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Il piccolo miracolo del film anti aborto

Il piccolo miracolo del film anti aborto

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di Silvia Kramar

October Baby, scartato da tutte le major di Hollywood, conquista il pubblico e incassa il triplo di quanto è costato
Nelle scorse settimane, l’incredibile trionfo di The Hunger Games non è stata l’unica sorpresa per i botteghini americani. Se la futuristica storia di un mondo in cui i ragazzini si uccidono per diventare campioni di un reality sanguinoso ha polverizzato ogni record, anche un’altra pellicola – di minor rilievo e con un messaggio quasi opposto – ha superato di gran lunga le aspettative dei critici e le previsioni degli esperti di incassi.
October Baby è uno dei rarissimi film made in Usa contro l’aborto. Al debutto, si è subito inserito fra le dieci opere di maggior successo e continua a convincere il pubblico. Tanto che, dopo aver incassato tre milioni di dollari (il triplo di quanto è costato), dal 13 aprile sarà distribuito in un circuito più ampio, di circa 500 sale: resta lontanissimo dalle 10mila di The Hunger Games, ma October Baby, girato in appena 4 settimane in Alabama, non è una mega-produzione.
La pellicola narra la storia di Hannah, una giovane universitaria adottata alla nascita che, mentre cerca la madre biologica, scopre che questa aveva cercato di abortirla nell’ultimo trimestre della gravidanza. Come a volte accade, la nascitura sopravvive all’operazione, per l’orrore delle infermiere.
Una di queste, quando Hannah va a vedere la clinica dove aveva rischiato di non nascere, tra le lacrime ammetterà di essere stata convinta che un feto non fosse altro che ossa e tessuti. «Poi ti ho vista – le racconta – e la mia vita cambiata».
La protagonista, al debutto cinematografico, si chiama Rachel Hendrix e per il pubblico cristiano americano sta diventando l’anti-eroina rispetto alla protagonista di The Hunger Games, interpretata da Jennifer Lawrence, cui fra l’altro somiglia molto.
Cresciuta in Alabama, si è laureata in fotografia prima di scegliere la strada della televisione: ha debuttato in un serial di un oscuro network via cavo dove il regista di October Baby, Jon Erwin, l’ha scoperta.
A rendere ancor più singolare il successo di questa pellicola cattolico-cristiana è stato il difficilissimo cammino intrapreso dai produttori per farlo approdare sullo schermo: le major di Hollywood, una alla volta, l’avevano scartato per il suo messaggio giudicato poco liberal e ancor meno politicamente corretto.
Gli ideatori di October Baby sapevano di poter contare sull’audience religiosa della Bible Belt e del Sud; invece, nel primo weekend, hanno visto accorrere il pubblico delle grandi metropoli degli Stati progressisti come New York, le Hawaii, il Montana e il Nebraska.
«Sono più che soddisfatto dei risultati -, ha dichiarato il regista -; arrivare tra i primi dieci, visti i grandi nomi dei nostri rivali, è stato un enorme successo». October Baby, in fondo, ha un messaggio simile a quello di The Hunger Games: i protagonisti di entrambe le pellicole – i gladiatori dell’immaginario mondo del futuro e la coraggiosa ragazza adottata – cercano la propria identità in un mondo ostile. Ma è il messaggio sulla santità della vita a richiamare gli americani per vedere October Baby, che molti critici hanno bollato con sarcasmo come «uno sdolcinato dramma sull’aborto».
Poco importa: il cinema cristiano, un passo per volta, lascia il segno anche a Hollywood. Courageous, storia di un gruppo di padri, è adesso il video più venduto degli Usa.
E un sondaggio di Rotten Tomatoes regala un’altra piccola vittoria a October Baby: il 93 per cento del pubblico è rimasto soddisfatto dal film.

il Giornale.it