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La quarantena di una famiglia numerosa

La quarantena di una famiglia numerosa

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Buongiorno, siamo una famiglia associata fin dall’inizio, abitiamo in Valle Camonica in provincia di Bergamo. Alcuni giorni fa ho scritto un articolo con la collaborazione di alcuni dei miei figli inerente il trascorrere di questa quarantena nella nostra famiglia, destinato al mio piccolo blog personale.
In seguito a questa pubblicazione sono stato intervistato da un gruppo presente in Facebook (e non solo) chiamato “Amministratori per la famiglia”, allego anche il link di questa intervista nella quale ho risposto a domande anche relative alla nostra Associazione.

Emanuele Pizzatti

 

Questo periodo di reclusione e di paura si rivela anche una esperienza familiare veramente unica. Tutti in famiglia eravamo fino a un mese fa occupati parecchio nel nostro lavoro, nelle scuole di vario grado, nelle attività extrascolastiche. Ora siamo insieme nel trascorrere lento delle giornate che invero non sembrano affatto vuote e noiose, tutt’altro. Insieme senza poter sfuggire. Senza avere fretta. Senza scuse.

Con tanta presenza soprannaturale. Tanto tempo in più dedicato alla preghiera sia personale che familiare. Di certo manca la presenza fisica in Chiesa, la Messa la si guarda in televisione. Le benedizioni e la presenza di Gesù si vivono in videoconferenza.
Non sarà la stessa cosa ma stavolta ci siamo proprio tutti, anche quelli di noi che spesso mancavano. E abbiamo la sensazione di essere lì con tanti amici, tanti altri, molti più di quelli con cui abitualmente ci ritrovavamo. Preghiere recitate insieme, guardandoci negli occhi. Suppliche e richieste di intervento per questa pandemia. Una vera riscoperta di abitudini tradizionali che riesce a dare un senso nuovo alle nostre pratiche ascetiche. Un senso forse vecchissimo ma sempre molto vero e utile.

Intervisto mia moglie in occasione della Domenica delle Palme:

Oggi festa delle Palme, ovvero l’entrata trionfante di nostro SIGNORE a Gerusalemme. Agli arresti domiciliari posso godere di tante cose, se non fosse per la paura che a volte mi assale. E un godere a pieni polmoni del tempo che mi viene donato. Non faccio troppi programmi, agende più o meno vuote. Alla sera in pace vado a letto e al mattino ringrazio Dio e gioisco della nuova giornata che ho tra le mani e mi sforzo di non sprecare nemmeno un minuto del tempo dedicandone quanto più posso alla preghiera alla cura delle persone e della casa e infine agli hobby ai quali prima non potevo dedicarmi se non molto raramente.

Ecco io mi sento amata e felice grata a nostro signore di essere anche oggi viva insieme a mio marito e ai miei figli, nipoti, nuora, sorelle e parenti tutti mentre se volgo lo sguardo agli ospedali, agli ammalati e ai morti di questo male Il cuore si blocca, si paralizza… allora alzo lo sguardo sognando che tutto concorre al bene. E che domani è un altro giorno”.

Renata lavora, oltre che nell’amministrazione specializzata della nostra grande famiglia, nella vendita del Bimby. Uno strumento utilissimo in cucina, proposto principalmente tramite contatti personali e visite domiciliari. Questa lunga e forzata permanenza in casa è per tutti un potente riavvicinamento alle abitudini culinarie. La riscoperta delle ricette tipiche e la gioia di prepararle e di gustarne i risultati spinge molte persone alla ricerca di uno strumento come quello, molto utile in cucina. La mancanza del contatto fisico sembra facilmente aggirabile con l’utilizzo di moderne e molto efficienti tecnologie e la vendita diventa una sfida moderna e accattivante.

Fino a poco fa non consideravamo le videochiamate uno strumento di uso comune. Lo lasciavamo a chi ne necessitava per lavoro o per distanze particolari da chi volevano contattare. Ora tutti hanno imparato ad utilizzare diverse modalità e strumenti per questo, tutti gratuiti ed efficacissimi e pure molto divertenti.

