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i dati istat 2010 e l’inutile appello alla politica

i dati istat 2010 e l’inutile appello alla politica

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Tra i vari parametri per valutare il futuro di un paese c’è anche la demografia: meno figli nascono meno futuro per lo stato. A tal proposito alleghiamo un articolo di domenica 22 maggio sul GIORNALE DI VICENZA e un articolo di Avvenire.
Lo so che sono argomenti “conosciuti”, ma ci vorrebbe il coraggio politico della riforma dell’irpef per dare una svolta a una curva drammatica.

Da IL GIORNALE DI VICENZA

Domenica 22 Maggio 2011 NAZIONALE Pagina 13

Preoccupante proiezione sul futuro


Questa Italia
senza giovani

di Bruno Cescon

L’urgenza delle elezioni amministrative ha coperto una notizia che è di per sé drammatica. Non si tratta di un fatto di cronaca cruento. Assolutamente no. Ma non è neppure una notizia da relegare tra quelle cosiddette «di costume». Perché investe il futuro del nostro Paese. L’informazione, che viene dal rapporto del Censis, riguarda un numero: due milioni di giovani in meno dal 2000 a oggi nella nostra Penisola. E soltanto settanta milioni di giovani in tutta l’Europa, quando nel solo Egitto ce ne sono sessanta milioni.
Si capisce perché dal Nord Africa, come da tutte le parti del mondo, migrano a migliaia nella nostra penisola e nell’intera Europa. Hanno capito istintivamente che c’è un vuoto strutturale da colmare. Le nascite in Italia sono ben al di sotto della media necessaria per il cosiddetto rimpiazzo generazione: 1,4 c! ontro 2,1 figli per coppia. Ma attenzione: quell’uno virgola quattro di figli a coppia viene raggiunto per la maggiore fecondità degli immigrati.
«A chi affideremo la cura delle nostre opere d’arte fra qualche anno», commentava un anziano. In realtà avrebbe dovuto anche preoccuparsi di chi si prenderà cura di lui. La questione giovanile oggi non è più – o meglio non soltanto – un problema generazionale, occupazionale, culturale. Certamente è anche tutto questo, visto che ogni anno oltre 100 mila giovani, in particolare diplomati e laureati, cercano fortuna all’estero, mentre molti altri loro coetanei vivono in un precariato di lavoro e di esistenza.
La questione giovanile è un irrisolto quanto gravissimo problema demografico. Qui non si tratta di tacciare la gioventù di essere «bambocciona», perché di fatto non abbiamo giovani sufficienti per continuare la nostra società italiana. E non è un fe! nomeno da trattare in chiave nazionalista o in chiave etnica. !
Prima di tutto va osservato che un Paese, come ormai attestano molti economisti, regredisce sullo stesso piano del benessere e della crescita economica. Viene meno anche l’innovazione e il coraggio di intraprendere iniziative rischiose. Insomma la società si siede, nonostante oggi si diventi anziani ben più tardi rispetto all’età anagrafica di un tempo.
Quali soluzioni? Certamente sono necessari supporti sociali ed economici alla famiglia. Già sull’insensibilità della politica italiana a questo proposito si è scritto molto. In realtà, il problema delle nascite sorpassa gli incentivi economici e sociali alla famiglia.
L’assenza di giovani costituisce una doppia questione culturale. Riguarda il modo di intendere la famiglia. Inevitabilmente la crisi dei matrimoni, la loro ormai provvisorietà diffusa come le convivenze instabili per loro natura, rendono più difficile e complessa la generazione di nuove creature come si dic! eva un tempo.
Riguarda ancora l’avvertire i figli come un impedimento o un affaticamento nella propria realizzazione. La vita, l’educazione e l’allevamento di un figlio sono percepiti come peso e come rischio, persino – e purtroppo è anche vero – quale pericolo povertà.
È la cultura sociale, diffusa, la sensibilità dell’immaginario collettivo che non vede nel figlio un bene centrale. Infatti se il comune sentire ritenesse la generazione fondamentale non semplicemente come rimpiazzo genrazionale ma come valore da perseguire costringerebbe economia, politica, organizzazione sociale a proteggere e facilitare la messa al mondo di figli.
Come si vede l’assenza di giovani nelle nostre società progredite non è un problema religioso, ma umano, non è singolo ma collettivo. Soltanto una svolta culturale può mutare il quadro considerato ormai serio della scomparsa dei giovani in Italia e in Europa.


alessandro soprana
corso Italia 53/d
36078 Valdagno (VI)
320 1165291

Scarica allegati:
6359_Avvenire(25-5-11)bambini.pdf