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Alla Camera si parla di noi

Alla Camera si parla di noi

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Riportiamo la trascrizione dell’ultima audizione sulla indagine conoscitiva sulle condizioni
sociali delle famiglie in Italia: si parla spesso di noi famiglie numerose, con anche diverse nostre citazioni (es.: iniquità per le
famiglie numerose).

*CAMERA DEI DEPUTATI*
*XII COMMISSIONE AFFARI SOCIALI*
Seduta di martedì 20 marzo 2007.

Presidenza del Presidente *Mimmo LUCÀ.*

* Indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia*

* **Audizione del ministro delle politiche per la famiglia, onorevole
Rosy Bindi.*

*Presidente. *Come i colleghi sanno, l’indagine deve concludersi entro
il 31 marzo; le audizioni previste termineranno oggi, con l’intervento
del ministro. Successivamente, procederemo all’esame e all’approvazione
del documento conclusivo. Per quanto riguarda invece la conseguente
iniziativa legislativa, spetteranno ai gruppi delle diverse coalizioni
le relative assunzioni di responsabilità. È nostra intenzione,
naturalmente, discutere questo argomento, che affronteremo già domani in
sede d´ufficio di presidenza.

L’esito del lavoro che abbiamo svolto sarà, ovviamente, sottoposto
all’esame del Parlamento, trattandosi di un tema importante, e credo che
lo stesso Governo potrà avvalersene, nei limiti in cui lo riterrà
opportuno, anche in vista della Conferenza sulla famiglia, prevista per
la fine di maggio. Del resto, uno degli obiettivi che avevamo posto alla
base di questa indagine era quello di *costruire, in questa legislatura,
le fondamenta di una svolta anche significativa sulle politiche della
famiglia* – sul piano sia legislativo sia dell’attività parlamentare – e
di sostenere la responsabilità del Governo per quanto riguarda le
funzioni di sua competenza, nel rispetto dei punti di vista della
maggioranza e dell’opposizione.

*Rosy BINDI*, Ministro delle politiche per la famiglia. (…)

Dal materiale sulla situazione delle famiglie italiane fornito dagli
enti di ricerca (innanzitutto l’ISTAT e l’Osservatorio) e dagli studiosi
che sono intervenuti, dalle richieste delle associazioni e delle parti
sociali – un mondo associativo tra l’altro ricchissimo, al punto che non
c’è settore della vita familiare che non abbia attori sociali
organizzati e determinati negli obiettivi da raggiungere -, nonché dalle
richieste dei sindacati e delle categorie produttive, credo siano emersi
due elementi di sintesi, che possiamo tenere presenti e che ritengo
siano alla base dell’azione di governo: da una parte, *la famiglia
italiana si è sicuramente indebolita* ma, d’altra, *resta una risorsa
fondamentale*, sulla quale è necessario investire attraverso *politiche
pubbliche, ma anche attraverso un cambiamento culturale* che deve
interessare tutti gli attori sociali.

In tal senso, devo dire che alcune delle richieste emerse nel corso
delle audizioni, che sono state numerose prima dell’approvazione
definitiva della legge finanziaria, sono state in parte recepite
nell’impianto che la legge finanziaria ha voluto far intravedere in
merito alle politiche della famiglia. Non intendo in questa sede
ripeterne i contenuti, perché recentemente abbiamo avuto modo di
confrontarci, anche su alcuni aspetti sui quali avevamo punti di vista
diversi. Tuttavia, il percorso che ci porterà alla Conferenza nazionale
e la Conferenza stessa dovrebbero essere l’occasione nella quale, a
partire anche dai risultati di quest´indagine conoscitiva, noi potremo
davvero predisporre un piano per le politiche della famiglia. Credo che
tale indagine conoscitiva chieda proprio questo al Governo e,
naturalmente, al Parlamento, che con il Governo è chiamato a
collaborare, in tutte le sue componenti: un piano che dia risposte
fondamentali alla vita delle famiglie al giorno d’oggi, e che lo faccia
cercando innanzitutto di coordinare tutte le politiche del nostro paese.

Ciò che sicuramente emerge è che *non è possibile difendere e sostenere
la famiglia attraverso politiche assistenziali e politiche di welfare,*
ma è necessario porla al centro delle strategie politiche complessive,
soprattutto quelle di natura macroeconomica e fiscale. Certo, le
politiche di welfare sono fondamentali – e noi puntiamo ad un welfare
che ponga al centro la famiglia -, ma sicuramente non sono adeguate a
rispondere alle necessità attuali della famiglia.

Credo che il piano nazionale debba servire proprio a questo, cioè a
porre la famiglia al centro di tutte le politiche, e che, al tempo
stesso, debba esplicitamente chiamare per nome le politiche familiari.

Noi stiamo organizzando la Conferenza, come dicevo, come un’occasione
nella quale porre le basi per la realizzazione di questo piano
nazionale. Alla Conferenza saranno invitati tutti gli attori
istituzionali e sociali (parti sociali e associazionismo), con i quali è
già iniziata la fase della consultazione e del coinvolgimento. È chiaro
che, attraverso le Commissioni competenti, sarà interessato anche il
Parlamento. Poiché le conferenze promosse dal Governo permettono
l’incontro tra saperi e poteri, i diversi livelli di conoscenza ed
esperienza su questa materia dovranno, naturalmente, essere coinvolti,
mantenendo un’attenzione particolare al pluralismo: è il paese, infatti,
che si dà appuntamento con tutte le sue sensibilità, senza dimenticare
nessuno.

La Conferenza dovrà quindi essere l’occasione in cui, attraverso la
famiglia, s´interrogano tutte le politiche e le scelte del paese, ma
s´individuano al contempo le priorità, destinate ad essere oggetto di
un’attenta programmazione: se è vero, infatti, che quest’ultima non deve
tralasciare nulla, al tempo stesso, deve sapere quali sono gli obiettivi
più importanti da perseguire e quali le risorse da destinare loro.

