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Il Forum propone: 3 anni di bonus contributivo a figlio

Il Forum propone: 3 anni di bonus contributivo a figlio

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IIl Forum delle Associazioni Familiari sposa una delle proposte anfn e chiede un bonuns di 3 anni di contributi pensione







Forum delle Associazioni familiari


Forum
delle Associazioni familiari

 

 

Proposta di revisione del sistema pensionistico per le
persone con compiti di cura.

 

 

Premessa

 

Come più volte ribadito dal Forum
delle Associazioni Familiari ed universalmente oramai riconosciuto, la famiglia
non è solo un fatto privato: è una risorsa vitale per la società.

Infatti svolge funzioni sociali
fondamentali: è l’ambiente privilegiato per la nascita e la formazione della
persona, per la sua crescita ed educazione continua ai valori civili, per
l’incontro e il confronto tra le generazioni, ed è produttrice di beni
economici, psicologici, sociali e culturali per la collettività.

La famiglia è il primo luogo
della solidarietà e della gratuità nelle relazioni di cura delle persone, il
che consente di sgravare gran parte dei costi sociali ed economici di
interventi specifici sui soggetti deboli.

Il ruolo procreativo della
famiglia garantisce il futuro stesso della nostra società. L’indice di
fertilità delle donne in Italia (1.3 figli per donna) è di gran lunga inferiore
non soltanto alla Francia (2 figli per donna), paese in cui le politiche per la
famiglia sono all’avanguardia, ma anche rispetto al minimo (2.1 figli per
donna) necessario a mantenere l’equilibrio demografico. Il nostro paese è
destinato conseguentemente non soltanto a diminuire come popolazione (a metà
del secolo ci saranno circa 3,5 mln. di italiani in meno, malgrado i 6,5mln. di
nuovi immigrati), ma soprattutto ci saranno molti più anziani, e sempre meno
bambini: se oggi c’è un nonno per ogni bambino, e 1 pensionato ogni 4
lavoratori, nel 2050 ci saranno quasi 3 nonni per ogni bambino, e 1 pensionato
ogni 2 lavoratori. Con le inevitabili conseguenze economiche e previdenziali
(gli attuali sistemi pensionistici e sanitari diventerebbero insostenibili),
culturali e sociali. Questo ci porta a dire che senza figli, non c’è futuro.

 

E’ da queste considerazioni che
parte una ulteriore proposta di politiche familiari.

La situazione pensionistica in
Italia è destinata al collasso. Questo è oramai riconosciuto a tutti i livelli,
sia per il sistema che non riesce ad autosostenersi, sia perché la forte
denatalità in Italia presenta panorami futuri quanto mai preoccupanti.

La proposta del Forum delle
Associazioni Familiari si vuole inserire in un progetto più vasto di revisione
del sistema pensionistico, fornendo un contributo specifico dove si valorizza
il ruolo di cura della famiglia consentendo un risparmio complessivo di
risorse.

 

 

Forum delle Associazioni Familiari

Roma, 08 Marzo 2007

 



1            
COME
CONCILIARE L’EQUILIBRIO DEL SISTEMA PREVIDENZIALE CON PRINCIPI DI EQUITA’ E
GIUSTIZIA

 

L’attuale sistema previdenziale
italiano prevede, per le pensioni di vecchiaia, che le donne vadano in pensione
5 anni prima degli uomini (60 anni anziché 65). In Europa l’età pensionabile è
quasi ovunque parificata e i pochi paesi in cui ancora esistono diverse età di
pensionamento tra i due sessi, prevedono comunque una prossima data di
parificazione.

L’Italia, quindi, è rimasto
l’unico paese in Europa che non ha ancora provveduto a parificare l’età
pensionabile tra gli uomini e le donne. La motivazione è quella per cui alla
donna  deve essere riconosciuto,
oltre al lavoro retribuito, anche quello relativo alla maternità e alla cura
dei familiari.

Ma, allo stato dei fatti, questo
presupposto è sempre vero?

La madre lavoratrice per
dedicarsi alla cura della famiglia avrà molto probabilmente rinunciato alla
carriera, rimanendo quindi ai livelli più bassi di retribuzione; se poi ha
usufruito del part-time, non soltanto gli è stato dimezzato lo stipendio, ma
conseguentemente anche i contributi previdenziali.

La donna che ha deciso di
dedicarsi al lavoro e alla carriera può invece beneficiare di tutti gli
incrementi retributivi derivanti dai suoi percorsi di carriera, con i
conseguenti maggiori contributi versati e, quindi, una maggiore pensione di cui
potrà beneficiare 5 anni prima degli uomini.

Per ovviare a queste disparità di
trattamento tra donna e donna ed in un’ottica di pari opportunità reali, si
propone di riequilibrare il sistema previdenziale pensionistico seguendo
moderni principi di equità e di giustizia.

