giornate formative? Come hanno reagito i ragazzi?
Sì, circa 4 anni fa, insieme alle Dott.sse Vanadia e Buffa siamo state in un liceo classico palermitano e abbiamo parlato in alcune classi proprio di cos’è l’epilessia e come ci si comporta in presenza di un episodio epilettico. Gli studenti hanno risposto in modo eccezionale, si sono aperti, hanno portato in discussione esperienze, paure e curiosità, sfatando il tabù e il bullismo che spesso si cela dietro questa condizione.

Come si gestisce una crisi epilettica?
Una crisi epilettica tonico clonica (quella più conosciuta nell’immaginario comune) spaventa chi la osserva. Ma è importante sapere che se il soggetto si trova già a terra,
per evitare che batta la testa, è necessario mettere qualcosa di morbido sotto il capo, e mettere la persona di lato, per favorire la fuoriuscita di saliva e cibo e favorire una respirazione regolare. Al termine della crisi il soggetto è disorientato, quindi è utile evitare di accalcarsi attorno. Importanti anche le cose da non fare: mai inserire qualcosa in bocca o tentare di aprirla per portare fuori la lingua, mai bloccare braccia e gambe né somministrare acqua o cibo.

Qualora un genitore volesse proporre, a beneficio del proprio figlio con patologia, un corso di formazione nella propria scuola, a chi deve rivolgersi?
C’è il servizio territoriale di NPI e attivo il servizio di NPI degli Ospedali.

L’epilessia e lo sport. Esistono sport consigliati o altri sconsigliati?
Dipende dal tipo di Epilessia e dai fattori scatenanti. Sicuramente è importante avvertirechiunque in quel momento abbia la responsabilità del bambino/adolescente della presenza del rischio di crisi epilettica. Sommariamente tutti gli sport non agonistici possono essere praticati eccetto quelli pericolosi o estremi (l’attività subacquea, paracadutismo, pugilato ecc). Attenzione deve essere anche fatta in altri sport come il nuoto o l’equitazione. Si preferiscono gli sport di gruppo che quelli individuali.

Un ragazzo con patologia epilettica può andare in bicicletta, portare moto o macchina?
I pazienti epilettici possono ottenere la patente se alcune condizioni sono soddisfatte. Per approfondimenti, vi consiglio di fare riferimento alle normative concernenti la concessione o il rinnovo della patente di guida alle persone affette da Epilessia regolate dal D.M. 30 novembre 2010, dal D. Lgs.vo 18 aprile 2011 e da una circolare del Ministero della Salute del 25 luglio 2011. Vi consiglio di visitare il sito della LICE, la lega italiana contro l’epilessia, sempre aggiornatasull’argomento.

L’epilessia e la discoteca o la musica alta o i posti affollati. Sono situazioni/condizioni da evitare?
Anche in questo ambito non esistono regole assolute, però è vero che alcune crisi epilettiche sono attivate dalle luci stroboscopiche, motivo per cui in genere si consiglia di evitare l’ambiente delle discoteche ai giovani affetti da epilessia. Lo stesso vale per i posti affollati, non c’è una regola assoluta.

Per alcuni genitori l’epilessia del proprio figlio è un castigo, per altri è un’opportunità, lei che ne pensa? E’ un male invalidante con cui si può convivere ma anche guarire?
L’Epilessia è una condizione clinica alla pari di altre. Spaventa perché si conosce poco, è imprevedibile e coinvolge il sistema nervoso, che è in genere associato a malattie poco compatibili con un’adeguata qualità della vita. La diagnosi di Epilessia va però affrontata come qualsiasi altra condizione clinica, che comprendiamo e accettiamo. Il soggetto può fare una vita pari a quella di una persona senza crisi, e in alcuni casi si guarisce.

Malgrado il disagio esistenziale, il soggetto coinvolto può raggiungere vette intellettive o professionali?
Solo per citare: Dostoevskij era epilettico, anche Giulio Cesare, Napoleone e Giacomo Leopardi. La risposta è.

Fonte: Città Nuova di Patrizia Carollo

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Essere madre di una ragazza con epilessia

Abbiamo chiesto ad una mamma palermitana, che per riservatezza preferisce non dare il suo nome, di raccontarci la sua esperienza con l’epilessia della figlia, ad oggi, peraltro, ricoverata.
A voi, il suo breve, sentito, racconto: ‹‹All’inizio di questa “nuova vita”›› comincia così la nostra amica, senza dar peso alle parole, che già da sole invece ci dicono tanto; dice “nuova vita” perché quando qualcosa s’inceppa nel cammino, e arriva un figlio con disabilità, si riparte daccapo ma non è più come “prima”, si diventa nuovi, altri, dentro ad un film di cui diventi l’attore protagonista, tant’è che continua… ‹‹così complicata e talvolta difficile, anzi molto spesso difficile, ci siamo chiesti più volte: “Perché?”. Perché a noi, cosa abbiamo fatto di male, perché è successo?”.
Non esistono però risposte adeguate che possano soddisfare il nostro stato d’animo così ferito››.
‹‹Eppure›› continua a dirci, col cuore in mano ‹‹la sofferenza di questi anni e i sentimenti che proviamo durante tutti i ricoveri di nostra figlia (dovuti proprio alle sue crisi e al suo stato in sé), ci hanno, oggi, fortificati, reso persone sicuramente diverse da ciò che eravamo››.
‹‹Le sofferenze di altri piccoli e meno piccoli pazienti, accomunati dalla medesima patologia di nostra figlia, l’epilessia…›› ci dice, autenticamente commossa ‹‹e la cura, l’affetto delle loro famiglie, ci hanno poi, fatto sentire, negli anni, meno soli››.
Ed ora, via, coi ringraziamenti: ‹‹Un enorme grazie va anche ai medici che la seguono. Non solo perché hanno avuto un ruolo chiave per quanto riguarda la terapia farmacologica (che purtroppo va rimodulata spesso, essendo nostra figlia farmaco-resistente), ma per la loro umanità, professionalità e disponibilità verso le famiglie come noi››. ‹‹L’amore che mettono nel loro “lavoro”›› continua ‹‹diventa importante nel nostro percorso quotidiano. Perché siamo, in fondo, una famiglia normale e quello che affrontiamo ogni giorno è la nostra normalità, con una marcia in più, forse, rispetto a chi pensa che la normalità
sia l’essere libero d’ogni problema…››.
‹‹Grazie a nostra figlia, anzi›› conclude, la nostra mamma, dando una prova di coraggiosa umanità che le fa onore ‹‹affrontiamo tutto con il sole dentro. La fede certamente poi ci sorregge e ci rende più forti nello sperare che, crescendo, la nostra bimba, possa avere una vita più serena e lontana dagli ospedali. Noi, nel frattempo che viviamo questa tempesta, ci crediamo genitori fortunati, perché è proprio la nostra bambina ad averci dato l’opportunità di divenire persone migliori, per noi stessi e per il prossimo››.