Tra l’altro, la Conferenza, svolgendosi a maggio, rientra nei tempi
utili per la redazione del Documento di programmazione
economico-finanziaria, al fine di fissare un piano per i prossimi anni e
di iniziare già da settembre con scelte della legge finanziaria ancora
più incisive. Mi auguro che, nel frattempo, vi sia anche la possibilità
di adottare provvedimenti che diano segnali immediati alle famiglie
italiane circa la destinazione dell’extra gettito. Come abbiamo
sostenuto a più voci, nella legge finanziaria era previsto un aiuto
consistente alle imprese, quindi è giusto che i buoni risultati di
questi mesi vadano prevalentemente a vantaggio delle famiglie. Il
Presidente del Consiglio, nella sua relazione al Parlamento in occasione
della crisi di governo, ha indicato nel bene-casa uno degli interventi
principali. Per bene-casa non s´intende soltanto l’ICI, con conseguente
attenzione al nucleo familiare, ma significa anche – e maggiormente, per
quanto mi riguarda – considerazione per quel 20 % degli italiani che non
è proprietario di un’abitazione.

Ma famiglia, oggi, significa anche figli e vecchi. Questa Commissione ha
più volte lanciato dei segnali, ad esempio attraverso gli assegni
familiari. La legge finanziaria, d’altra parte, ha compiuto delle
scelte, che abbiamo anche avuto modo di approfondire di recente e che,
al di là degli aspetti quantitativi, hanno il merito di aver realizzato
un impianto d´equità, sia attraverso le detrazioni sia attraverso gli
assegni familiari. Senza dubbio, tuttavia, restano aperti il capitolo
degli *incapienti* e quello della grande sfida dell’universalismo in
questa materia: parlo soprattutto degli autonomi, ma anche di
trasferimenti, attraverso la forma degli assegni ai figli, in misura più
consistente di quanto siamo stati in grado di assicurare con l’ultima
legge finanziaria.

Un altro problema sul quale questa Commissione è sempre tornata con
insistenza è quello della non autosufficienza, sul quale, come sapete,
sono pienamente d’accordo. A mio parere, destinare aiuti alle famiglie
significa essenzialmente questo. Aggiungo, peraltro, che in settimana
s´insediano i tavoli per il welfare, e credo che il Governo sarà in
grado di assumere rapidamente delle decisioni che arrechino immediati
vantaggi alle famiglie italiane. È necessario, tuttavia, inserire tali
decisioni in un programma più vasto di riforma del welfare italiano,
coerente con le scelte pluriennali che dovranno essere operate. È
chiaro, infatti, che *il fabbisogno per le famiglie,* che noi tutti
abbiamo individuato nel *2 % del prodotto interno lordo* e che altri
paesi europei hanno raggiunto in questi anni, rappresenta un dato
quantitativo ottenibile soltanto con un programma pluriennale.

Già il considerare la partita degli assegni familiari, della non
autosufficienza, d´altri interventi di natura fiscale, di politiche di
conciliazione o d´ammortizzatori sociali, comporta un costo talmente
ingente in termini di miliardi d´euro che non si può pensare di poter
raggiungere tale obiettivo in uno o due anni. Si tratta di programmi da
sviluppare nell’arco di una legislatura, e credo che il Governo stia
procedendo in questa direzione.

Concludo con una riflessione sulla necessità di approfittare del clima
positivo di questi mesi: dalle mie parti si dice che non tutto il male
viene per nuocere e non tutto il bene, a volte, è sufficiente. Dico
questo a prescindere dell’interpretazione di ognuno su cosa sia «bene» e
cosa sia «male». A mio parere, in ogni caso, il «male» sul quale
possiamo trovarci d’accordo sono gli accenti forse eccessivamente «da
steccato» che intorno a questo valore sono stati utilizzati di recente
nel nostro paese, da entrambe le parti politiche.

Se questo non è un dato del tutto positivo, credo tuttavia che non stia
nuocendo, nel complesso, al bene-famiglia, perché la discussione su
questo tema non è mai stata così ampia, né c’è mai stata una
mobilitazione così significativa intorno a questo bene pubblico.
Dobbiamo dunque approfittarne, poiché tale clima ci consentirà davvero
di compiere alcune scelte sulle quali il nostro paese è in ritardo, ma è
comunque in grado di colmarlo nei prossimi anni.

*Domenico DI VIRGILIO.*
Ringrazio il ministro per la pacatezza e la
precisione nell’esporre quello che, se realizzato, non potrebbe non
essere condiviso. Il mio intervento sarà breve, consistendo in sole tre
domande finalizzate ad una maggiore chiarezza.

È chiaro che non si può non essere d’accordo sul sostegno che lei chiede
per le famiglie. Mi riferisco, in particolar modo, alle *famiglie
numerose,* in favore delle quali noi di Forza Italia abbiamo predisposto
e depositato un progetto di legge.

Le chiedo, innanzitutto, qual è la sua opinione sul *quoziente
familiare.* In secondo luogo, vorrei sapere come si concilia la sua
richiesta di maggiore sostegno alle famiglie, anche in termini
economici, con il fatto che tali risorse potrebbero essere indirizzate
verso altri obiettivi, come i DICO, non condivisi da molti di noi.

Sul *fondo per la non autosufficienza,* tema da lei già affrontato in
questa Commissione nella precedente legislatura, credo vi sia una
notevole convergenza d´opinioni. Sono convinto, infatti, anche con
l´incarico d´operatore sanitario, che si tratta di un problema non
rinviabile: viviamo, come è noto, in una società che sta invecchiando –
fortunatamente -, ma con l’invecchiamento vengono alla ribalta numerose
problematiche, legate soprattutto alle persone non autosufficienti. Noi
auspichiamo che queste possano essere assistite a domicilio, ma in
un’epoca in cui tutti abbiamo bisogno di lavorare accade anche che esse
si ritrovino sole; è dunque necessario costruire attorno a loro un
anello di solidarietà efficace e concreta. A tal fine, dove trovare le
risorse?

