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Mons. Bagnasco: il family day “dia ragione della speranza che é in...

Mons. Bagnasco: il family day “dia ragione della speranza che é in noi”

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Prolusione di monsignor Bagnasco al Consiglio Permanente della CEI<br /> (26-29 marzo 2007)

Prolusione di monsignor
Bagnasco al Consiglio Permanente della CEI (26-29 marzo 2007)

 

 

ROMA, lunedì, 26 marzo 2007 Ecco
il testo della prolusione svolta questo lunedì da monsignor Angelo Bagnasco,
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), in apertura dei lavori
del Consiglio Permanente, per la parte che ha avuto come tema la famiglia.

 

 

Venerati e cari Confratelli!

 

…….

 

 

12. Emergente il tema della famiglia. È proprio l’intenzione spirituale e pastorale che
ci porta ad evidenziare oggi il tema della famiglia. E a farlo con la serenità
e la chiarezza che sono indispensabili. Ci preme segnalare anzitutto che la
nostra attenzione verso questo fronte decisivo dell’esperienza umana non è in
alcun modo sbilanciata né tanto meno unilaterale. Il mio arrivare ora alla
guida della CEI mi induce a testimoniare la preoccupazione per nulla politica,
ma eminentemente pastorale che ha mosso ieri e muove oggi i Vescovi su questo
tema fondamentale per l’individuo, per la società e il suo futuro.

La famiglia ha bisogno oggi di tutta la premura che la Chiesa − con la
sua esperienza e la sua libertà − vi può riversare. Diremo anche noi con
Benedetto XVI: “Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi
affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non c’interessa?
I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il
diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro – il
nostro – dovere alzare la voce per difendere l’uomo, quella creatura che,
proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?” (Discorso
alla Curia Romana
, 22 dicembre 2006).

13. Noi da sempre annunciamo e serviamo il disegno che il Redentore ha sulla
famiglia cristiana e la dinamica sacramentale che vi è connessa, e dunque
anzitutto il matrimonio elevato alla dignità di sacramento. È una sensibilità,
questa, che il Concilio Vaticano II ha reso particolarmente acuta, tanto da
stimolare il nostro episcopato a operare a più riprese delle messe a punto
dottrinali e pastorali sul tema dell’evangelizzazione del matrimonio. Nelle
settimane scorse, S.E. Mons. Giuseppe Anfossi ha scritto su “Avvenire” (4 marzo
2007) un articolo dalla tesi eloquente: forse che davvero – si chiedeva
− abbiamo bisogno di dimostrare quanto si è fatto, e si sta facendo,
nelle nostre Diocesi, a favore della famiglia cristianamente intesa? Quante
energie sono state impiegate, e quante persone, tra le migliori, si sono mosse
nello sforzo di rinnovare l’impegno cristiano in ambito familiare, puntando a
rinnovare la cultura stessa della famiglia in Italia? Sappiamo bene che, anche
per effetto di una qualificazione della proposta cristiana, il numero dei
matrimoni celebrati con rito religioso va contraendosi. I nostri parroci
concordano con noi nel voler fare le cose in modo sensato, ma questo rileva la
serietà complessiva con cui la comunità cristiana si approccia alla famiglia,
riconoscendo anzitutto al matrimonio cristiano il suo primato di grazia e di
responsabilità.

14. Sappiamo tuttavia che il matrimonio sacramentale si iscrive nel disegno
primigenio del Creatore: “maschio e femmina li creò” (Gn 1,27), disegno che noi
siamo parimenti impegnati ad annunciare e servire. È come la scoperta di una
spinta vivificante che l’umanità già dall’origine porta dentro la struttura
dell’essere e che la anima nella realizzazione fondamentale dell’esistenza
umana e nella sua proiezione verso il futuro. “La legge iscritta nella nostra
natura – ha detto il Papa ad un recente congresso internazionale promosso
dalla Pontificia Università Lateranense (il 12 febbraio 2007) – è la vera
garanzia offerta a ciascuno per poter vivere libero e rispettato nella propria
dignità”. Il che – continuava − “ha applicazioni molto concrete se
si fa riferimento a quell’«intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata
dal Creatore e strutturata con leggi proprie» (Gaudium et Spes, n. 48). Il Concilio Vaticano II ha, al riguardo,
opportunamente ribadito che l’istituto del matrimonio «ha stabilità per
ordinamento divino», e perciò «questo vincolo sacro, in vista del bene sia dei
coniugi e della prole che della società, non dipende dall’arbitrio umano»
(ibid.). Nessuna legge fatta dagli uomini – concludeva il Papa –
può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore senza che la società venga
drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento
basilare”.

