Natalità: Alfredo e Claudia Caltabiano (Anfn) ad Adnkronos:” Servono cambio culturale e una manovra ad hoc”

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    «L’analisi offerta dalla ministra Eugenia Roccella è sicuramente condivisibile. Negli anni Sessanta le famiglie composte da almeno sei componenti erano tre milioni, oggi si sono ridotte a poco più di 300mila. La grande famiglia è in via di estinzione».
    Lo affermano Alfredo e Claudia Caltabiano, presidenti di Anfn, l’associazione che raduna e dà voce alle famiglie numerose in Italia. I Caltabiano, interpellati da Adnkronos, commentano le dichiarazioni della ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella all’apertura dei lavori del convegno, da lei organizzato, «Per un’Europa giovane. Transizione demografica, ambiente, futuro» a Roma. Secondo Eugenia Roccella «è la solitudine il nuovo problema che ci troviamo di fronte.
    Quando si parla di calo delle nascite si pensa immediatamente ad una diminuzione dei bambini e ad un aumento degli anziani, una sorta di redistribuzione anagrafica della popolazione così come la conosciamo. Ma non si pensa mai che il calo delle nascite altera anche la struttura delle parentele, e quindi dell’intera popolazione, perché significa non solo famiglie composte da una sola persona, ma una preponderanza di famiglie con un solo figlio, fra quelle che ancora hanno figli, e quindi, di conseguenza, una rarefazione della rete parentale». «Meno zii, cugini, nipoti. Cioè meno persone della comunità naturale di prima prossimità all’interno della quale ognuno di noi è nato ed ha vissuto, e che è il primo ambito in cui ognuno di noi ha imparato cosa è la vita – gente che nasce, cresce, si sposa, si ammala, lavora, ognuno con le sue caratteristiche personali, che costituisce di solito non solo la prima ‘scuola di vita’ ma anche il primo ambito di vicinanza, di condivisione e di solidarietà in caso di difficoltà personali. – ha continuato Roccella – La rete parentale spontanea si assottiglia, si smaglia: queste osservazioni intuitive sono state da poco confermate anche da uno studio apparso recentemente in una prestigiosa rivista scientifica che ha stimato il calo del numero di parenti nelle diverse nazioni del mondo, con una proiezione fino al 2100.
    In media, nel mondo, una donna di 65 anni nel 1950 aveva 41 parenti viventi; nel 2095 ne avrà una media di 25, con un calo di quasi il 40%. La tendenza riguarda indistintamente tutti i paesi del mondo: per esempio nello Zimbabwe una donna di 65 anni aveva 50 anni fa più di 80 parenti, ma già oggi ne ha la metà». «La denatalità – ha osservato Roccella – sta ponendo le condizioni per un’esperienza diffusa di solitudine, tanto che in alcuni paesi, Gran Bretagna, Giappone, è stato istituito addirittura un ministero dedicato. In Corea del sud il governo sta lavorando per prevenire il rischio delle morti solitarie, persone che muoiono in solitudine, della cui morte ci si accorge solo dopo molto tempo, con proposte di legge e giornate dedicate. – ha proseguito Roccella – Quello della solitudine non è solo un problema che riguarda gli anziani non autosufficienti, ma colpisce tutti, anche i giovani. Vorrei sottolineare il cambiamento antropologico individuale: le persone vissute in una rete familiare scarna, crescono senza aver fatto esperienza di una vita familiare diversa, crescono in solitudine, senza aver mai sperimentato, personalmente o anche mediante conoscenti o amici, cosa significa vivere in una rete fitta di rapporti parentali, di prossimità. In altre parole, nelle società colpite dall’inverno demografico non si diventa soli a una certa età, ma si cresce nell’esperienza della solitudine, dove ad esempio il confronto fra pari è esclusivamente extrafamiliare». «La tendenza alla denatalità italiana è grave – ha osservato la ministra. Il nostro governo, per la prima volta, ha istituito le deleghe