 

 

ANALISI DELLA SITUAZIONE ATTUALE

 

Con la riforma Dini, per i
lavoratori assunti dopo l’1/1/1996 viene usato il sistema contributivo, in cui
l’ammontare della pensione è in funzione del montante dei contributi versati.
Per i lavoratori assunti prima del 31/12/1995, vale il sistema retributivo o
misto (retributivo + contributivo). Secondo il sistema retributivo, la pensione
è pari a una percentuale sugli ultimi stipendi percepiti. A differenza delle
pensioni private, tuttavia, per le pensioni pubbliche non avviene l’effettiva
capitalizzazione dei contributi (ossia l’accantonamento e il loro
investimento): le prestazioni vengono pagate con i contributi dei lavoratori
attivi. Abbiamo però visto che, nel 2050, aumenteranno i pensionati, e
diminuiranno i lavoratori attivi: la popolazione da 20 a 54 anni passerà dal
49,3% al 37,2% del totale, mentre quella dai 65 anni in su dal 19,5 al 35,3%.
E’ palese, quindi, 
l’insostenibilità del nostro sistema previdenziale, che non è in grado
di tener dietro ai cambiamenti economici e soprattutto demografici.
Quest’ultimi, in  particolare,
dovuti a due principali elementi: il graduale aumento della vita media degli
Italiani (dal 1980 l’aspettativa di vita di un settantenne è aumentata del
20%), e all’insufficiente tasso di fertilità (1,3 figli per donna, tra i più
bassi in assoluto al mondo) che non consente il mantenimento dell’equilibrio
demografico (per far si che la popolazione si mantenga costante, ossia che i
nati siano pari ai morti, ogni donna dovrebbe avere mediamente 2,1 figli), e
che non riesce ad essere compensato dall’apporto netto dei flussi migratori.
L’andamento demografico avrà inoltre un forte impatto sulla spesa sanitaria, in
quanto il progressivo invecchiamento della popolazione comporterà un aumento
esponenziale per le spese di cura. L’OCSE ha peraltro denunciato che in Italia,
a causa dell’attuale evoluzione della popolazione, nel 2050, in assenza di seri
interventi su sanità e pensioni, il debito pubblico italiano passerà
dall’attuale rapporto del 120% sul PIL, a un insostenibile 365%. Le soluzioni,
quindi, possono essere soltanto due: o una drastica riduzione delle pensioni
(con conseguenti ripercussioni negative sull’economia italiana) e della spesa
sanitaria (con conseguente scopertura soprattutto delle fasce più deboli),
oppure un forte intervento a favore della crescita demografica, finalizzato a
favorire le nascite per consentire il raggiungimento dell’equilibrio
demografico e, conseguentemente, anche di quello previdenziale e della spesa
sanitaria.

 

 

2            
Proposta di revisione del SISTEMA PREVIDENZIALE PER LE DONNE e
le persone CON COMPITI DI CURA

 

Linee guida e di indirizzo.

 

  1. Parificazione dell’età pensionabile di vecchiaia tra uomini e donne
    a 65 anni;
  2. Possibilità, per le madri lavoratrici, di poter anticipare l’età
    pensionabile a 62 anni, se con un figlio, o a 60 anni, se con 2 o più
    figli (compresi gli adottivi). La possibilità di anticipare l’età
    pensionabile è estesa anche ai lavoratori senza figli, dediti
    all’assistenza presso il proprio domicilio di un familiare stretto
    (coniuge, genitore, fratello o sorella) in situazione di grave invalidità.
    Il periodo di prepensionamento può essere concesso in presenza di
    situazioni contingenti e riconosciuto per periodi proporzionali al periodo
    di assistenza.
  3. Riconoscimento, per ogni figlio naturale e adottivo, nonché per ogni
    figlio affidato (in proporzione al periodo di affido, con base 18 anni) di
    un periodo figurativo di contribuzione ai fini pensionistici di 3 anni, validi
    anche ai fini della pensione di anzianità. L’importo è determinato dalla
    media delle contribuzioni annue;
  4. Nel caso di premorienza della madre lavoratrice, oppure nel caso in
    cui la madre non sia lavoratrice, il beneficio relativo al periodo
    figurativo di contribuzione andrà riconosciuto al coniuge;
  5. L’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni, e la contestuale
    introduzione dei benefici di cui sopra, avverrà in maniera graduale
    (aumento di 1 anno ogni 18 mesi).
  6. Possibilità di usufruire di parte del periodo pensionistico maturato
    e/o del periodo di contribuzione figurativa di cui ai punti 2 e 3 come
    integrazione del compenso previsto nei congedi parentali, previsti dalla
    legge 53/2000, o delle situazioni di aspettativa, ove queste siano
    previste e concesse.
  7. Possibilità di trasferire in tutto o in parte questi diritti al
    coniuge per le medesime finalità assistenziali.

 

Gli effetti di tali proposte
porteranno da una parte dei benefici per le casse previdenziali dello Stato, dall’altro
consentiranno il giusto riconoscimento al ruolo delle madri lavoratrici;
inoltre, l’adozione di tali interventi rappresenterà un primo concreto passo di
politica demografica, indispensabile per il raggiungimento dell’equilibrio
previdenziale, a cui dovranno tuttavia essere affiancati altri interventi
inerenti la fiscalità, i servizi, la casa e il lavoro.

Le donne senza figli,
continueranno ad avere comunque un vantaggio previdenziale rispetto agli uomini
per effetto delle maggiori aspettative di vita (6 anni).

Le adozioni e gli affidi potranno
trovare da questi interventi una ulteriore diffusione.

Il riconoscimento di contributi
figurativi in cifra fissa, indipendente dal reddito, avrà effetti benefici
maggiori soprattutto per quelle lavoratrici a bassa capacità di contribuzione,
come quelle a part-time.

In questo modo l’Italia potrà
essere all’avanguardia nella legislazione previdenziale, in quanto, allo stato
attuale, soltanto il Regno Unito ha in corso, accanto alla proposta di aumento
graduale dell’età pensionabile a 68 anni per entrambi i sessi nel 2046, il
riconoscimento degli anni passati per la cura dei figli come periodo
lavorativo.