Solo la nostra prima e quarta figlia sono distanti quanto basta per obbligarci al contatto on line. Tutti gli altri per fortuna ci sono vicini. Stiamo dedicando tempo ai contatti con persone che solo raramente sentivamo al telefono per mancanza di tempo ed anche a causa della mente occupata al punto da non dare spazio ai rapporti con le persone importanti e conosciute. Ora stiamo organizzando riunioni familiari serali in videoconferenza con parenti ed amici con i quali risulta divertente e molto fruttuosa questa modalità. Perfino con contatti all’estero con i quali era una rarità la telefonata o la lettera, in attesa di poterci trovare ogni qualche anno di persona.

Le necessità scolastiche dei nostri figli sono molto varie, dalle scuole medie alle superiori all’università alle scuole di musica di vario genere. Tutte collegate on line con ognuno di loro ogni giorno o quasi. C’è voluto del tempo per organizzarsi, ma ora sembra che le lezioni in videoconferenza siano possibili e fruttuose per tutti, dimostrando peraltro di essere uno strumento utile in futuro per chi possa trovarsi nella difficoltà a recarsi fisicamente in classe.  Perfino le scuole di musica, che riguardano cinque dei nostri figli dal conservatorio all’accademia alla banda ai corsi privati, si sono attrezzate e riescono a suonare ed ascoltarsi tramite videocamera e computer. Ecco che strumenti e metodi utilizzati quasi solamente da professionisti oppure da operatori e appassionati del web, diventano di uso comune e rendono possibile una dimostrazione di vendita, la riparazione guidata di un elettrodomestico, l’assistenza ad un cliente, la formazione che si svolgeva solo in riunioni lontane da casa. Credo che da questo potranno scaturire nuove abitudini positive, che contribuiranno a migliorare la nostra vita soprattutto restituendoci più tempo per rimanere a casa vicino ai nostri familiari senza per questo rinunciare alla nostra professione.

Certo in casa dobbiamo avere mediamente tre-quattro computer collegati in video chiamata più diversi telefoni cellulari. Occorre una linea internet consistente e una dotazione tecnica capace di accontentare tutti. Le scuole non sono abituate a pensare alle famiglie numerose, per loro in ogni famiglia esiste un computer per tutti. Il nostro governo annuncia finanziamenti per acquisti di tablet o computer per chi ne avesse bisogno, ma poi in pratica non è vero quasi nulla oppure è troppo difficile da realizzare. Spesso purtroppo ascoltiamo roboanti ed entusiastici annunci ma poi ben poco si dimostra davvero reale ed efficace. L’Italia ha vissuto diversi terremoti e disastri anche recenti che ci hanno insegnato soprattutto a fare da soli e diffidare molto delle iniziative di aiuto che i nostri amministratori pubblici si affannano a promettere in ogni salsa.

Non abbiamo per fortuna dovuto vivere l’esperienza di un familiare ammalato. Ricorderemo comunque come parte drammatica di questo tempo diverse cose. Anzitutto la perdita di tanti conoscenti che non sono sopravvissuti all’assalto di questo virus, o anche la perdita di parenti da parte di nostri amici e conoscenti. Inoltre la paura conseguente alle fasi di cura di questa malattia da parte di tanti amici che fortunatamente ne sono usciti. Rimane anche tra i brutti ricordi la lontananza forzata da mio padre, ormai ultraottantenne ma in forza e molto attivo, dal quale non posso recarmi per rimanere un po’ con lui ed al quale dobbiamo chiedere la massima osservanza del non uscire da casa. Altri due meravigliosi bambini, nostri figli mediante un affido diurno, sono purtroppo distanti da noi. Questa pandemia ci ha costretto a sospendere la loro presenza nella nostra famiglia. Ci mancano davvero tanto, li ricordiamo in continuazione e cerchiamo di utilizzare le chiamate video ma l’affetto e la relazione che ci donavano è un dolore che speriamo possa terminare prima possibile.

Una gioia particolare e vissuta con molte restrizioni è stato diventare nonni per la prima volta durante questa pandemia. Grazie alla nascita di due fantastiche gemelline, figlie del mio terzo figlio poco più che ventenne. Sono bellissime e i loro genitori dovrebbero avere i nonni in aiuto per quanto possibile. Ma non possiamo farlo, impossibile prenderle in braccio, stare con loro. Solo per videochiamata, come vivessero in un altro continente.

