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“MA DOVE SONO I BAMBINI?”

“MA DOVE SONO I BAMBINI?”

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“Ma dove sono i bambini?” mi ha chiesto l’altro giorno Fabio, 6 anni, mentre gironzolavamo in centro. Certo ce ne siamo accorti tutti: basta un giretto. In giro bambini non ce n’è; per questo quando le famiglie numerose si muovono tutte insieme fanno scalpore, e la gente ci nota e ci guarda.
I numeri dell’inchiesta promossa dall’Istituto delle Politiche Familiari di Madrid confermano la nostra impressione (solo 1 giovane su 7 adulti, in Italia!) e quanto ANFN sta da tempo chiedendo: più attenzione alla famiglia, ai bambini, perché stanno scomparendo, come stavano scomparendo le famiglie numerose. Nel giro di 25 anni, una generazione, aborti, divorzi, denatalità, immigrazione, hanno cambiato il volto dell’Europa. Le famiglie sono più piccole, le persone sempre più sole.
In un incontro dibattito organizzato dal neonato Forum provinciale di Bergamo, Luisa Santolini, per molti anni presidente del Forum Nazionale, ha affermato che siamo vittime di un grande attacco alla famiglia, un attacco che è prima di tutto una questione antropologica. “C’è in atto“ ha affermato la Santolini “ un tentativo di rifare l’uomo realizzando la lusinga diabolica del “sarete come dei ”.
Aborto, l’omologazione dei ruoli che tende ad annullare la differenza tra uomo e donna, la possibilità di riprodurre la vita in vitro, eliminando la presenza del padre, il tentativo di levare alla donna l’unicità del generare e la sua sacralità, la possibilità di scegliere l’inizio e la fine della vita (eutanasia).
Unica, resiste la famiglia, luogo delle diversità, dove si proteggono i più deboli, dove ci si oppone alle logiche dell’economia e dell’efficienza perché si vivono logiche (spesso illogiche) di protezione, gratuità, condivisione, amore. Dove si investe per e sul futuro, dove alla flessibilità, alla relatività e alla “fluidità” si oppone la solidità, la sicurezza, la permanenza. Non c’è da stupirsi allora che la famiglia dia così fastidio, che sia così avversata da chi ha ben altre logiche. C’è piuttosto molto da lavorare per ricostruire intorno alla famiglia un clima di speranza e di fiducia: le cifre ci possono spaventare, ma possono anche aiutarci a capire che è tempo di darsi da fare.

RAPPORTO IPF SULLA FAMIGLIA IN EUROPA
I NUMERI DARANNO LA SVEGLIA?

E’ l’Italia il paese dell’UE 27 in cui vivono meno giovani: 1 giovane ogni 7 persone (14,2%9). Ma è la Spagna che ha vissuto il più netto calo (-44%) della gioventù, che costituiva il 26% nel 1980 e si è ridotta al 16,4% nel 2006. Spagna (-44%), Portogallo (-40%) e Italia (-37%) sono le nazioni dove sono diminuiti maggiormente gli under 14 dal 1980 al 2005, mentre l’Irlanda (seguita da Cipro) il paese più giovane: un abitante su 5 ha meno di 18 anni, pari al 20,7% della popolazione.
“L’allegria la vien dai giovani e non dai vecchi marinar”, cantava mio padre (6 figli…) citando una ritornello di chissà quale canzoncina… Chissà cosa direbbe oggi, leggendo l’ultimo report sulla famiglia in Europa 2007, comparso sul sito ELFAC (L’associazione rete delle famiglie numerose europee). Una sfilza di dati e di numeri tra l’impressionante e il deprimente che comunque val la pena conoscere, per capire come il fenomeno della denatalità, di cui ANFN denuncia da sempre la gravità come “voce che grida nel deserto”, sia un problema di tutto rispetto anche nel resto d’Europa . Un fenomeno che ha radici culturali profondamente legate ad alcune “novità” dei nostri tempi: la legalizzazione di aborto e divorzio, la bioetica, l’eutanasia; novità che, insieme alle ripercussioni sul piano sociale e economico di cui sentiremo presto le conseguenze, ci stanno trascinando verso cambiamenti importanti del nostro stesso essere uomini e donne.


