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CONTRIBUTI FIGURATIVI PER LE MAMME-LAVORATRICI

CONTRIBUTI FIGURATIVI PER LE MAMME-LAVORATRICI

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Pubblichiamo il testo della relazione di Carlo Dionedi, sul tema dei contributi figurativi per le mamme lavoratici, presentata nel corso della conferenza stampa del 19/1/2012 a Roma.

La recente riforma del sistema pensionistico ha elevato notevolmente l’età per l’accesso alla pensione. Inoltre ha esteso a tutti il regime contributivo.
Tuttavia, sarebbe profondamente iniquo e socialmente dannoso trattare allo stesso modo donne che non hanno avuto figli e donne che ne hanno avuti. La madre lavoratrice – specie se madre di più di un figlio – per dedicarsi alla cura della famiglia deve molto probabilmente rinunciare alla carriera, rimanendo quindi ai livelli più bassi di retribuzione; spesso è obbligata a ricorrere al part-time, con la conseguente decurtazione sia di stipendio, ma conseguentemente anche dei contributi previdenziali. Nel caso di più di 3 figli, la donna deve addirittura abbandonare suo malgrado il lavoro perchè oggettivamente inconciliabile con l’attività lavorativa.
La donna che ha deciso di dedicarsi al lavoro e alla carriera può invece beneficiare di tutti gli incrementi retributivi derivanti dai suoi percorsi di carriera, con i conseguenti maggiori contributi versati e, quindi, un importo maggiore. Senza parlare del fatto che, non avendo figli, non ha conosciuto minimamente lo stress psico-fisico indotto dal doppio lavoro di lavoratrice e di madre.
Per ovviare a queste disparità di trattamento tra donna e donna ed in un’ottica di reali pari opportunità, si deve assolutamente riequilibrare il sistema previdenziale pensionistico seguendo principi di equità e di giustizia sociale.
Tra l’altro, occorre tener presente che, se si è dovuti ricorrere ad una riforma delle pensioni così drastica, ciò è dovuto a due principali elementi: il graduale aumento della vita media degli Italiani (dal 1980 l’aspettativa di vita di un settantenne è aumentata del 20%), e all’insufficiente tasso di fertilità (1,3 figli per donna, tra i più bassi in assoluto al mondo) che non consente il mantenimento dell’equilibrio demografico e che non riesce ad essere compensato dall’apporto netto dei flussi migratori. Pertanto, le madri-di-famiglie-numerose si trovano oggi, concretamente, a pagare le scelte di chi non ha avuto figli o di chi si è fermato al figlio unico, contribuendo all’inverno demografico che ha messo in crisi il sistema pensionistico: un paradosso incredibile!
Un tempo, il prezioso ruolo familiare della donna era tenuto in conto dalla società al punto che sono esistite, per alcuni anni, le cosiddette “baby-pensioni” per cui una donna che avesse avuto anche solo un figlio poteva lasciare il lavoro dopo 15 anni e 6 mesi di attività.
Oggi la legislazione vigente non tiene nel minimo conto la differenza tra lavoratrice con prole e lavoratrice senza prole: una sperequazione inaccettabile in un Paese che vuole essere civile e avanzato. Teniamo presente che i figli delle famiglie numerose pagheranno le pensioni anche di coloro che, per vari e pur validi motivi, non hanno avuto figli.
Per tutto questo la soluzione più equa è semplice: occorre attribuire alle donne-lavoratrici almeno 2 anni di contributi figurativi per ogni figlio naturale o adottato.
Oltre ad essere una misura dovuta per un principio di equità e solidarietà sociale, si tratta anche di un provvedimento che sui conti pubblici impatta molto relativamente e soprattutto viene diluito nei prossimi decenni, pur mantenendo effetti immediati sulla vita di tante donne, le quali, se non altro avranno la soddisfazione di veder riconosciuto il valore della maternità e dei sacrifici e delle rinunce che hanno dovuto affrontare.