Ho chiesto al mio settimo figlio, quattordicenne, di raccontarmi qualcosa di questi momenti:

“Sfortunatamente in questo periodo tenebroso sono costretto a rimanere nella mia abitazione a causa di una epidemia di un virus. Questi giorni sono difficili per tutti gli Italiani e lo saranno ancora per qualche settimana dato che rallentare la malattia è un’impresa parecchio difficile. E da tanti giorni ad oggi io come tutti i cittadini siamo obbligati a non andare a scuola mantenendo la nostra istruzione a distanza. E per questo ho dovuto rimodulare tutta la mia giornata stando in casa perennemente. Sinceramente tornerei a scuola in un lampo perché rimanere nelle stesse stanze da più di un mese con delle condizioni preoccupanti non è assolutamente gradevole anche se tutto questo mi permette di eseguire lavori utili in casa come riordinare la mia stanza, pulire e giocare in giardino e magari stare più tempo in famiglia sfruttando il tempo in attività divertenti. Però devo dire che mi manca in particolar modo il divertimento con i miei amici e la tranquillità che in questo periodo manca completamente. Ma la mia giornata ha uno schema abbastanza preciso, e solitamente mi sveglio alle nove di mattina e dopo aver fatto colazione per tutto l’arco della mattina mi dedico allo studio e ai compiti seguendo delle lezioni online con i miei professori. Verso l’una del pomeriggio pranzo insieme alla mia famiglia che fortunatamente essendo una famiglia numerosa la compagnia non manca mai. Dopo il pasto mi riposo guardando la tele insieme ad alcuni miei fratelli e nel pomeriggio a seconda delle possibilità e delle necessità esco in giardino giocando con mio fratello o eseguo delle attività coinvolgenti oppure mi dedico ulteriormente allo studio. Ovviamente studiare nelle circostanze attuali non è rassicurante e tante volte ti distrae oppure non ti offre la tranquillità necessaria, perché da quando l’epidemia è iniziata la mia serenità è calata a vista d’occhio e questo non è per niente piacevole”.

Questi invece i pensieri della nostra sesta figlia, quasi maggiorenne. Li trovo strepitosi e li offro alla vostra lettura davvero volentieri:

“Sembra un paradosso ma è proprio nel silenzio che attanaglia le nostre giornate, nella lontananza che ci demolisce dentro, nella paura comune, che si riscopre il concetto di società e di prossimo. Ora siamo davvero tutti uguali, uniti e indifesi allo stesso modo. Non c’è più tempo né spazio per il conflitto, per la violenza, per le disuguaglianze. In questo momento dobbiamo lasciare alle spalle il nostro egoistico individualismo, ci rendiamo conto che gli altri sono importanti e cosi come le loro vite sono nelle nostre mani, anche la nostra vita è per certi aspetti nelle loro mani. La guerra di un paese contro se stesso, contro le proprie autorità, ha lasciato spazio si ad una guerra perché credo che tale sia, ma una guerra per cui vale davvero la pena lottare. Si lotta per un obiettivo comune: la salvezza, propria e altrui. Il virus Covid-19 non fa alcuna distinzione, siamo tutti bersaglio e tutti responsabili: proteggendoci proteggiamo noi stessi e gli altri. Siamo stati capaci una volta per tutte di lasciare da parte l’odio per ritrovare i valori della nostra Costituzione, per riscoprire quell’ideale di humanitas di cui tanto parlavano gli antichi, ma da cui siamo sempre stati molto distanti. Ora invece stiamo riscoprendo, io in prima persona, l’importanza della solidarietà, i bisogni primari dell’uomo, i limiti dell’uomo, l’antropologia in tutti i sensi, ciò che è davvero l’essenziale. Qualcosa il cui valore non può essere stimato con una cifra. Sto parlando dell’affetto, di un abbraccio, di una stretta di mano. Sto parlando di un pranzo in famiglia, una partita a carte, una passeggiata all’aperto. Sto parlando di tutte quelle cose che nella vita “normale” ci sembravano futili e invece sono ciò che di più prezioso abbiamo. Ci è voluto un vero dramma per ricordacelo, ma credo che il virus abbia ottenuto il suo scopo: oltre a seminare morte e terrore ci ha fatto capire che forse qualcosa non andava, forse doveva cambiare l’animo di ognuno di noi. E credo che quando usciremo da questa terribile situazione saremo in grado di vedere la vita finalmente come merita di essere vista: come un dono. Un dono in cui nulla è scontato, nemmeno il nostro respiro. E’ bello vedere che tutti stiamo rinunciando alle nostre libertà perché abbiamo un fine più grande: salvarci e salvare. E’ bello vedere al nostro stesso livello i governi che si sono sentiti come noi impotenti e alla continua ricerca della giusta soluzione, del giusto provvedimento. Sono stati colti alla sprovvista come tutti e inaspettatamente hanno dovuto far fronte ad un evento sconosciuto. Siamo davvero una società, ma probabilmente ce ne eravamo dimenticati, degli individui impauriti allo stesso modo, rinchiusi in casa allo stesso modo, distanti allo stesso modo, come possono non essere una collettività?

