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Un appuntamento con la storia. “Difendiamo i nostri figli” il giorno 20 a Roma

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Tutti a Roma, il 20 giugno per “Difendiamo i nostri figli”, manifestazione che ricorderà il “Family Day” del 2007 per dire ancora una volta sì alla famiglia naturale e oggi no alla “colonizzazione ideologica del gender”. Papa Francesco ha mandato a dire: “Riempite le piazze!”.

Sabato 20 giugno, a Roma, avrà luogo un lungo corteo che da Piazza della Repubblica arriverà fino a Piazza San Giovanni. L’iniziativa è stata organizzata dal comitato “Difendiamo i nostri figli”, il cui portavoce è il neurochirurgo Massimo Gandolfini che ha così nominato la manifestazione e ha tenuto a precisare che questa non nasce dal “Family day” del 2007, essendo «cambiato il contesto storico e le condizioni sociali del nostro Paese» ma certamente lo ricorda.
Sarà una manifestazione laica, apartitica e aconfessionale che “parte dal basso”, senza patrocini economici dell’Europa e dell’Oms, e cioè dai milioni di genitori di tutt’Italia preoccupati e sofferenti per l’attuale periodo storico che, come lo stesso Papa Francesco l’ha definito, è di destrutturazione della famiglia e di “colonizzazione ideologica”.
Una giornata importante, cruciale, che Michele Messina di Trapani, papà di 8 figli, consigliere nazionale di Anfn (Associazione nazionale famiglie numerose) ha definito “un appuntamento con la storia”. Lo stesso Bergoglio ha mandato a dire, per questa giornata e con entusiasmo, tramite il Cardinal Vallini, vicario di Roma: «Riempite le piazze!».
Chi manifesterà, lo farà per tantissime cose. Ma «non per andare contro le persone omossessuali ma contro le ideologie», ha evidenziato Gandolfini. Ossia contro il ddl Cirinnà, «laddove questo disegno di legge parifica le unioni civili di coppie omossessuali al matrimonio», ed inoltre contro l’ideologia gender che vorrebbe avanzare in ogni dove (slogan, pubblicità, progetti di legge) per arrivare finanche alla scuola.
Ora, «nel caso del gender, un obiettivo condivisibile potrebbe essere quello di combattere discriminazioni, soprusi, comportamenti aggressivi di vario tipo, dagli episodi di bullismo contro i “diversi” (non solo omossessuali) alla violenza contro le donne» (Cfr. Luciano Moia in “Noi Avvenire, Genitori&Figli”, 26 Aprile, p. 4). Ma non finisce mica qui la teoria.
Secondo questa, infatti, sarebbe giusto insegnare ai bambini (anche molto piccoli) e con l’ausilio di appositi libri a non avere un’identità sessuata, un sesso (sex), ossia quella condizione biologica che evidenzia l’essere maschio o femmina per intenderci, ma un “genere neutro”, un’identità anche “ambivalente”. Cioè a dire che andrebbero considerati “per come si sentono al momento”, con la conseguenza di dover poi vivere in un relativismo disarmante e decentrante dal loro essere nel mondo, in una scissione fra mente e corpo che dividerebbe in due anche la psiche di un adulto, figuriamoci di un pargolo di pochi anni d’età.
La cosa più inquietante a cui vuol tendere tale rivoluzione è, peraltro, che il gender, ossia ciò che diventiamo, dovrebbe finire per determinare il sex, ossia ciò che siamo. Ed anche se risponde a verità che la differenza sessuale si sviluppa nel tempo (nella stessa Genesi, leggiamo che Adamo ed Eva solo incontrandosi si accorsero per la prima volta d’essere “nudi”, e divennero così coscienti d’essere un uomo e donna, cfr. Gen. 2, 23) e corrisponde a giustizia che la società e l’educazione possano incidere in tale sviluppo, ciò non dovrebbe ugualmente portare a concludere, come fanno le lobby lgbt, che la differenza sessuale è una costruzione sociale e basta.
Lo stesso Papa Francesco poco tempo fa ha esordito nel dire, «se la cosiddetta teoria del gender non sia l’espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa» ed ha richiamato gli intellettuali a «non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta». «Le origini e le conseguenze di queste teorie sono molto dibattute nella letteratura anglosassone – ha evidenziato peraltro Laura Palazzani, filosofa del Diritto ed esperta di bioetica, in un articolo uscito a maggio per Tracce, con la penna di Alessandra Stoppa – ma lo sono state poco in Italia. Mentre esigono una presa di coscienza concettuale dei problemi emergenti e soprattutto un’adeguata informazione ed educazione della società».
Poiché però quest’articolo non ha la presunzione d’essere esaustivo, rilanciamo a voi la palla, con un monito importante: “Non stancatevi mai d’informarvi, anche quando la notizia, ovunque la leggiate, vi possa apparire limitata! Non smettete mai di interrogarvi dentro e non perdete mai il desiderio di porre delle domande (il filosofo Gadamer era solito dire che «il domandare è più difficile del rispondere») anche se vi pare alle volte “una perdita di tempo” e non sapete di preciso a chi poterle fare; continuate a lottare per una società sana e giusta, soprattutto per i vostri figli! Per poter ancora dire, e nel rispetto di tutti, la vostra!”.
Trovate, dunque, i mezzi per presenziare al “Family day del 2015” giorno 20 a Roma: avrete, finalmente, la chance di non restare attori passivi di uno spettacolo deciso da altri, di una clessidra che parrebbe sia stata girata all’improvviso (anche se in altri paesi ciò è avvenuto molto prima) e la cui sabbia corre ormai veloce e inesorabile verso giù. Quando la sabbia sarà finita, con essa cesserà l’idea stessa di famiglia, ossia «la famiglia costituzionalmente fondata sul matrimonio fra uomo e donna», che come ha definito il presidente del Forum delle associazioni familiari Francesco Belletti «è un’istituzione insostituibile innanzitutto per la potenzialità generativa»; e sarà in pericolo il diritto del bambino ad avere una mamma e un papà naturali. Questo stesso bambino non riuscirà più a decidere con semplicità che costumino mettere per il mare, considerata la varietà di scelte, colori e forme che gli vorrebbero offrire. Non permettiamogli d’essere così confuso, anzitempo e gratuitamente. Non permettiamo che l’ideologia gender infastidisca, imbarazzi e traumatizzi (come già è successo in alcune scuole d’Italia) altre giovani menti pure.

Patrizia Carollo