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POLITO E IL MATRIMONIO. QUANDO LA RAGIONE SI ARRENDE

POLITO E IL MATRIMONIO. QUANDO LA RAGIONE SI ARRENDE

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di Francesco Belletti

L’articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera di domenica (con richiamo in prima pagina) ha superato il limite: il titolo sembrava incoraggiante: “La colpa di essere sposati. Troppi ostacoli al matrimonio”. L’esito è però paradossale, e sfiorerebbe – involontariamente – la comicità, se non fosse per la drammaticità del tema. In breve Polito sostiene che per le leggi italiane essere sposati è molto svantaggioso, ma non dice: “allora cambiamo le leggi”, dice invece: cambiamo il matrimonio!”

Illustra questo svantaggio con dovizia di particolari: una norma dell’Università di Genova che impedisce di assumere docenti che siano sposati con altri docenti già assunti, la difficoltà delle relazioni patrimoniali nelle famiglie separate, divorziate, ricomposte, i molti matrimoni tra extracomunitari che risultano “fasulli, combinati, un modo per far entrare parenti e amici in Italia sotto la fattispecie del ricongiungimento familiare…” (sono parole sue). Bella scoperta, viene da dire a chi, come noi del Forum delle associazioni familiari, ha sempre denunciato la pessima “convenienza” economica e giuridica di chi sceglie il matrimonio dell’art. 29 della Costituzione e gli impegni ad esso connessi. Checché ne dicano i cantori dei diritti e delle pari opportunità per le unioni civili.

Polito era quasi arrivato a definire questa condizione una “discriminazione”. Ma no, difendere il matrimonio non può essere politically correct e quindi Polito attribuisce la difesa del matrimonio ai “sempre più sporadici difensori del matrimonio” (siamo una specie in via di estinzione…); lui no, lui sostiene che sarebbe meglio cambiare le cose, rendere più “flessibile” il matrimonio dando più discrezionalità e meno obblighi: insomma, con uno slogan tanto efficace quanto insopportabile, “bisognerebbe provare a salvare il matrimonio da sé stesso”.

Noi non ci stiamo. Il matrimonio – quello dell’art. 29 della Costituzione – è il momento in cui le coppie stipulano un’alleanza con la società, e si assumono una responsabilità pubblica, di impegno verso la società, verso il partner, verso i figli: è un luogo virtuoso di cittadinanza e di responsabilità pubblica, è la formazione di una “cellula fondamentale della società”, che secondo Cicerone è “seminarium rei publicae”, cioè luogo in cui si impara a diventare cittadini. Il matrimonio ha a che fare con la cosa pubblica, e lo sanno bene i milioni di genitori e di sposi che tuttora scelgono di sposarsi o resistono nel legame coniugale, perché il loro progetto d’amore reciproco non è solo privato, ma genera bene comune, “ama la società”. A questo punto, gli oltre 200mila matrimoni che vengono celebrati nel nostro Paese sono “promesse eroiche” di amore non solo al proprio partner, ma alla società tutta.
Polito dice: “chi sceglie il matrimonio è svantaggiato dalle leggi; allora non cambiamo le leggi, cambiamo il matrimonio!” Forse a Polito poteva venire in mente che: “visto che chi si sposa è svantaggiato, dobbiamo rimuovere gli svantaggi, per garantire pari opportunità a tutti”: elementare, paradossale, ma purtroppo verissimo! E noi, che pensavamo di dover difendere il favor familiae! Altro che “occhio di riguardo” per le famiglie legalmente costituite: qui si tratta di eliminare una condizione di svantaggio per chi è sposato, sancita per legge!

E noi intendiamo portare questa battaglia in tutti gli spazi pubblici del Paese: colonne del Corriere della Sera incluse. Per questo abbiamo inviato questo testo anche alla redazione del Corriere e all’attenzione di Antonio Polito.