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I videogiochi e l’educazione dei giovani

I videogiochi e l’educazione dei giovani

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ROMA, domenica, 27 giugno 2010 (ZENIT.org).– Le nuove generazioni utilizzano tecnologie (computer, cellulari) e giochi (playstation, console) le cui implicazioni in merito al processo educativo non sono così chiare per genitori e insegnanti.

Nel dibattito sui benefici e sugli eventuali danni che l’uso di queste tecnologie provocherebbe, si va da un estremo all’altro.

Fin dalla prima edizione (2008) il Fiuggi Family Festival, ha organizzato incontri e discussioni sul tema, proponendo anche un concorso e una lista di giochi consigliati.

Considerando l’impatto sociale che l’uso di queste nuove tecnologie sta avendo sulle giovani generazioni, ZENIT ha intervistato Giuseppe Romano, che su questo tema è considerato uno dei maggiori esperti nazionali.

Giuseppe Romano, giornalista, è partner di UniOne, società di consulenza per la comunicazione d’impresa, e vicedirettore artistico del Fiuggi Family Festival. Collabora con Avvenire; è stato caporedattore del Domenicale. Tiene un corso di Lettura e creazione di testi interattivi all’Università Cattolica di Milano.

Da molti anni si occupa di interattività e videogame, convinto che le potenzialità, ben sviluppate, siano molto superiori ai rischi. Tra i suoi libri, La città che non c’è. L’internet, frontiera di uomini (Edizioni Lavoro, 2004). Ha ideato e diretto la versione interattiva su cd-rom del libro di Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza (Mondadori 1997).

I videogiochi, in particolare l’uso delle console come la playstation, sono diffusissimi tra i giovani della nuova generazione, già fin dall’infanzia. Quali i danni di questo utilizzo e quali eventualmente i benefici?

Romano: Danni e benefici vanno conteggiati anzitutto nel contesto dell’equilibrio personale e familiare: se a giocare è un bambino o un adolescente, i familiari devono senz’altro aiutarlo a restare negli opportuni limiti di tempo e di temi, come accade con qualsiasi attività nelle famiglie. Detto questo, credo che i singoli videogiochi vadano giudicati in base alla qualità dei contenuti, come i libri e i film. Indubbiamente esistono giochi violenti, poco educativi o semplicemente brutti; ma non sono tutti e soprattutto non esauriscono le potenzialità di un mezzo di comunicazione e d’intrattenimento che, in definitiva, è appunto un mezzo: sono gli uomini che comunicano, non le macchine, e devono addossarsene la responsabilità

Giocare è un’attività importante, che non va esercitata solo davanti al video. Tra pc, telefonino e tv trascorriamo troppo tempo davanti allo schermo. Però abolirlo non serve, non si può e non sarebbe un bene. Si può invece praticare e far praticare l’igiene mentale in modo positivo: a volte, in famiglia, vedere la tv o giocare al pc è un ripiego al non aver niente da dirsi o da fare insieme, nessun proposta migliore. Situazione triste, tra persone che si vogliono bene.

Tantissimi genitori lamentano il fatto che l’uso delle console per videogiochi aumenta la reattività, ma in modo compulsivo e soprattutto riduce la capacità dei giovani a riflettere. Cioè di fronte agli stimoli adrenalinici dei giochi gli utenti reagiscono con i pulsanti prima che con il pensiero. Questo fa sì che i ragazzi tendano a comportarsi così nella vita, cioè a reagire senza pensare. Qual è il suo parere in proposito?

Romano: Mi risulta che in condizioni di normalità l’uso del pc non induca specifiche deformazioni cognitive, sebbene qualche studioso lo sostenga. O, almeno, non ne induce più di quante non ne provochi il frenetico contesto in cui tutti siamo immersi, e, nello specifico, anche i nuovi modelli di comunicazione che adottiamo, dagli sms a Twitter. Oggi, in Italia, sei bambini su dieci entro gli 11 anni posseggono un cellulare proprio, che in effetti – e spesso i genitori lo ignorano – è un micro-computer capace di andare in rete e di ospitare contenuti di ogni tipo. Qui gli adulti devono fare uno sforzo di competenza, magari chiedendo proprio ai figli…

Bisogna fare un passo indietro. A mio parere le problematiche nell’uso dei videogiochi, e l’eventuale incremento di disturbi connessi all’apprendimento che qualche volta sfociano anche nella violenza, spesso vanno fatti risalire all’abbandono, reale o virtuale, di una persona giovane e non ancora formata che è o si sente isolata. A partire da qui, per reazione, possono innescarsi processi di evasione e disturbi cognitivi. È una sfida difficile ma essenziale per la famiglia.

In questo contesto si sostiene che la maggiore capacità delle femmine a riflettere dipenda non solo dalle loro caratteristiche di genere, ma anche dal fatto che utilizzano meno le console per i videogiochi. E’ così?

