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Esperienze d’affido: Aliaksei

Esperienze d’affido: Aliaksei

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In questo momento di crisi economica, in cui tutto è così difficile e molto è irraggiungibile, vorrei testimoniare la gioia e la ricchezza che può portare all’interno di una famiglia un piccolo in affido. Nel nostro caso si è trattato, qualche tempo fa, quando ancora non era nata la nostra quarta figlia, di un bimbo bielorusso che è rimasto con noi per quaranta giorni, Aliaksei.
Aliaksei è arrivato nella nostra famiglia in un pomeriggio primaverile Era pallido, stanco e impaurito dopo un lunghissimo viaggio prima in autobus, poi in aereo e poi di nuovo in pullman. Pullman dal quale è sceso stringendo nelle mani una borsina di plastica contenente i doni per noi: due arance, un ventaglio, un sacchetto di caramelle. Questo era tutto il suo bagaglio, insieme ad un minuscolo e sporco zainetto dall’odore strano e indefinibile che portava sulle spalle. All’interno ho trovato due paia di mutandine scolorite e senza elastico, un libro di J.Verne, un album di foto della sua famiglia e una lettera della sua vera mamma, che non sono io anche se lui mi ha sempre chiamato “mamma Barbara” e tuttora nelle sue lettere scrive “Cara mia mamma italiana”. La lettera, primo punto di incontro tra noi e la piccola famiglia di Gomel, diceva: “La nostra famiglia consiste di tre persone: mamma Elena, il figlio Aliaksei e ancora un figlio Bogdan. I bambini non ricordano il loro padre, lui è morto in un incidente in anno 2000. Prima di anno 2004 vivevamo con la nonna, però, è morta anche lei per cancro ai reni. Io ho anche il fratello Jgor, ma vive in Siberia nella regione di Jrilutsil. Ha la moglie e due figli ed è già nato un nipote. Io ho trentadue anni e lavoro da un veterinario. Il mio figlio Bogdan ha cinque anni, in agosto compie sei anni e il primo settembre va alla scuola. Il mio figlio Aliaksei ha otto anni è un bambino calmo e equilibrato, Bogdan invece è vivace. Noi abbiamo una buona famiglia e ci amiamo molto l’uno con l’altro. Elena”. Il primo impatto è stato strano: il bimbo era intimorito e così stanco da non rendersi nemmeno conto fino in fondo di quello che stava succedendo. Era arrivato, dopo una notte e un giorno, in un posto a migliaia di distanza da casa sua dove c’erano ad attenderlo cinque persone completamente ignote e di cui non aveva mai sentito parlare prima: papà Davide, mamma Barbara e tre nuovi fratellini, Giacomo di undici anni, Mattia di nove e Luca di cinque. A Luca si è legato particolarmente, forse perché abituato ad avere un fratello vero della stessa età. Il mio primo pensiero, guardando quel bel bambino biondo con le lentiggini, fu per la sua mamma. Deve essere molto povera e molto disperata, ho pensato, una madre che si priva del suo bimbo per quaranta lunghi giorni e lo affida a dei perfetti sconosciuti pur di garantirgli qualche pasto decente (non solo patate e arance), aria pulita (non che la nostra sia poi così sana ma almeno non è radioattiva) e un letto con un materasso e lenzuola fresche lavate e stirate (al posto della brandina arrugginita e bucata senza coperte che ho visto in foto). Agli occhi di Aliaxei., la nostra normalissima casa deve essere apparsa una reggia e il cortile, all’interno del quale girava con la bicicletta e il trattorino sarà sembrato il paradiso. Ma il primo vero segno di emozione gli apparse sul viso quando salimmo tutti in macchina e prese posto dietro con i suoi temporanei fratellini che lo avevano condotto al parcheggio per mano, Mattia da una parte e Luca dall’altra. Giacomo non era presente quel primo giorno e forse è stato il motivo per cui il “nostro” bambino bielorusso si è affezionato maggiormente agli altri due. All’ingresso in casa, si tolse le scarpe spontaneamente e le mise a posto in un angolino (i miei figli, invece, tuttora le lasciano dove capita) ma la cosa più incredibile, mai vista fare da nessuno, fu che ogni volta che qualcuno di noi calpestava il tappeto della sala, lui si precipitava a riassettarlo inginocchiandovisi sopra! I primi giorni trascorsero veloci con un po’ di timore da parte mia al momento