L’ALLEGRIA LA VIEN DAI GIOVANI…

L’Italia è il paese con la più ampia proporzione di abitanti anziani: 1 su 5 ha più di 65 anni (pari al 19,2%).
Nel 2006 c’erano, nell’UE 27, 1 milione di nascite in meno rispetto al 1982, con un calo del 16,6%. Precipitato tra il 1990 e il 1995 (690.000 nascite in meno in EU27), l’indice di natalità è rimasto statico negli 11 anni seguenti, Ma la popolazione totale in Europa è aumentata, di 32 milioni, a causa (o grazie) all’immigrazione. Il che ci conferma il basso tasso di fertilità in EU27 (1,38), molto al di sotto della soglia del ricambio generazionale (2,1) e drammaticamente inferiore rispetto al desiderio dei cittadini europei, che vorrebbe avere 2,3 bambini per donna, un indice che tra l’altro potrebbe garantire il ricambio generazionale.
Francia(1,94) e Irlanda (1,88) detengono il più alto indice di natalità; Grecia (1,28), Spagna e Italia (1,34) il più basso.
Nonostante questo, su ogni 5 gravidanze in Europa, una termina con un aborto, con un totale di più di 1 milione di aborti l’anno (dato 2004). Ogni giorno in EU27, 3.385 bambini non nascono e si verificano 141 aborti ogni ora. Ogni giorno in Europa, chiudono 3 scuole per insufficiente numero di alunni.
Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania sono i paesi dove si abortisce di più (ma non sono anche quelli dove è maggiormente diffusa la cultura anticoncezionale?). L’aborto è la prima causa di morte in Europa, molto superiore al suicidio, incidenti stradali, AIDS, ma anche malattia.
Aborto e calo dei matrimoni incidono sulla decrescita della popolazione: in 25 anni si sono celebrati 690.000 matrimoni in meno. Dal 1980 al 2005, l’indice dei matrimoni cade dal 6.75 al 4.88, e questo nonostante l’aumento di 32 milioni di abitanti.
La gente inoltre si sposa più tardi, di 4,5/ 5 anni e naturalmente fa figli più tardi, in media intorno ai 30 anni.
Un bambino su 3 nasce fuori dal matrimonio, in alcuni paesi, ne nasce fuori dal matrimonio circa la metà: in Svezia il 55,4%. In Italia solo il 14,9, in Svizzera ancora meno (13,3).
Tra il 1980 e il 2005, i divorzi sono aumentati del 55%, in Spagna del 183%, in Portogallo del 89%, in Italia del 62%. Più di 13,5 milioni di matrimoni sono terminati in divorzio nel giro di 15 anni, coinvolgendo 21 milioni di bambini.
La Spagna è il paese dove si divorzia di più: in 11 anni i divorzi sono aumentati del 326%: ogni due matrimoni, uno finisce con la separazione definitiva. Intanto, aumenta il numero dei nuclei familiari (+23,8%), di cui diminuisce il numero dei componenti, da quasi 3 (2,82) a 2,4, con Gran Bretagna (2,3), Finlandia, Danimarca (2,2) e Germania (2,1) con il più basso numero medio di componenti in Europa.