E’ una situazione che opprime tutti, ci fa sentire fragili e vulnerabili come è giusto che sia. Mai avrei pensato che avrei avuto così tanta nostalgia di un abbraccio, mai avrei pensato di poter vivere senza le persone a me più care, mai avrei pensato di desiderare con tutta l’anima di uscire per vedere la luce del sole, mai avrei pensato che sarebbe accaduto tutto questo. Non avevo mai pensato a quanto abbiamo bisogno del contatto umano, eppure è una componente fondamentale per l’uomo, senza la quale ci sentiamo sperduti. Penso che nessuno mai si dimenticherà del suono della campane che scandisce le nostre giornate, ricordandoci che quel suono significa perdita di una vita, di un’altra delle tante che ci stanno lasciando. Penso di non avere mai sentito così tante volte al giorno il suono martellante delle sirene di un’ambulanza, che mi incutono tanto timore, ma al tempo stesso mi ricordano che il sacrificio più grande lo stanno facendo gli operatori sanitari, coloro che danno la vita e l’anima per tentare di fronteggiare l’emergenza, parlo dei medici, degli infermieri, dei volontari, di tutti coloro che stanno facendo il possibile per fermare questa pandemia. Un poeta inglese del XVII secolo, John Donne, disse “No man is an island”, nessun uomo è un’isola, siamo tutti uniti, partecipi della vita degli altri, segnati in quanto esseri umani dalle tragedie che colpiscono i nostri simili.

Un’ultima considerazione che vorrei fare riguarda ciò che tutti criticano e quella che invece io preferisco chiamare impresa eroica. Questa reclusione forzata appesantisce tutti noi, rende l’aria soffocante, siamo davvero reclusi sotto le stesse mura con le stesse persone, tutti i giorni. Ma questo stop, in un mondo in cui siamo sempre e solo intenti a programmarci il futuro, ci è servito per capire l’importanza del presente, perché la paura rende breve il tempo che ci è dato. Eravamo abituati alla nostra quotidiana routine, frettolosa, frenetica, ai nostri appuntamenti, agli spostamenti, agli impegni, alla scuola, al lavoro ecc … Ma qualcuno ha voluto fermare tutto perché ha capito che questa fretta non ci stava portando da nessuna parte”. Ora non è tempo di pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è”, dice Ernest Hemingway ne “Il vecchio e il mare”.

Io ringrazio il virus Covid-19 perché mi ha fatto riscoprire me stessa, la mia interiorità, mi ha fatto riflettere su quanto sono fortunata ad avere ciò che ho, mi ha fatto capire quanto possiamo influenzare positivamente la vita altrui, e tanto altro. Anche se sta seminando tanta sofferenza e dolore, dobbiamo cogliere i messaggi che ha voluto, io credo, trasmetterci. In questo modo possiamo diventare lottatori insieme per un obiettivo comune e alla fine ripartiremo, si spera, in modo diverso e più responsabile, insomma in modo più umano”.

