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“NIENTE DI CIO’ CHE E’ UMANO MI E’ STRANIERO”

“NIENTE DI CIO’ CHE E’ UMANO MI E’ STRANIERO”

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Anche solo sul piano umano quanto è avvenuto nel Sinodo e quanto avviene in questa antica realtà che è la Chiesa cattolica non ci è estraneo. Tre fatti e una domanda delicata.

Il primo. La sfida del Sinodo non interessa solo la Chiesa cattolica, ma anche il mondo, i suoi Stati, le sue Istituzioni, le sue leggi e, ancor prima, quanto precede lo Stato, la Società; e ancor prima quanto precede la Società, la famiglia. Lo sappiamo bene: la famiglia prima di essere un fatto religioso – cattolica o musulmana – è semplicemente umana; ha profili giuridici, civili, economici, politici, culturali ecc. E’ un soggetto globale e primario. Basta leggere la prima parte della ‘Relazione finale’ del Sinodo (pgf. 5-11) per toccare con mano quanto siano presenti la realtà odierna dell’uomo – maschio e femmina – e della famiglia.
Questo è il nostro campo di lavoro.

Il secondo. Le pagine di questo primo Sinodo sulla famiglia non sono la parola definitiva; non sono ancora la dottrina della Chiesa e del papa. Sono prima di tutto uno strumento di lavoro e di ricerca. Pagine che ci accompagneranno fino al prossimo Sinodo del 2015, forse a Filadelfia negli USA. Aprono un sentiero verso la montagna, verso un rinnovato “Oreb”. Non si tratta di abbassare la montagna perché vi si arrivi più facilmente, ma di salire tutti; anche con fatica, ma assieme. Salire accompagnati dall’umile ascolto, dalla libertà, dal coraggio, dallo Spirito Santo. Perché alla fine – e già qui – Amore e Verità si abbracceranno. Lo dice un Salmo.
Lo diventi ogni giorno una preghiera.

Il terzo. La Chiesa sta accettando e sta rivelando tutta la sua umanità. Sta mettendosi a nudo, quasi platealmente, parlando con libertà, ascoltandosi umilmente, non giudicando e non giudicandosi: due cardinali alla fine della messa non vanno a salutare il papa e un cardinale prima delle votazioni finale chiede che il voto sulla relazione del Sinodo sia segreto. La Chiesa non si comporta da padrona della verità, ma da serva di essa, per amore. Fidandosi. Riconosce che anche al suo interno i tempi sono diversi; ce ne sono di consolazione e di entusiasmo, di gioia ma anche di fatica, di scontro, di dubbio, di sofferenza. Non ha paura del fratello che la pensa diversamente o che si sporca le mani. Non giudica o seleziona. Si lascia interrogare e sorprendere. Viene in mente quanto scritto sulla tomba di Lutero: “e alla fine siamo tutti medicanti”.

Una domanda. Con rispetto e discrezione ci potremmo fare una domanda. Quanto avviene nel Sinodo non ci potrebbe interrogare? Interrogare come singole famiglie e come Associazione? Non ci potrebbe indicare una strada? Un metodo di lavoro, in questi due mesi che ci separano dal Decennale e dall’Assemblea? Ognuno poi è chiamato alla reciproca fiducia, è chiamato a riflettere, è chiamato ad uscire da se stesso, per servire la famiglia nell’Associazione, in particolare; chiamato ad essere sentinella del ‘nostro mattino’, perché il soffio vitale degli inizi tutto fecondi, rinnovando ogni cosa.

I vostri ancora presidenti: Giuseppe e Raffaella