Vengo alla terza ed ultima domanda. A Cernobbio – ho seguito con
attenzione le *dichiarazioni d´alcuni ministri* -, ho rilevato una
contraddizione. Il ministro dell’economia e delle finanze Padoa-Schioppa
ha sostenuto che l’extra gettito, al di là di come si è prodotto (non
c’è polemica su questo), debba essere utilizzato prevalentemente per
detassare o limitare l’imposizione fiscale sulle industrie, il che mi
trova assolutamente d’accordo. Il Presidente del Senato Marini, invece,
ha richiamato giustamente l’attenzione sul fatto che sono le famiglie
che in primo luogo andrebbero sostenute.

*Salvatore MAZZARACCHIO.
* Voglio dare atto al ministro di avere in
questo periodo sostenuto con molto impegno ed insistenza le ragioni di
una maggiore attenzione nei confronti della famiglia. Questo, però, sta
a significare che sia il Documento di programmazione
economico-finanziaria sia la stessa legge finanziaria non avevano tenuto
nel debito conto le esigenze della famiglia italiana. L’insistenza del
ministro, oggi, va sostenuta perché, evidentemente, lei stessa si è resa
conto che purtroppo le risorse stanziate in finanziaria sono
assolutamente insufficienti.

Vi sono, dunque, alcuni problemi che andrebbero affrontati da subito.
Non c’è dubbio, infatti, che per affrontare le tematiche della famiglia
nella sua complessità non basta né una legge finanziaria né una
legislatura. Su questo siamo d’accordo. Ci sono, però, alcuni punti
fondamentali, che possono sembrare irrilevanti ma che per le famiglie
numerose e per quelle bisognose sono iniquità intollerabili. *Quali sono
queste iniquità?* Per le famiglie numerose, ad esempio, le tariffe
dell’acqua e dell’elettricità. Non si tiene in alcun conto il fatto che
la famiglia numerosa paga come qualsiasi altra, senza distinzioni;
questo pesa moltissimo. Elenco queste problematiche affinché possano
essere affrontate a prescindere dal quadro generale.

La stessa *fiscalità dello Stato quasi invoglia alla separazione,*
perché la tassazione è diversa (con aliquote differenti) se si è coniugi
o se si è separati: ne consegue quasi un incoraggiamento a sfasciare la
famiglia, piuttosto che a potenziarla. Questo è un altro elemento
fondamentale che bisognerebbe affrontare al più presto.

Quanto alla certificazione ISEE, occorre consentire l’accesso ai servizi
in base all´effettiva consistenza economica familiare. La stessa ASL –
vengo al settore sanitario, che ci riguarda -, purtroppo, tiene conto
del documento ISEE, e non del CUD. Questo significa che il reddito non è
«spalmato» a seconda della consistenza del nucleo familiare; sicché, se
la regione stabilisce una certa cifra per la detrazione sui farmaci o su
altre aliquote da pagare per patologie varie, non tiene conto se una
famiglia ha un figlio o ne ha cinque. Stabilito che il reddito per avere
accesso a queste risorse è di 30 mila euro l’anno, non si distingue se
tale somma è «spalmata» su cinque o su due persone; quindi, si
privilegia il CUD anziché il documento ISEE. Anche questa è una
correzione da introdurre, perché tale scelta sottrae redditi alla
famiglia numerosa e bisognosa.

*Donato Renato MOSELLA.
*Condivido molto il rilievo che non tutti i mali
vengono per nuocere. Indubbiamente, *c’è un clima d´attenzione rispetto
al tema della famiglia,* che può essere un’occasione «plurale», anche se
non posso fare a meno di pensare che il cammino che ci attende, sotto
certi aspetti, è abbastanza complicato.

Al di là della Conferenza, lei ha concluso il suo intervento dicendo che
sono necessarie scelte rispetto alle quali il nostro paese è in ritardo.
Avverto – anche dalle sue affermazioni – che fin dall’inizio lei ha
fatto una ricognizione molto seria sullo stato dell’arte.

Le rivolgerò, dunque, due domande le cui risposte potrebbero essere per
noi di grande utilità.

La prima domanda è la seguente. Nella sua ricognizione, lei ha potuto
verificare, relativamente alle regioni che hanno attuato politiche in
favore della famiglia, *se si evidenzia ancora una volta una differenza
tra il nord e il sud,* così da poter prefigurare – anche nel percorso
che sta impostando per la Conferenza di maggio – i modelli di
riferimento per colmare i ritardi esistenti nelle zone più svantaggiate?
Posto che esiste anche un sud al nord, cito l’esempio del sud per
riferirmi alle regioni maggiormente in difficoltà.

Infine, lei ha detto che siamo in ritardo rispetto ad altri paesi. Mi
chiedo, a questo punto, *se i modelli stranieri di welfare siano stati
analizzati.* Avete preso in considerazione qualcosa di significativo che
possa essere utile al nostro paese? Credo che anche questa sia
un’opportunità da utilizzare nel prosieguo del lavoro, anche in sede di
Conferenza.

*Luisa CAPITANIO SANTOLINI.*
Mi limiterò a sottolineare soltanto alcune
cose, che in parte il ministro già conosce, come le conosciamo tutti
noi; poiché repetita iuvant, rimarranno agli atti e a futura memoria.
Sono d’accordo solo in parte con quanto ha affermato il ministro, ma
comunque è bene confrontarsi. Sono contenta che ci sia un ministro per
la famiglia, come ho detto fin dal primo giorno. Questo è fuori
discussione.

Sono d’accordo col ministro quando afferma che occorre *un cambiamento
culturale* e che questo deve interessare tutti gli attori. Ciò è
assolutamente indispensabile. Sono convinta – e lo ripeto da molti anni
– che dietro ad ogni politica, ad ogni scelta vi sia un certo tipo di
cultura, un certo tipo di società che si vuole immaginare, un certo tipo
di percorsi da compiere, condivisi o non condivisi. Il problema è
culturale, poi diventa politico, quindi economico: secondo me, i
passaggi sono assolutamente chiari.

Il cambiamento culturale, a mio avviso, sembra invece ancora lontano dal
realizzarsi. Questo mi preoccupa, in quanto, finché non saremo d’accordo
sul cambiamento culturale, temo che le politiche familiari e le
conseguenti politiche economiche saranno comunque un po’ zoppicanti.