15. C’è, venerati Confratelli, una prova più convincente circa il nostro dovere
di parlare del matrimonio come invalicabile bene dato agli uomini per la loro
felicità e per il loro futuro? Come può l’insistente parlare del Papa e dei
Vescovi a questo riguardo essere interpretato come un sopruso, o come
un’invadenza di campo, o come un gesto indelicato se non spropositato? O
addirittura come una ricerca di potere temporale? Se la Chiesa cercasse il
potere, basterebbe imboccare la via facile dell’accondiscendenza. È del tutto
evidente che quando Benedetto XVI ricorda l’”unicità irripetibile” della
famiglia (cfr. Angelus del 4
febbraio 2007), lo fa perché, nonostante la crisi profonda che essa attraversa
e le molteplici sfide che essa deve affrontare, tutti si sappia adeguatamente
“difenderla”, “aiutarla”, “tutelarla” e “valorizzarla” per il bene concreto,
attuale e futuro, dell’umanità. È come se il Papa si facesse vicino a ciascuno,
e quasi in un colloquio di amicizia, gli dicesse un segreto prezioso, o la cosa
più importante di tutte. Per cui merita essere solleciti affinché le famiglie
più esposte non cedano “sotto le pressioni di lobbies capaci di incidere
negativamente sui processi legislativi”, come lo stesso Pontefice ha segnalato,
ricevendo in udienza i Rappresentanti Pontifici in America Latina (il 17
febbraio 2007).

16. In questa cornice si colloca ciò che è stato detto, dall’interno della
comunità ecclesiale, nel corso delle ultime settimane, in riferimento al
disegno di legge in materia di “Diritti e doveri delle persone unite in stabili
convivenze”. Personalmente posso solo dire che apprezzo quanto da parte
cattolica è stato fatto, impegnandomi ad assumerlo e a svilupparlo. Desidero
per un verso rilevare la convergente, accorata preoccupazione espressa dai
Vescovi su questo disegno legislativo inaccettabile sul piano dei principi, ma
anche pericoloso sul piano sociale ed educativo. Per altro verso, registro la
preoccupazione che lo stesso provvedimento ha suscitato in seno al nostro
laicato, nelle parrocchie come nelle aggregazioni. Mai come su questo fronte
così esposto, loro intercettano ciò che il Concilio Vaticano II dice sia a
proposito del matrimonio e della famiglia (cfr. Gaudium et Spes, nn. 47-52), sia del dovere della partecipazione per
una vita civile più equilibrata e saggia (cfr.
Gaudium et Spes, nn. 73-76), consci che la famiglia è un bene della
società nel suo insieme, non solo dei cristiani.

17. è noto che proprio dall’interno delle aggregazioni laicali è scaturita
l’idea di una manifestazione pubblica per il prossimo 12 maggio, che dia
ragione della speranza che è in noi su questo nevralgico bene della vita
sociale, quale è la famiglia nata dal matrimonio tra un uomo e una donna e
aperta alla generazione e dunque al domani. Si tratterà, dunque, di una “festa
della famiglia” come è successo anche in altri Paesi. Come Vescovi non possiamo
che apprezzare e incoraggiare questo dinamismo volto al bene comune. Nello
stesso tempo, è stata prospettata – com’è pure noto – l’utilità che
i Vescovi dicano in questo frangente una parola meditata e impegnativa.
Nell’attuale sessione del Consiglio Permanente metteremo a punto una “Nota
pastorale” che, ponendosi sulla stessa linea di ciò è stato fatto in passato in
altre cruciali evenienze, possa essere di serena, autorevole illuminazione
sulle circostanze odierne. Torna illuminante la parola di Benedetto XVI al già
citato, recente Congresso: “Appare sempre più indispensabile che l’Europa si
guardi da quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che
giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se
fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore” (Roma, 24 marzo
2007).

Cari Confratelli, anche su questo delicato compito a cui siamo tenuti come
Pastori, chiedo il contributo della vostra sensibilità e saggezza. Agli
operatori della comunicazione sociale esprimo la mia personale gratitudine e
l’apprezzamento per il loro lavoro, chiedendo l’aiuto perché l’opinione
pubblica possa essere sempre correttamente informata sul magistero della Chiesa
nella sostanziale integralità dei suoi singoli interventi. In questa
prospettiva, mi auguro che si voglia dare la giusta rilevanza al comunicato
finale di questo Consiglio, in quanto resoconto di un qualificato incontro
collegiale della nostra Conferenza.

 

………..

Con questo spirito, venerati Confratelli, accogliete il mio grazie più fraterno
anche per la vostra attenzione di oggi. Insieme a Voi, affido a Maria
Santissima, Madre della Chiesa, il nostro servizio, le comunità cristiane e il
nostro amato Paese.

Angelo Bagnasco
Presidente

 

 

 

 

Per il testo integrale vedi: www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=11160