IL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE

Nonostante l’Unione Europea si sia resa conto dei problemi delle famiglie, invitando ufficialmente gli stati membri a “incorporare la dimensione familiare nelle loro politiche sociali” (opinion CESE 423/2007) non esiste una Commissione per la famiglia, né un osservatorio (quello esistente fino al 2004 è stato ribattezzato “Osservatorio sulla demografia e studi sociali”) e nemmeno una green paper ovvero una iniziativa ufficiale dedicata alla famiglia.
Alcuni paesi membri hanno iniziato singolarmente a riconoscere la famiglia come istituzione (nello studio viene citata anche l’Italia, con il già defunto Ministero delle politiche familiari)ma in molti altri l’attenzione è inesistente.
Su 13€ devoluti in spese sociali, solo 1€ viene speso per la famiglia, con grosse diversità tra le diverse nazioni, con Spagna e Portogallo che non arrivano a spendere l’1% del loro PIL (prodotto interno lordo) per la famiglia (e i bambini).
Spagna, Portogallo, Italia e Grecia sono i paesi dell’Europa15 dove si spende meno per la famiglia; Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Irlanda spendono 3 volte la media europea (che equivale al 2,1%) , il che tra l’altro condurrà a una situazione di grande squilibrio e la creazione, denuncia l’IPF, di paesi di serie A e serie B.
Una famiglia con tre figli in Lussemburgo riceve 1521€ di benefits (indennità) al mese, in Germania 462€. La stessa famiglia in Slovacchia ne riceve 42, in Polonia 36 e in Lettonia 32. Le restrizioni all’accesso dei benefits legate al reddito sono così forti che la maggioranza delle famiglie in Italia, Malta, Portogallo e Spagna non ne ricevono affatto.
8 paesi su 10 concedono benefits “universali”, cioè indipendentemente dal reddito, non tassabili nella maggioranza dei paesi che li erogano. Normalmente arrivano fino ai 17 anni ma possono essere estesi fino ai 22 se i ragazzi studiano o sono disoccupati. Solo sei paesi, tra cui l’Italia ma anche la Francia, fino al 2006 non li estendevano.
Maggiori i benefits, minore il rischio di povertà. Dallo studio dell’IPF si comprende che l’impatto dei benefits è determinante per consentire alle famiglie di avere il numero dei figli che desiderano ma anche per scongiurare la povertà dei bambini. Maggiore il volume delle indennità, minore il rischio di povertà infantile.


LE PROPOSTE

In fatto di proposte, lo studio dell’IPF è altrettanto chiaro e sintetico: perché in Europa si sviluppino politiche familiari efficaci, sincere e organiche, occorre innanzitutto fare della famiglia una priorità, promuovere politiche family-oriented, uniformare i diritti delle famiglie in tutte le aree, comprese l’educazione e la cura, coordinare le politiche tra i diversi stati membri, spingere perché le famiglie in Europa possano godere delle stesse opportunità, senza discriminazioni basate sul numero dei figli o sul reddito.
Questi risultati sono ottenibili attraverso organismi dedicati, un investimento preciso, interventi legislativi che, promuovano la famiglia come istituzione. L’IPF propone allora la creazione di una Commissione Europea per la Famiglia e l’emanazione di una apposita Green Card, che spinga anche i paesi membri a dotarsi di un ministero dedicato.
Infine l’IPF invita l’UE di promuovere un patto europeo per la famiglia tra mondo della politica, mondo civile e istituzioni familiari. La reintroduzione dell’Osservatorio sulle politiche familiari e una campagna culturale che investa anche i media contribuiranno a creare un clima più family friendly e sosterranno le famiglie nel loro compiti quotidiani. La lista degli interventi auspicati e auspicabili la stessa che potrebbe scrivere ANFN: più sostegno alla maternità, maggiore presenza dei genitori nell’educazione e nella cura dei figli (anche attraverso congedi parentali remunerati), maggiori misure per aiutare le coppie a superar le crisi coniugali. E poi migliorare il sistema fiscale, anche con l’abbattimento dell’IVA per i prodotti dell’infanzia.

IPF, Instituto de Política Familiar, Institute for Family Policies
c/ Génova, 7 –3oizda. 28004 MadridTel. + 34 911022888
email: ipf@ipfe.orgwebsite:http://www.ipfe.org/
Report Director: Mariano Martínez-Aedo

Scarica allegati:
Report_Evolution_Famiy_europe_2007_EU27.pdf