Quanto al cambiamento culturale, non intendo in questo momento aprire la
polemica sui DICO, poiché n´abbiamo già parlato e non è questa la sede
per riprendere tale questione. Non voglio fare un discorso polemico, ma
solo sottolineare quello che, a mio avviso, non ha assolutamente
aiutato; ci saranno altre occasioni per confrontarsi su tale questione.
Il progetto di legge in materia è attualmente all’esame del Senato;
quando arriverà in questa sede, avremo modo di esprimerci e di
confrontarci su di esso. Siamo pronti e attrezzatissimi!

A parte la questione relativa ai DICO, vi è un discorso di fondo che
riguarda la famiglia; a tale proposito, mi rifaccio a quanto detto in
questa Commissione e nelle audizioni che abbiamo svolto. Quando il
ministro afferma che *le politiche dovrebbero essere guardate attraverso
il prisma della famiglia,* che dovrebbe essere l’obiettivo attraverso
cui guardare tutti gli interventi, ha ragione, poiché, direttamente o
indirettamente, alla fine, si agisce sulla famiglia e, nel bene e nel
male, la si penalizza o la si promuove. In questo senso, non vi è
un’altra possibilità di scelta.

È altrettanto vero che bisognerebbe realizzare un piano di politiche per
tutto il paese; tuttavia, mi domando, e domando al ministro, come si
possa realizzare un piano di questo genere, ambizioso, impegnativo – e,
aggiungo, costoso -, nonché in grado di durare tutta la legislatura, se
i sindacati e la Confindustria (che pongo sullo stesso piano) sono a
galassie di distanza rispetto alle cose su cui, sicuramente, io ed il
ministro concordiamo. Devo, infatti, sottolineare che, fra gli auditi,
vi sono persone, soggetti e associazioni lontanissimi dalle logiche, dai
criteri e dagli obiettivi delle politiche familiari.

Mi domando, pertanto, quanto tempo ci vorrà e come si potrà organizzare
la Conferenza di cui parla il ministro. Se a tale Conferenza saranno
convocati davvero tutti gli attori, mi piacerebbe sentire, ad esempio,
quello che diranno i sindacati e la Confindustria, poiché non è
possibile che ai tavoli dove si conducono le trattative per i contratti
di lavoro e quant’altro si parli di tutto tranne che di famiglia. E non
è possibile che i sindacati continuino a parlare del problema dei soldi
da dare ai lavoratori dimenticandosi che ogni lavoratore ha dietro di sé
una moglie o un marito, dei figli, delle madri e dei padri.

Inoltre, il ministro ha ragione quando dice che non bisogna fare solo
assistenza e welfare. Sono assolutamente d’accordo. Lei, ministro, mi
conosce da molto tempo e sa che da anni affermiamo queste cose; quindi,
quando le sentiamo dire in queste aule, siamo soddisfatti. Il problema,
proprio perché non riguarda solo il welfare, investe anche la politica
del lavoro, del fisco e della scuola.

A mio parere – espongo il pensiero mio e del gruppo a cui appartengo -,
la politica della scuola ha penalizzato la famiglia. È chiaro che il
ministro Bindi non può rispondermi per conto del ministro Fioroni, ma è
assolutamente evidente che le politiche per la famiglia transitano anche
attraverso un discorso relativo alla presenza delle famiglie nella
scuola. Nell’ambito di questa futura Conferenza, mi piacerebbe anche
ascoltare le ragioni per cui alcune presenze della famiglia nella scuola
sono state smantellate, in conseguenza d´iniziative che sono il frutto
di un patto tra il ministro Fioroni e i sindacati. In questo senso,
alcune cose, mi preme sottolinearlo, sono state fatte in maniera
abbastanza unilaterale.

Quanto alle politiche fiscali, signor ministro, lei sa benissimo che non
siamo d’accordo sulle strategie di fondo. Si tratta di un fatto
culturale – lo dico a futura memoria, sapendo bene che il Governo ha la
responsabilità di quel che fa e che, quindi, farà quel che ritiene la
maggioranza, ma ritengo che insistere sugli assegni familiari sia un
atteggiamento datato, superato; bisogna, invece, pianificare altri tipi
d´interventi, che non consistano però nel prendere soldi alle famiglie
attraverso le tasse restituendoglieli sotto forma d´assegni familiari o
quant’altro (perché questo è un passaggio macchinoso ed ingiusto),
quanto piuttosto nel lasciarglieli, senza tassare quelli spesi dalle
famiglie per i figli, perché sono soldi già investiti per il futuro del
nostro paese.

Questo è un problema culturale di fondo. Dato che i soldi dell’extra
gettito ci sono, apprezzo che il ministro li voglia destinare alle
politiche per la famiglia, ma il ministro Padoa-Schioppa non ha
sostenuto la medesima cosa, quindi, vi è una contraddizione nell’ambito
del Governo. Questo, ovviamente, non è un nostro problema, ma lo
sottolineo perché mi preoccupa nei termini indicati, compresa la grande
sfida dell’universalismo. Da questo punto di vista, senza dubbio e senza
alcun timore di essere smentita, il ministro può contare sulla nostra
totale adesione e sul nostro completo sostegno.

Di famiglia non si è mai parlato tanto, e questo in parte è vero, ma – a
mio avviso – è bene che se ne parli a condizione che ciò avvenga in
maniera corretta, nel senso che, se tutto è famiglia, niente poi lo è.
Quindi, quanto all’impegno del ministro su tali questioni, sottolineo
che è necessario che ci s´intenda su quanto s´intende fare.

Relativamente alla casa e all’ICI, sono d’accordo con quanto detto dal
ministro, ma non lo sono quando questi pone l’attenzione su quel 20 % di
italiani che non hanno una cosa, perché – a mio giudizio – si tratta
sempre di un problema di priorità: prima dobbiamo prestare attenzione
agli italiani che hanno figli e, poi, a quelli che non hanno una casa.

Inoltre, non è vero che l’emergenza sociale, oggi, sia rappresentata
dagli anziani perché, da recenti dati della Banca d’Italia – che lei,
ministro, conoscerà certamente -, risulta che in Italia la vera
emergenza sociale è costituita dai minori da 1 a 12 anni, ovvero che la
categoria maggiormente a rischio di povertà è quella dei minori, poiché
gli anziani, che certamente hanno tutta la nostra solidarietà, sono, in
qualche modo, molto più tutelati anche dalle leggi regionali, o a
livello locale.

