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Lo scippo degli assegni familiari

Lo scippo degli assegni familiari

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Circa il 20 per cento dei soldi versati per questo tipo di prestazioni (oltre un miliardo di euro l’anno) finisce in altre casse dell’ INPS. E’ tempo di farseli restituire.

Il servizio delle “Iene” di martedì 30 aprile 2019 ha finalmente raccontato al grande pubblico un problema che i più attenti osservatori  delle politiche per la famiglia del nostro Paese conoscono bene, da molto, troppo tempo: lo scippo di quote rilevanti di contributi per gli assegni familiari ai danni dei lavoratori dipendenti. Il servizio, grazie anche all’ intervento e ai dati raccolti dal Forum delle associazioni familiari, documentava che dal 2012 al 2018 l’ Inps raccoglie ogni anno circa 6 miliardi di Euro dalle buste paga dei lavoratori dipendenti per l’ ”assegno al nucleo familiare” (dal 1988 i vecchi assegni familiari si chiamano così, per essere precisi), ma ne restituisce solo 5, rimettendoli nelle buste paga dei lavoratori dipendenti che hanno figli, in funzione del reddito della famiglia e del numero di figli presenti (e di altri parametri).  Circa il 20% dei soldi versati per assegni familiari finisce quindi in altre casse dell’ INPS.

In sostanza, come spiega bene il servizio, se tutti i soldi prelevati per gli assegni familiari fossero spesi per gli assegni familiari, una famiglia con tre figli e circa 30.000 euro di reddito annuo in questi anni  avrebbe dovuto ricevere circa 100 Euro in più al mese di assegni familiari (il 20% circa in più). Mese dopo mese, si fa una bella cifra, e 100 Euro in più, con tre figli, sarebbero certamente utili!

La notizia è nuova, e merita certamente grande attenzione dei media: chissà che gli impegni assunti dall’ attuale presidente INPS (vedi la fine del servizio delle Iene) vengano finalmente onorati. Purtroppo il tema è anche drammaticamente “vecchio”. Nel capitolo del Rapporto Cisf 1989 curato dal Censis (Edizioni San Paolo – già Paoline, per i superprecisi, a pag. 278, la tabella 11), si denunciava che nel 1988 il 29% di quanto versato per gli assegni familiari restava nelle casse INPS, ma nel 1978 il dato era ancora peggiore; oltre il 57,6% dei prelievi per assegni familiari non veniva restituito alle famiglie!.

Se non suonasse drammaticamente iniquo, potremmo anche dire: siamo nella direzione giusta, visto che la percentuale di “scippo” diminuisce. Ma l’ ingiustizia rimane davvero grande, anche perché, limitandoci anche solo agli ultimi anni,  questo miliardo di euro in meno per il sostegno alle famiglie con figli (ogni anno un miliardo in meno!) pesa come un macigno anche sul crollo della natalità nel nostro Paese. Senza poi dimenticare la fatica e la penalizzazione di chi non è lavoratore dipendente (compreso il crescente popolo dei giovani della partita IVA), che a questo “assegno al nucleo familiare” non ha nemmeno diritto.

L’ evidenza è purtroppo triste: nelle scelte politiche del Paese la famiglia è sempre stata “una vacca da mungere”; come in questo caso, quando paga contributi che non le vengono restituiti, ma anche quando serve come ammortizzatore sociale per i propri bambini disabili, per i propri anziani fragili, per i propri figli giovani senza lavoro. Però anche le terre più fertili prima o poi diventano sterili, se non vengono curate, nutrite e concimate…  È  tempo di restituire alle famiglie, almeno oggi, quello che per decenni è stato loro sottratto. Altrimenti in questo Paese non fiorirà più nulla.

E per le famiglie forse è tempo di una vera e propria class action, presso gli organi che devono garantire giustizia ed equità attraverso la legge, per rivendicare i propri diritti calpestati: non per difendere l’ interesse particolare di un qualsiasi gruppo di interesse, ma per riscuotere finalmente quel sostegno e quel riconoscimento pubblico che soli possono consentire alla famiglia di continuare ad essere la micro-fibra relazionale della solidarietà, della responsabilità e della coesione sociale del nostro Paese.

Fonte: famigliacristiana.it
di Francesco Belletti, direttore del Centro internazionale studi famiglia