alla natalità, e le ha attribuite al ministero delle pari opportunità e della famiglia. Ma la disattenzione al tema è durata troppi anni per non lasciare conseguenze che richiederanno un lungo arco di tempo per fermare e poi invertire la tendenza. Per esempio, il calo delle donne in età fertile è ormai troppo pronunciato perché le misure a favore della natalità possano avere lo stesso effetto che avrebbero avuto quando ancora il numero delle donne giovani era consistente». «A fronte di questo scenario, occorre un investimento pubblico e privato, una mobilitazione collettiva che passi dall’impresa ai servizi, dall’amministrazione alla finanza, dal più piccolo ente locale alla Commissione europea, e coinvolga anche la comunicazione. Il nostro sforzo per raggiungere l’obiettivo, quella che potremmo definire la via italiana alla natalità, si basa su più punti. – ha aggiunto Roccella – Dalla prima finanziaria del Governo Meloni, l’universalismo delle politiche familiari italiane prende una piega pro-natalista e pro famiglia. L’aumento della spesa per l’Assegno Unico da 16,5 miliardi di euro nel 2022 a più di 19 miliardi per il 2024 è riassumibile nell’impegno verso la fascia 0-3 anni (incremento del 50% per i nuovi nati) e per le famiglie numerose». «Su questa base – ha osservato ancora la ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità – si sviluppano i due ‘muri portanti’ delle politiche sulla conciliazione famiglia-lavoro, che le ultime ricerche sul tema indicano come decisive per le scelte procreative. Il primo asse sono i congedi parentali. In questi due anni il Governo ha portato dal 30% all’80% la copertura di due mensilità dei congedi parentali. Il secondo verticale di questa policy sono i servizi socio-educativi per la fascia di età 0-3. L’attuale legge finanziaria ha previsto un rimborso completo per le famiglie con due o più figli a copertura delle rette per gli asili nido. – ha concluso Roccella – Sostegno economico, conciliazione, lavoro: sono i 3 punti fondamentali della strategia italiana. Rafforzare le fondamenta di questa struttura è l’obiettivo dei prossimi anni. Ma, contemporaneamente, serve un lavoro con le autonomie locali, Regioni e Comuni, per rilanciare i servizi a misura di famiglia sul territorio».
    Secondo Alfredo e Claudia Caltabiano «è in crisi – prima di tutto – l’istituto della famiglia (ed in effetti il numero dei single ha superato quello delle coppie) e molte coppie, conviventi o sposate, decidono (o non possono) avere figli. Coloro che invece decidono di averli arrivano al primo figlio spesso tardi, quando l’età riproduttiva della donna si sta esaurendo ed è difficile, poi, pensare ad un secondo”. In merito alla denatalità, per i presidenti dell’Anfn, pesa “non solo il clima culturale che privilegia l’individualismo, ma anche la mancanza di adeguate politiche familiari: crescere un figlio costa e crescerne più di uno costa ancora di più, come certifica l’Istat nel suo report annuale sulle povertà: la possibilità che una coppia con figli cada nella povertà relativa o assoluta cresce in modo esponenziale al crescere del numero dei figli. Quindi assistiamo al paradosso di famiglie numerose economicamente sempre più povere, nonostante siano quelle più ricche di relazioni». Sì, più ricche di relazioni: «Le famiglie numerose sono una palestra sociale, dove i figli si abituano fin da piccoli a condividere, a vivere e gestire le relazioni e le frustrazioni.
    L’antidoto alla solitudine – osservano i Caltabiano – ed ecco perché possono rappresentare la cartina di tornasole di ogni scelta politica di qualsiasi governo di qualsiasi colore. Come invertire il trend? Sarebbe necessaria una manovra choc, che consideri le famiglie non come un problema da gestire con l’assistenzialismo, ma una risorsa, da promuovere con adeguate politiche familiari, in un meccanismo che innesti anche un cambio culturale».