Infine, sono d’accordo sui non autosufficienti. In questo settore, la
legge finanziaria ha ampiamente deluso le aspettative. Siamo, infatti,
tutti concordi nel dire che 100 milioni d´euro non sono assolutamente
sufficienti.

*Francesco Paolo LUCCHESE.*
Cercherò d´essere brevissimo, anche perché
quanto detto dal ministro mi pare coincida con quanto abbiamo ascoltato
nel corso delle varie audizioni.

In particolare, il ministro ha parlato di famiglia indebolita,
aggiungendo che, pur essendo indebolita, è comunque una risorsa. Nel
corso delle audizioni ci sono state descritte tutte le diverse tipologie
di famiglie; c´è stato detto che la famiglia non è più quella di una
volta, nel senso che n´esistono altre tipologie, ovvero quella separata,
quella allargata, e quant’altro. È necessario, quindi, porre mano e
pensare a questi tipi diversi di famiglia, considerando, in ogni caso,
che la famiglia, come ha detto il ministro (e su ciò siamo d’accordo), è
sempre una risorsa.

Il piano per le politiche per la famiglia deve essere al centro, secondo
il ministro, di una strategia complessiva e non particolare. Anche su
questo siamo d’accordo.

Quando però il ministro si sofferma sulle priorità e sui segnali da
dare, mi pare che su questo punto «caschi l’asino», dal momento che i
segnali sono sempre segnali, quindi bisogna vedere come li si
interpreta, mentre sarebbero necessarie risposte concrete. Il ministro,
comunque, ha sintetizzato la questione in tre punti, ovvero la casa (a
proposito della quale ha accennato anche all’ICI, che è un mio
«pallino», in quanto me n´occupo da tanti anni), i figli (ha parlato dei
figli piccoli e dei minori in genere) e gli anziani (e, tra questi, ha
fatto riferimento ai non autosufficienti).

Il problema, quindi, è complesso. Il ministro, a quanto ci ha detto, si
è impegnata molto nell’ambito dell’ultima legge finanziaria, ma il suo
impegno non è stato premiato, dal momento che, come ha ammesso, non ha
ottenuto molto. Effettivamente, è stato così. Ora, però, è sua
intenzione chiedere di più. Vi è il «tesoretto» del ministro
Padoa-Schioppa, alla cui porta tutti vanno a bussare, tanto che mi pare
sia in atto una specie d´assalto alla diligenza, come si diceva una
volta. Il ministro Bindi, nel contesto di questo «assalto», sta cercando
di vedere cosa vi sia in questo «tesoro» per la famiglia. Il ministro
della solidarietà sociale chiede qualcosa in più per la non
autosufficienza e, proprio su questo punto, chiederei al ministro della
famiglia di accordarsi con il ministro della solidarietà sociale per
ottenere maggiori fondi da destinare alla non autosufficienza.

Contemporaneamente, chiederei al ministro del lavoro di impegnarsi per
un aumento delle pensioni minime, poiché il problema è di tipo
economico; le pensioni minime sono il problema dei problemi per molte
famiglie italiane. Questo problema s´ingigantisce quando le famiglie
hanno a carico anche soggetti invalidi, deboli, sia anziani che giovani.
La presenza di tali soggetti in una famiglia che ha pensioni minime – a
mio avviso – è un problema importante. La questione, dunque, è
complessa, nel senso che non riguarda solo il Ministero delle politiche
per la famiglia, ma tutto il Governo, che deve impegnarsi per incidere
significativamente su tali situazioni.

Mi auguro che, a fronte di tutte queste problematiche, l’orientamento
sia quello di soddisfare le esigenze di tutti. Intendo dire che i
diritti individuali devono giustamente essere soddisfatti – noi non
siamo contro tali diritti -, ma senza togliere niente alle famiglie;
infatti, si può dare agli uni e agli altri, senza fare, come si dice,
una guerra tra poveri, senza, cioè, dare ad uno e togliere ad un altro.

Infine, auguro al ministro che questa battaglia, che ci vedrà vicini a
lei, venga coronata da successo, per accedere, non al «tesoretto», ma a
qualcosa che possa onorare la famiglia, che è al centro dell’attenzione
della società italiana.

*Massimiliano SMERIGLIO.
* Riferendomi in particolare alla questione
della casa, relativamente sia all’ICI sia al 20 per cento a cui
accennava, mi preme sottolineare che le percentuali non ci raccontano la
biografia delle persone. Si parla, infatti, di 10 milioni di persone e
di un problema particolarmente consistente nelle aree metropolitane e
nelle grandi città. Negli ultimi cinque anni, vi sono stati 210 mila
sfratti, di cui 150 mila per morosità, di persone, anche del ceto medio,
che non arrivavano più alla fine del mese. Credo, pertanto, come
affermato dal ministro, che su questo aspetto sia necessario intervenire.

Vorrei fare solo una raccomandazione. Noi, oggi, spendiamo per il bonus
casa circa 211 milioni d´euro. Ritengo si tratti di una misura che fa
fronte ad un’emergenza e che, quindi, non può essere smantellata; ma
ritengo, altresì, che non sia la risposta strutturale che cerchiamo,
poiché costituisce un´ulteriore «droga» nel mercato degli affitti
privati. Abbiamo bisogno di sapere che la risposta non può continuare ad
essere questa. Credo che servano riforme strutturali, un’offerta
pubblica per l’affitto e case pubbliche. Nel 1984, in Italia, sono stati
costruiti 37 mila appartamenti pubblici; nel 2004, ne sono stati
costruiti 1900 (questi sono i dati). Siamo l’ultimo paese, a livello
europeo, negli investimenti per la casa, dove casa significa qualità
dell’abitare, non solo un tetto, ma anche tutta una serie di servizi ed
opportunità d´accesso per le persone.

Inoltre, occorre riflettere sui danni causati al ceto medio dalle
cartolarizzazioni (a seguito delle quali vendiamo cinque e costruiamo
uno), con il conseguente enorme problema che riguarda la casa e le
città, in particolare.