della doccia, della cacca e dei pasti. Durante il suo primo bagno chiusi la porta e gli lasciai tutto l’occorrente per poter fare da solo, ma lui non aveva mai fatto una doccia e si trovò in difficoltà! “Mama, mama Barbara” chiamava e allora entrai ad aiutarlo e a lavarlo per bene. Gli feci anche lo shampoo dei pidocchi, tanto volevo essere previdente, ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché non si era mai grattato! A tavola sembrava un piccolo principe: non gli andava bene niente malgrado fosse denutrito, poi seppi che era abituato a mangiare sempre gli stessi cibi quindi non si azzardava ad assaggiare null’altro. Non parliamo della pizza, del formaggio grana o del passato di verdura perché piuttosto digiunava, si alzava da tavola e andava in cerca delle sue caramelle russe. Una sera nascosi tutti i dolcetti, ma lui mi guardò beffardo e non cedette. Vinsi io perché mi rifiutai di darglieli e lui andò a letto a semi digiuno! Dovetti fare la cattiva ma ci eravamo presi l’impegno di garantirgli una buona alimentazione. La camera dei miei bambini era piena zeppa di giocattoli, trattori, macchinine, soldatini, pupazzi ma lui non ha mai toccato niente e non ha mai voluto giocare con niente. Non capivo come mai, anzi avrei pensato il contrario e cioè che i miei figli si sarebbero lamentati perché voleva i loro giochi. Anche in questo caso, mi fu data una spiegazione che non dimenticherò: Aliaksei non giocava perché non aveva mai avuto giocattoli e non sapeva come utilizzarli. Giorno dopo giorno si ambientò sempre più, ascoltava la favola in italiano che leggevo alla sera, mi porgeva la guancia per avere il bacio della buonanotte, era capriccioso come un bambino mio e litigava con i nostri figli come si fa solo con i veri fratelli. All’ora di andare a letto si rifiutava di interrompere la visione del cartone animato di turno e al momento di svegliarsi era un dramma fagli aprire gli occhi. Il suo papà italiano, dopo un paio di settimane che Aliaksei era con noi, mi disse che se prima aveva qualche perplessità sull’adozione, con l’affido di Aliaksei aveva invece capito che non c’era differenza tra bambini naturali e non. Io ancora oggi non la penso proprio così, forse ci sarei arrivata se il periodo di permanenza fosse stato più lungo. Ma Aliaksei ha una famiglia e con quella deve stare, malgrado gli manchi cibo sano, acqua per lavarsi e vestiti da indossare. Qualche mese fa la sua “casa” è stata incendiata e mamma e bambini si sono trovati ancora più poveri di quanto già non fossero. Nel frattempo la mamma ha perso il lavoro e la situazione è drammatica. Mandavo i soldi dei francobolli pur di avere qualche notizia e la nostra corrispondenza riusciva ad essere abbastanza costante. “Cari miei mamma, papà, fratellini, nonna italiani, vi voglio tanto bene e mi mancate molto. Cosa c’è di nuovo e come state? Voglio studiare italiano e inglese per parlare con voi tranquillamente ma voi scrivetemi sempre tutto. Io intanto aspetto.” Scrive Aliaksei. “L’inverno è molto umido e i bambini si ammalano spesso” scrive la sua mamma “ma non sono riuscita a trovare un lavoro extra quindi non posso pagare le medicine e non posso assisterli a casa, devono fare tutto da soli. Da quando è tornato dall’Italia, Aliaksei è più serio e più bravo, mi aiuta ed è paziente con suo fratello anche se dice che Luca era molto meglio. Sogna sempre di tornare da voi, ha tanta nostalgia ma non vuole riconoscerlo. Io però lo so perché ogni sera prima di dormire dice una preghiera per la sua mamma e il suo papà italiani, quindi sappiate che da questa parte del mondo c’è un piccolo angelo che vi protegge e vi ama”.
Aliaksei era un piccolo bambino di otto anni, che ha avuto il coraggio di allontanarsi dal suo mondo per poter godere, per poco più di un mese, la normalissima vita a cui tutti i bambini hanno diritto. Non sappiamo più niente né di lui, né della sua famiglia. Dopo i primi tempi abbiamo perso ogni traccia. Aliaksei ha quasi tredici anni ed è sempre presente dentro di noi. Tuttora mi viene da piangere quando rileggo le cose che ho scritto su di lui per non dimenticarlo mai e so per certo che la nosrta famiglia non ha mai fatto esperienza più bella.