Romano: Le bambine e le ragazze intelligenti sono sempre state più riflessive dei coetanei maschi. Peraltro alcuni tipi di console sono molto frequentati dal pubblico femminile: per esempio, i dati sull’uso della consolle portatile di Nintendo, la DS, parlano di un’equivalenza tra maschi e femmine e ci sono giochi concepiti apposta per bambine e ragazze.

C’è poi il problema dei contenuti dei giochi. I più innocui sembrano essere quelli relativi a competizioni sportive, come calcio, automobilismo, motociclismo ecc. mentre tanti altri sono legati ad azioni violente, incontri di lotta, pugilato, arti marziali e/o uccisioni continue con armi varie e sempre più potenti. Tale strumento sembra ipnotizzare gli utenti, i quali immersi in uno stato di eccitazione da adrenalina, hanno difficoltà ad interrompere il gioco. Cosa può dirci al riguardo?

Romano: Per cominciare, i giochi sono suddivisi per fasce di età. L’età consigliata è in copertina, e segue il sistema di valutazione paneuropeo PEGI. Le indicazioni sono per lo più attendibili, vanno rispettate e fatte rispettare, posto che segnalano un livello di apprendimento e di partecipazione che non è uguale per tutti. Comunque, le valutazioni altrui non esimono un genitore dalla verifica personale.

Il coinvolgimento nel gioco non è in sé una cosa negativa, posto che l’interazione fa immedesimare più di quanto accada con la visione passiva. Per evitare eccessi, oggi tutte le console per videogiochi sono dotate di una funzione che si chiama parental control, un filtro che permette di bloccare la macchina se si incontrano contenuti inadeguati o se si supera l’arco di tempo quotidiano che può essere preordinato, se lo vogliono, dai genitori.

Si è anche molto parlato del fatto che l’uso dei videogiochi possa indurre una produzione accentuata di endorfina, una sorta di “droga eccitante” prodotta dal cervello, ma va detto che noi produciamo l’endorfina, e l’adrenalina, in qualsiasi situazione impegnativa.

Ma non tutto sembra negativo. Al Fiuggi Family Festival voi premierete il gioco “Brain training” della Nintendo. Può spiegarci come funziona, perchè lo premierete e quali secono lei i meriti di questo gioco?

Romano: Il Fiuggi Family Festival si propone di mettere i videogiochi al servizio della famiglia. Ne valuta perciò la componente “family”, introducendo nel mercato un criterio di valutazione finora assente. “Brain training” rientra appieno in questa categoria: è un “allena-mente” che sollecita con quiz e test la prontezza di spirito e la capacità di riflessione e d’intuito. Può essere giocato da adulti e da ragazzi e, con le cautele familiari di cui sopra, non comporta nessuna controindicazione.

Al secondo posto premierete “Wii sports” ed al terzo “Fifa 2010”. Può spiegarci i benefici di questi due giochi e le motivazioni del premio?

Romano: Con “Wii sports”, e con la nuova edizione “Wii Sport Resort”, Nintendo ha diffuso una modalità di gioco prima inedita, con cui ci si muove fisicamente nella stanza utilizzando il “telecomando” come strumento per agire sulle immagini che scorrono dentro lo schermo. In questo specifico caso si può giocare a tennis, a golf, a bowling eccetera. Date le caratteristiche della console, giocare assieme è non soltanto possibile ma facile e consigliabile. “Fifa 2010”, invece, è un simulatore di calcio del quale esistono versioni per ogni console, e possiede un grande realismo e un’affascinante versatilità. Anche in questo caso si può giocare in più persone, e tramite internet.

Visto che vietare l’uso dei videogiochi è per i genitori una battaglia impossibile da vincere, può indicarci quali sono, secondo lei, i giochi e i programmi da mettere a disposizione dei nostri figli?

Romano: La lista dei 15 giochi “family” che abbiamo approntato, e che si trova nel sito www.fiuggifamilyfestival.org, può essere un buon inizio. In ogni caso non suggerisco di vietare le console, ma di scegliere insieme ai figli i giochi opportuni e di stare loro accanto spesso, nel modo in cui può farlo in genitore, esplorando e giudicando insieme. Inoltre ritengo che la famiglia debba farsi carico della ricerca di contenuti a lei adeguati in modo da orientare il mercato in senso positivo. È difficile ma è l’unica strada possibile. Considerare il videogioco non soltanto come un giocattolo e un prodotto commerciale, bensì anche come un’opera creativa e propositiva, nel bene e nel male, può aiutarci a pretendere un futuro in cui saranno sempre più numerosi i giochi belli ma anche adatti per proposta e per contenuti.

di Antonio Gaspari
Alfio