A differenza del ministro, ritengo che i danni facciano male, ma
utilizzerei di più l’immagine del filosofo che dice che la salvezza è
nel luogo del pericolo e che, quindi, tornanti difficili come questo si
affrontano con coraggio e determinazione.

*Katia ZANOTTI.*
In primo luogo, credo non sia utile continuare a
ragionare in termini di contrapposizione tra diritti della famiglia e
diritti individuali. Superiamo questa discussione. In secondo luogo, non
credo sia utile ragionare in termini di contrapposizioni generazionali,
ovvero che i problemi dell’infanzia siano più urgenti di quelli degli
anziani. Faccio fatica a ragionare in questi termini, proprio perché
sento che la famiglia è una grande risorsa che vive, come si è detto,
terribili situazioni di fragilità, nel senso che, quando è «normale», si
destreggia, quando mancano i servizi per l’infanzia, si arrangia, quando
vi è un anziano a carico, è disperata, quando vi è un disabile a carico,
è enormemente disperata.

In tal senso, condivido quanto detto dall’onorevole Capitanio Santolini,
ovvero che vi è un problema culturale; tuttavia, io lo vedo da un punto
di vista diverso e mi auguro che venga affrontato in sede di Conferenza.
Le audizioni ci hanno rappresentato il quadro dell’articolazione della
famiglia, con le sue tipologie ed anche con le sue dinamiche ed i suoi
posizionamenti sociali molto mobili. Mi auguro che la Conferenza di cui
si parla ci consenta di compiere uno scatto in avanti. Sollecito tutti
noi ad impegnarci in un ragionamento di cultura sulla famiglia. In
questo senso, cito solo un esempio, per essere più chiara, relativamente
alle politiche della conciliazione.

Leggo sui giornali, oggi, che la già bassa percentuale di padri che
chiedevano il congedo parentale è diminuita ancora di più. In Italia,
evidentemente, non funzionano le politiche della conciliazione, vi è
ancora una suddivisione dei compiti di cura improntata ad una grande
disparità. Chiedo, dunque, se vogliamo lavorare su questo. Intendo dire
che non si tratta solo di una questione di monetizzazione per la
famiglia o di rete di servizi, ma di qualcosa che va oltre.

Infine, una volta conclusa la discussione in corso su alcuni
provvedimenti, riprenderemo in mano il tema della non autosufficienza a
livello parlamentare. Mi rivolgo, un po’ accorata, al ministro Bindi,
con la quale abbiamo condiviso tanti anni di lavoro comune; farei lo
stesso con il ministro Ferrero e con il ministro Turco, perché penso che
questo paese abbia urgente bisogno di un segnale.

Nell’indicazione delle priorità, l’extra gettito e l’ICI sono elementi
assolutamente positivi, ma chiedo – mi rivolgo al ministro Bindi, la
quale sa che questo è un punto forte di condivisione – se sia possibile,
sulla non autosufficienza, cominciare gradualmente a dare dei segnali
che vadano oltre la previsione dell’istituzione del relativo fondo nella
legge finanziaria. Mi soffermo su questo perché noi, come Parlamento,
riprenderemo in mano tale proposta. È già pronto il progetto di sintesi
– avverto i colleghi – e stiamo lavorando sulla copertura finanziaria,
ma è del tutto evidente che l’interlocuzione col Governo è il passaggio
dirimente per dare seguito a questa proposta.

*Leopoldo DI GIROLAMO.
* In primo luogo, signor ministro, sono
profondamente d’accordo con lei quando afferma che le politiche per la
famiglia devono essere trasversali, nel senso che devono informare tutta
l’azione del Governo, poiché ciò – a mio avviso – è un elemento
fondamentale per la coesione sociale del paese. E la coesione sociale è
il primo fattore di competitività di un paese. Pertanto, ritengo molto
importante quest´impostazione.

Inoltre, noto che, dopo le vicende della legge finanziaria, la
situazione di questi ultimi mesi ha dimostrato, in primo luogo, che
eravamo nel giusto quando abbiamo attuato lo «spacchettamento» dei
ministeri e, in secondo luogo, che nella stessa legge finanziaria (su
questo punto, naturalmente, il nostro giudizio è diverso da quello dei
colleghi dell’opposizione) vi è stata un’attenzione importante alla
famiglia, proprio a partire dalle misure adottate in tema di servizi
(asili nido, libri gratuiti per la scuola dell’obbligo, detassazione dei
bonus per l’attività sportiva, riportare il fondo sociale ad una quota
che permetta ai comuni di erogare servizi a categorie e persone in
grandi difficoltà) e da quelle relative alle famiglie numerose.

In questo senso, la politica degli assegni familiari – abbiamo dato un
miliardo e 900 milioni di euro in più alle famiglie – è in linea con la
particolare attenzione riservata alle famiglie numerose, perché è il
tipo di politica che segnava in quella direzione. Credo, quindi, che
siamo nella direzione giusta e, proprio per questo, la mia richiesta
d´approfondimento – anche se lei ne ha annunciato le linee e i punti
strategici – riguarda i cardini su cui il ministro intende fondare la
Conferenza nazionale di maggio, in modo che anche la nostra Commissione
si possa preparare adeguatamente.

*Lalla TRUPIA.
* Vorrei chiedere al presidente ed al ministro se avremo
modo di tornare su un punto che a me sta piuttosto a cuore, perché lo
ritengo importantissimo, ovvero lo svolgimento e la qualità della
*Conferenza sulla famiglia.* È vero quel che dice il ministro (che
ringrazio per il lavoro, l’impegno ed i risultati, che in parte si
riscontrano nell’azione di governo sulla famiglia, nonché per aver fatto
puntare, insieme a qualche altro collega, i riflettori su questo grande
problema, anche se sono tra coloro che ritengono che nel nostro paese,
spesso, i riflettori illuminano un film già visto, abbastanza trito e
ritrito), cioè che spesso, o quasi sempre, si privilegia la
contrapposizione tra principi, anziché partire da un principio, a mio
avviso, diverso, ovvero dalla realtà. Del resto, la nostra indagine
conoscitiva e le audizioni svolte sono servite proprio a questo, e spero
siano utili anche al fine di chiarire questo aspetto in sede di Conferenza.

