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La scuola e’ impazzita? Intervista a Vittorio Lodolo

La scuola e’ impazzita? Intervista a Vittorio Lodolo

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Domande per il dott

La cronaca ce la mostra in piena
crisi, ma forse un po’ più di fiducia, una migliore considerazione  e meno consumismo culturale potrebbero
riportare serenità

QUESTA PAZZA, PAZZA SCUOLA

 

Si sa, ai giornalisti piace
esagerare, ma non è possibile rimanere indifferenti davanti al fiorire di
notizie inquietanti dalle scuole italiane. Qua si riprendono col telefonino le
botte a un disabile, là un preside viene picchiato dai genitori scontenti, qua
la professoressa subisce avances degli studenti, là tira fuori le forbici e
realizza la più classica delle minacce:<<Ti taglio la lingua>>.

Se non fosse che basta ascoltare
i racconti dei nostri figli, su certi filmetti che girano sui cellulari in
classe, su certe espressioni diciamo colorite usate dagli insegnanti, potremmo
incolpare i giornalisti e non pensarci più. Ma purtroppo gli ultimi episodi di
cronaca rivelano una situazione che in realtà è sotto gli occhi di tutti, e non
da oggi. La scuola è in crisi, sono in crisi i metodi di insegnamento, le
ideologie culturali, gli studenti, i genitori, ma anche gli insegnanti. Di
ogni  ordine e grado.  Quelle forbici usate con sorprendente
incoscienza hanno svelato una situazione largamente malata. E prevista.

Risale al 2005 la pubblicazione
(ediz. Armando) di A scuola di follia,
scritto da Vittorio Lodolo d’Oria (tra l’altro membro del consiglio direttivo
ANFN) un titolo quanto mai profetico: << La profezia in effetti era già
stata gettata molti anni prima del mio libro>> afferma Lodolo <<
Sono restato impietrito quando mi sono imbattuto in uno studio risalente al
1979 che sostanzialmente prediceva quanto io, nel 2005, andavo osservando. Lo
studio, commissionato da Cisl e sindacato scuola all’Università di Pavia, fu
condotto su 2000 insegnanti del milanese rivelando che il 30% dei docenti
ammetteva di usare psicofarmaci. E parliamo del 1979, quando gli psicofarmaci
venivano prescritti unicamente da neuropsichiatri (oggi li prescrivono anche i
medici di base) e certo non erano, per i loro pesanti effetti collaterali,
“maneggevoli” come gli attuali (SSRI).

Nel mio libro ho prodotto due
studi, condotti a Milano (il mio, su un periodo di 12 anni ) e Torino (per 7
anni), che dimostrano come un insegnante su due che si presenta a una visita
medica per inabilità al lavoro per motivi di lavoro ha una patologia di
competenza psichiatrica. Un dato drammatico che non è bastato ad allarmare
sindacati e autorità competenti.>>

L’insegnante “scoppia” (è il
fenomeno del “burn out”), sottoposto a una attività altamente usurante che non
è stata ancora tenuta in debito conto, nemmeno dai dirigenti scolastici e dai
sindacati: << Si tratta>> spiega Lodolo <<di una condizione
di affaticamento emotivo e fisico. Il docente diventa distaccato e apatico nei
rapporti interpersonali, prova un senso di frustrazione e perde il controllo
dei propri impulsi. E’ un disagio caratteristico delle cosiddette helping
profession
, cioè medici, psicologi,
assistenti sociali, psichiatri e, appunto, insegnanti. Le relazioni sono
psichicamente usuranti ed i docenti ne hanno con gli studenti, con i loro
genitori, i colleghi, i dirigenti scolastici.  L’insegnante inoltre è vittima dello stereotipo dello
“scansafatiche” che lavora mezza giornata e fa 3 mesi di vacanze all’anno. >>

Una professione importantissima
per il futuro e il benessere delle giovani generazioni che non viene
riconosciuta in pieno della sua dignità, spesso sottopagata e sottovalutata:
<<In Italia gli insegnanti sono quasi un milione: potrebbero costituire
una fetta importante di opinione pubblica, ma in realtà sono loro stessi
vittime degli stereotipi e si vergognano a parlare del proprio disagio.>>
aggiunge Vittorio Lodolo: << La difficoltà ad affrontare a viso aperto il
malessere psichico li porta a isolarsi in situazioni negative quali il pasticcarsi,
fumare, bere. Da qui alla malattia psichiatrica il passo è breve, e la perdita
delle capacità critiche e di giudizio ne sono il naturale epilogo, con il
carico di aggressività, la fuga dagli impegni, le conseguenti manie di
persecuzione e le accuse di mobbing a colleghi e dirigenti che ne derivano. Con
evidenti e facilmente immaginabili ricadute sull’  utenza.>>L’utenza che poi sarebbero i nostri giovani,
i nostri bambini.

Ma cosa rende il mestiere
dell’insegnante così usurante?

<< Oltre agli stereotipi di
cui abbiamo parlato si aggiunge la scarsa considerazione in cui è tenuta la
professione dell’insegnante e i bassi salari che ne derivano. E poi la sfida
della globalizzazione con l’inserimento di nuove etnie, l’abolizione delle
scuole speciali per portatori di handicap, l’informatizzazione, la
comunicazione veloce, l’ampia offerta televisiva, l’abbandono dell’educazione
normativa in favore di quella affettiva e il convivere di diverse generazioni
di insegnati, quelle con molti anni di anzianità alle spalle, gli ex
sessantottini in piena crisi di identità, i giovani insegnanti poco abituati a
sopportare, figli del tutto e subito (a cui forse la giovane insegnante del
taglio alla lingua appartiene), che non sopportano di sentirsi contraddetti… Lo
senario è davvero preoccupante ed episodi come quelli riportati dalla cronaca
devono farci riflettere.>>

Condivide la preoccupazione del
dott. Lodolo d’Oria Miranda Magni, educatrice, che con la scuola, non è mai
stata tenera:<< La crisi della scuola corrisponde alla crisi della nostra
società >> afferma la signora Magni <<Gli insegnanti non sanno più
quale è il loro compito. Si è scatenato un consumismo culturale estremo per cui
i docenti si trovano ad affrontare una miriade di aspetti scarsamente legati alla
loro relazione educativa. Devono essere psicologi, educatori, formatori,
esperti in informatica… in loro c’è una grande insicurezza, una grande
incertezza sugli obbiettivi, che convive comunque con la convinzione di
potere  e dovere fare tutto.

Già nella scuola materna si
propone un’esperienza nuova al giorno, l’atteggiamento è quello del
“collezionali tutti “ della pubblicità, dove l’aggettivo “nuovo” è il termine
più usato e emblematico.

I bambini, bombardati da mille
stimoli, dimostrano sì una grande capacità di assorbimento ma mancano di tempi
e capacità di rielaborare.>> Soluzioni?

<<Non si può pensare a
soluzioni-aspirina, magari proponendo l’aiuto di un esperto che si trova nelle
stesse condizioni dell’insegnante. Occorre affrontare il problema alla radice,
fare un passo indietro, tranquillizzare gli insegnanti (ma anche i genitori)
che quello che occorre veramente è una maggiore capacità di osservazione, di
ascolto. E di voler bene. In fondo quello che occorre davvero è un po’ più di
fiducia, in noi e nei bambini.>>

 

Regina Florio