Infine qualche pensiero del nostro ottavo figlio, dodicenne:

“Noi tutti stiamo passando dei momenti molto monotoni, però oggi vi racconterò tutto sulle mie giornate. Come al solito io mi sveglio, faccio colazione circa alle 8 e tante volte non la mangio da solo ma sono con i miei fratelli e sorelle o con i miei genitori. Poi iniziano le ore cosiddette “scolastiche”, c’è chi fa lezione ovviamente on line oppure chi si mette al computer a fare i compiti. Come potrete immaginare appena apri bocca senti le voci in coro dirti “stai zitto”. Però per fortuna circa a mezzogiorno tutti finiscono, ovviamente qualcuno riposa sul divano e qualcuno legge, qualcun altro fa i mestieri di casa. Invece io preferisco andare in giardino, sulle altalene o sull’albero, oppure gioco a calcio, insomma di cose ce ne sono da fare. Verso l’una si pranza, tutti a tavola. Ognuno racconta cosa ha fatto e finalmente si discute e si può parlare. Finito il pranzo ci si riposa guardando la tv. Nel pomeriggio ricominciano le ore scolastiche facoltative, io un giorno esco in giardino a inventarmi qualcosa e un giorno faccio didattica.

Dopo la merenda del pomeriggio ognuno fa i mestieri secondo i turni stabiliti, poi di nuovo tempo libero. Verso sera si cena, stavolta però si parla del giorno dopo e di cosa ognuno deve fare. Alla fine della giornata un po’ di tv insieme e poi lettura e a letto”.

Indubbio che sia necessario questo blocco dei rapporti umani personali, ogni contatto è un possibile momento di contagio e deve essere evitato. Mi pare francamente un po’ confuso nella sua applicazione. Se Bar, Ristoranti, Cinema, Palestre e ritrovi in spazi chiusi e ristretti sono certamente un rischio evidente, molto meno mi pare possa lo possa essere una passeggiata all’aperto oppure svolgere attività solitarie ancorché non vicinissime a casa. Coltivare l’orto, ad esempio, è una necessità stagionale che non può essere rimandata. Mancherà, alle famiglie che ne godevano, tutto il raccolto estivo che non avranno potuto seminare. Proprio non capisco come possa essere pericoloso andare in auto da casa mia al mio orto, lavorare alla terra e rientrare, in completa solitudine. Andarci con un mio familiare è ancora meno un rischio dato il fatto che ci vivo tutto il giorno in casa. Quale motivo giustifica il non potersi muovere a piedi in compagnia di un familiare? Perché per forza da soli o con il cane? Se convivo con una persona posso anche andarci a spasso, non esiste rischio di contagio in questo. Mi pare insomma che possiamo trovare molti esempi di attività virtuose e utili che non comportano alcun rischio ma che sono vietate in nome di un autoritarismo burocratico, giustificato dal momento e dal rischio ma francamente un pò schizofrenico.

Eravamo parte di un grande progetto di un mondo globale, governato dai movimenti economici in grado di determinare la vita di tutti. Sembrava non esserci più spazio per elementi come la famiglia, la religione, la donazione di sé agli altri, la generosità, l’etica, la morale. Il sovrannaturale. Ora sembra quasi che stiamo vivendo le pulizie di primavera del Paradiso. L’apparente disordine polveroso del tutto gettato in mezzo alla stanza. Ciò che era al centro viene ripensato e ciò che era accantonato viene rispolverato. Siamo parte della polvere che viene mossa dai colpi di scopa. Alla fine tutto sarà più ordinato e troverà la sua giusta collocazione. Forse anche la nostra vita globalizzata, frenetica, nevrotica e orientata a false esigenze, con poco tempo per gli altri, potrà trovare ritmi e spazi migliori.

Un ritmo nuovo, meno ricco di “altri” e più vicino a NOI della famiglia. 24h con i figli per casa, scuola compresa, sono stati una rarità da vivere fino in fondo. Chiusi come leoni in gabbia, nevrotici quanto basta per mancanza di spazi propri e di distacco dalla nostra tana. Mai così vicini ai ritmi, alle attività e alle esigenze dei figli e del coniuge. Aspirapolvere a manetta. Cucina molto partecipata e fantasiosa. Poca attività fisica ma molto più ascolto e attenzione. Qualcosa di questo dovrà pur rimanere. Forse davvero “qualcuno ha voluto fermare tutto perché ha capito che questa fretta non ci stava portando da nessuna parte”.