In tal senso, la Conferenza potrà essere utile se riuscirà a far fare un
passo avanti per superare l’ideologismo conflittuale, lo scontro fra
strati e modelli familiari, e se, attenendosi al principio della realtà,
riuscirà a far inserire davvero le politiche familiari – al riguardo
sono d’accordo con il ministro -, quali questioni dinamiche essenziali,
all’interno delle politiche economiche e di sviluppo proprie di un paese
europeo. In altri termini, la Conferenza sarà utile se ci farà uscire da
una visione di welfare caritatevole, ovvero semplicemente di supporto,
non perché non ce ne sia bisogno – è evidente che è ancora necessario -,
ma perché occorre mettere in atto una politica dinamica e attiva.

Se si riuscisse a compiere tale operazione culturale – sono d’accordo
con l’onorevole Zanotti e con i colleghi che hanno sostenuto questa tesi
-, credo che vi sarebbero alcune azioni da realizzare insieme, la prima
delle quali consiste nel capire come ridurre le differenze inique tra le
famiglie ed aiutarle a superare le fragilità più acute. A questo
proposito, bisogna considerare più elementi, non solo le famiglie
numerose, ma anche quelle dei single, in gran parte donne sole e donne
anziane.

A ciò si aggiunge la questione, grande come una casa, della non
autosufficienza. Sono d’accordo con la collega Zanotti che non può
essere considerata una questione tra le altre, dal momento che ormai
interessa, in larga parte del paese, la stragrande maggioranza delle
famiglie italiane ed è fonte di sofferenze e d´ingiustizie. Su tale
questione occorrerebbe fare una scelta di priorità, di carattere sia
finanziario che politico. Occorre, quindi, uscire dal welfare caritatevole.

Vi sono, inoltre, i giovani, ed occorre trovare il modo di favorire le
famiglie, le convivenze. Il bene-casa è, indiscutibilmente, uno di
questi problemi, come lo sono il lavoro di cura e la conciliazione dei
tempi.

La seconda azione, infine, consiste nel favorire anche le estensioni dei
diritti di libertà individuale, dentro la famiglia e tra le famiglie,
perché sono convinta, come tutti voi, che la famiglia o le famiglie
possono essere un luogo di promozione dinamico e positivo di questi
diritti, ma anche un terribile luogo di conflitto e di coercizione degli
stessi diritti e delle stesse libertà.

In conclusione, rispetto a quanto mi attendo dalla Conferenza, chiedo al
ministro se, più avanti, sia possibile discutere ancora in questa
Commissione sull’impostazione di tale Conferenza, perché ritengo che, se
l’approccio culturale sarà di discontinuità totale e non di confronto
serio, essa rischia di non produrre l’effetto che noi tutti auspichiamo. (…)

*Rosy BINDI,* Ministro delle politiche per la famiglia. In premessa,
dico subito che m´impegno a tornare in questa sede, tra quindici giorni,
quindi prima di Pasqua, per parlare della Conferenza, poiché è mio
interesse prepararla anche con voi. (…) Su una cosa non siamo d’accordo
con i colleghi dell’opposizione, ovvero sull’interpretazione delle mie
parole. Io non ho detto che la legge finanziaria non andava bene, ho
detto che con la legge finanziaria abbiamo fatto il primo passo e che
vogliamo farne altri; ma anche il primo passo è stato, a mio avviso, un
passo giusto. Ricordo, in questo senso, non solo il fondo per la
famiglia, ma anche i 3 miliardi d´assegni familiari e detrazioni, nonché
i fondi per la politica sociale, per i giovani e per la non
autosufficienza, che, comunque, hanno a che fare con la famiglia. Le
politiche per il lavoro e gli interventi in materia di lavoro sono,
anch’essi, politiche per la famiglia.

Le scelte, quindi, sono evidenti e precise; è chiaro che non sono
sufficienti e che occorre andare avanti, ma credo che il Governo abbia
costruito l’impianto. Non a caso, infatti, ho fatto riferimento alle
date delle audizioni, molte delle quali sono state svolte prima che
fosse approvata la legge finanziaria, e credo che molte risposte agli
interrogativi posti siano contenute nella stessa.

Naturalmente (…), credo che il ministro Padoa-Schioppa non si
sorprenderà se affermo che, a mio avviso, l’extragettito dovrebbe, in
gran parte, essere destinato alle famiglie. È ovvio che noi siamo molto
impegnati nella crescita e nel sostegno alla competitività del sistema
economico italiano (credo che questo non possa assolutamente essere
dimenticato), ma a mio avviso è necessario che i vantaggi di una legge
finanziaria sicuramente positiva e delle scelte che il Governo ha
compiuto fino ad oggi, e che stanno dando risultati, devono, in larga
parte, essere indirizzati verso le famiglie. Tra l’altro, questo
significa anche crescita, perché non vi è dubbio che avere famiglie più
forti significa anche avere consumi più forti, economia più forte, e
quindi una crescita più equilibrata, che è ciò che a noi tutti sta a cuore.

Detto questo, è chiaro poi che tra di noi – soprattutto tra maggioranza
ed opposizione, ma anche all’interno della stessa maggioranza – vi sono
delle differenze d´impostazione circa il modo di utilizzare queste risorse.

Anche sul quoziente familiare, mi piacerebbe dedicare a questo tema una
seduta un po’ più lunga, magari preceduta dall’audizione di qualche
esperto, anche con impostazioni culturali diverse. Credo che questo sia
un altro tema sul quale è opportuno confrontarsi, perché, anche a questo
proposito, non si tratta solo di una questione di simpatia per
un´espressione. Vi è, infatti, la possibilità di utilizzare un dato
oggettivo, rappresentato dai numeri, con riferimento alla situazione
italiana (naturalmente, a partire da oggi), sul quale credo che, se ci
confronteremo serenamente, probabilmente potremo trovare un punto
d´incontro o, quantomeno, potremo avere un dialogo maggiore tra di noi.

