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Educazione Gender in una scuola di Capaci. La testimonianza di Tiziana Piedimonte

Educazione Gender in una scuola di Capaci. La testimonianza di Tiziana Piedimonte

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di Patrizia Carollo

Fra i partecipanti del 20 giugno a Roma ci sarà di certo Tiziana Piedimonte: sua figlia in una scuola media di Capaci, a loro insaputa, ha subito l’indottrinamento gender da parte di fautori di una lobby lgbt

Tiziana Piedimonte di Capaci (Palermo), malgrado le difficoltà economiche prenderà con un’amica il pullman per essere in prima fila il prossimo 20 giugno alle 15.30 in piazza San Giovanni in Laterano a Roma, con il comitato “Difendiamo i nostri figli”. Non può assolutamente mancare: sente di dover manifestare a favore della famiglia, contro i ddl Fedeli e Cirinnà, affinché le Istituzioni tutte possano, ancora una volta, comprendere che «l’educazione dei figli spetta ai genitori, come prevedono la nostra Costituzione e la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, e deve contare sulla complementarietà e sulle differenze della mamma e del papà», come ribadito dal Papa. Tale educazione necessita di delicatezza e del rispetto dei tempi di sviluppo di ogni fanciullo (perché ogni ragazzo, ogni bambino è diverso dagli altri, con tempi di crescita diversi), e non può essere fatta, a tamburo battente, così come richiedono oggi le lobby lgbt.

Della vicenda di Tiziana Piedimonte abbiamo appreso tramite il Forum delle Associazioni Familiari della Regione Sicilia che ci ha chiesto di interessarcene. Pensavamo di trovare una donna in carriera, tenace e battagliera. All’incontro è apparsa invece una semplice donna, casalinga e mamma. Soprattutto mamma. Ma le mamme, sanno uscire le unghia e i denti quando è ora di proteggere e lottare per i propri figli. La signora Piedimonte ci ha raccontato di sua figlia Bea (nome di fantasia, per tutelare la privacy), che quest’anno ha frequentato la prima media “Biagio Siciliano” di Capaci: insieme ad altri compagni della scuola la bambina ha partecipato ad un corso contro il bullismo e le discriminazioni, che in breve «è andato molto più in là di questo».

Bea con altri coetanei è stata cioè vittima dell’indottrinamento gender da parte di referenti dell’ “Arcy Gay, Agedo, Famiglie Arcobaleno”, senza che né sua madre, né suo padre, né gli altri genitori fossero stati adeguatamente informati su tale didattica. Ci siamo fatti raccontare bene i fatti.

Partiamo dal principio, signora Tiziana. Quando e dove è avvenuta la vicenda?

«In data 27 e 28 novembre 2014 presso la scuola secondaria di primo grado “Biagio Siciliano” di Capaci si sono tenuti due giorni di laboratori contro le discriminazioni e il bullismo. Mia figlia Bea mi aveva portato l’autorizzazione, senza che vi fossero però scritti i dettagli per i laboratori, alla quale avevo dato il mio consenso al fine di farla partecipare».

«Dopo una mezz’oretta, siamo tornati a scuola per informarci: abbiamo chiesto spiegazioni, chi fosse l’insegnante in classe e quali associazioni stavano sviluppando il laboratorio. Ma la preside non ci ha voluto dire nulla. Dopo due ore dalle nostre proteste, sul sito della scuola sono state pubblicate le circolari e una relazione sintetica delle due giornate del progetto sulle discriminazioni con l’elenco di tutte le associazioni presenti e da lì abbiamo appreso chi fossero i fautori di questa didattica e capito la malafede della scuola».

Come si evoluta la vicenda?

«Abbiamo chiamato alcune associazioni familiari di Palermo per un consulto e capire come poter agire dopo. A casa nostra si è svolta una tavola rotonda con i parroci del paese, il direttore della pastorale familiare diocesana, noi genitori della scuola, “Società Domani”, Circolo “Voglio La Mamma” di Palermo e “Noigenitori Famiglia e Società”. Abbiamo esposto il problema e da lì è incominciata l’informazione in paese, svolgendo anche un convegno. Abbiamo stilato una lettera dove citando la legge sulla trasparenza e l’art. 30 della Costituzione, chiediamo alla scuola di accedere agli atti e al materiale usato durante i laboratori tutto accompagnato da quasi 100 firme».


Cosa avete ottenuto?

«La direzione della scuola ha risposto che la richiesta non era valida perché erano presenti firme di genitori non appartenenti alla scuola; allora abbiamo riformulato la richiesta tramite avvocato e adesso siamo in attesa di risposta. Abbiamo saputo di recente che alla scuola “Calderone” di Carini sono stati tenuti gli stessi laboratori e una ragazza è svenuta, ma purtroppo questo non è documentato».

Farete cambiare istituto a vostra figlia?

«No. Mia figlia è tornata serena, è contenta della sua classe e dei suoi professori, soprattutto della loro tutor che stima e da cui è stimata. Farà la seconda media, sempre nella stessa scuola che è ottima, a parte questo incidente di percorso che mi auguro non si ripeta più. Mi auguro altresì per il futuro che si possa comprendere l’importanza di una collaborazione tra genitori e scuola e tra genitori e insegnanti, perché solo lavorando insieme