*Non sono favorevole* *al quoziente familiare,* come sapete. Sono
convinta che il nostro paese non si possa permettere una riforma che
costa 15 miliardi d´euro, soprattutto perché finirebbe per non arrecare
vantaggi a quella parte della popolazione che, invece, ne ha bisogno e
che, guarda caso, è costituita proprio dalle famiglie a reddito
medio-basso con figli. È chiaro, però, che su questo tema occorre
superare le posizioni di parte ed incominciare a guardare i dati
concreti. Credo che, anche su tale questione, questa Commissione
potrebbe fare una serena verifica, sulla quale potremmo confrontarci.

Vorrei soffermarmi su un altro punto. Uno dei vantaggi delle politiche
familiari è il superamento del conflitto fra le generazioni, insito nel
nostro paese. Quando dico che manca una cultura sulla famiglia, non
intendo scomodare le idee etiche o a rischio d´impostazioni ideologiche,
ma voglio semplicemente dire, molto serenamente – e in questo coinvolgo
anche le parti sociali, da una parte e dall’altra -, che il sistema
produttivo italiano deve convincersi fermamente che l’indebolimento
dell’istituto familiare non conviene alla crescita del paese, mentre un
andamento demografico diverso conviene all’Italia e all’economia
italiana. In questo senso, la tenuta in un principio di libertà e di
responsabilità personale dell’istituto familiare va a vantaggio della
crescita del paese, e, pertanto, a tale obiettivo non si può fare fronte
con le sole risorse pubbliche, ma vi devono essere destinate, in parte,
anche quelle private.

I sindacati, quando si siedono ad un tavolo per negoziare il rinnovo di
un contratto, devono cominciare a capire che, se le risorse non vengono
ridistribuite a favore delle famiglie con figli, dei giovani e degli
anziani non autosufficienti, questo paese non ha futuro. Oggi, infatti,
sono queste le fasce sulle quali è necessario intervenire, ovvero i
grandi anziani non autosufficienti, il mondo dei giovani, le famiglie
con figli. È evidente che fare questo significa compiere scelte di
redistribuzione che non possono piovere dall’alto, ma sulle quali
occorre creare consenso sociale. Se le politiche di conciliazione e le
politiche sui congedi parentali sono al punto in cui sono, è perché non
si è mai investito su di esse sufficientemente ed in modo adeguato, in
termini non solo di risorse pubbliche (fra l’altro, nella legge
finanziaria, abbiamo raddoppiato le risorse per l’articolo 9 della legge
n. 53 del 2000, che sono passate da 20 a 40 miliardi), ma anche di
risorse private. Il grande capitolo dei congedi parentali e del
riconoscimento del lavoro di cura non può, infatti, fare riferimento
soltanto ad un fondo pubblico.

È chiaro che, quando si parla di «alleanza per la famiglia», si va a
toccare anche il momento dell’incontro fra le volontà delle parti
sociali. Questo è un punto sul quale credo che dobbiamo lavorare
insieme, proprio in nome del principio di realtà al quale tutti hanno
fatto riferimento. Non credo che la situazione delle famiglie con figli
possa essere confrontata con quella, che rasenta la povertà, di molti
anziani e, soprattutto, con il tema della non autosufficienza. Su
quest´aspetto, dobbiamo cercare di trovare un punto d´incontro, perché,
altrimenti, non si fanno politiche per la famiglia.

Inoltre, senza riaprire tra di noi il tema degli steccati e delle
differenze ideologiche, credo che le politiche per la famiglia ex
articolo 29 della Costituzione e le politiche per la famiglia che
l’Istat fotografa ogni anno in questo paese non possano essere pensate
in contrapposizione al riconoscimento dei diritti individuali delle
famiglie, soprattutto in termini di risorse. Vorrei che su
quest´argomento fosse possibile un incontro. Non mi riferisco alla
funzione della famiglia, non è questa la sede. La legge regola o educa,
non è necessario intavolare una lezione di filosofia del diritto fra di
noi, perché probabilmente anche questa richiederebbe un’altra seduta
(ma, forse, non è neanche competenza di questa Commissione).

In termini di risorse, mi preme farvi notare, in primo luogo, che il
disegno di legge che arriverà, forse, alla Camera, e che ora è in
discussione al Senato, costa due milioni in termini di minore gettito,
in quanto, in quel provvedimento, è previsto che il favore fiscale per
le successioni si estenda al convivente dopo nove anni. (…). Detto da
chi aveva eliminato l’intera tassa di successione, mi sembra una
riflessione un po’ bizzarra! È lì il punto focale; su questo tema non
dobbiamo fare questo tipo di ragionamento, perché ci porta fuori strada.

A proposito dei diritti individuali, inoltre, la cosa ancora più
interessante è che *i paesi che hanno riconosciuto quelli dei conviventi
sono paesi con fortissime politiche familiari.* Penso, quindi, che
dobbiamo avere, innanzitutto, forti politiche per la famiglia, per le
quali sono necessarie molte risorse che, a mio avviso, dobbiamo
individuare, per poi destinarle alle politiche per la famiglia italiana.
Successivamente, il legislatore, che predispone anche norme di natura
ordinamentale (perché di questo si tratta), verificherà fino a che punto
vi è consenso su questo capitolo. È un altro percorso, non è una
distrazione di risorse né economiche, né intellettuali, né politiche;
vorrei che su questo riuscissimo a lavorare insieme serenamente. Quanto
alle tariffe per le famiglie numerose, sapete che sono previste nella
legge finanziaria. Con le autorità competenti, stiamo mettendo in campo
una sperimentazione – che ci costerà qualche soldo, ma i soldi ci sono
*nel fondo per la famiglia* ed a questo saranno destinati -, che potrà
andare, da subito, a vantaggio delle *350 mila famiglie definite come
numerose,* ovvero quelle con più di quattro figli, a partire dalle
tariffe dei servizi. È possibile fare immediatamente questo discorso.

Relativamente al tema della casa, mi pare che siamo abbastanza d’accordo.

*http://legxv.camera.it/_dati/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg15/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg15/lavori/bollet/200703/0320/html/12/*