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Inutile girarci attorno: niente figli, niente futuro

Inutile girarci attorno: niente figli, niente futuro

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Nel 1961 nascevano più di 1mln di bambini.
Nel 2015 sono nati 488 mila bambini, il numero più basso dall’Unità d’Italia (1861) ad oggi.
Nei primi 6 mesi del 2016 sono nati 14 mila bambini in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Nel 2015 gli aborti ufficiali sono stati 87.639 (più di 100 mila quelli stimati effettivi, considerando anche gli aborti chimici che sfuggono alle rilevazioni).
I figli vengono sempre più considerati come una scelta privata.
L’indice di natalità è tra i più bassi in assoluto al mondo (1,35 figli per donna, largamente al di sotto del 2,1 che manterrebbe l’equilibrio demografico).
Mescolate insieme tutti questi ingredienti, e cosa viene fuori? La semplice proiezione di questi dati ci dice che, nel 2031 non nasceranno più figli in Italia.
Ma di questo la politica (sia nazionale che locale) se ne disinteressa in maniera totale, salvo poche (eroiche) eccezioni.
E purtroppo anche i mass media gli vanno dietro.
Con un silenzio assoluto sull’argomento. Forse è meglio dire assordante.
Sta a noi che ci crediamo farci sentire.
Cambiamo la rotta, riprendiamoci il nostro Futuro!

Alfredo Caltabiano
Anfn

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Da oltre tre decenni il numero medio di figli per donna è sotto la soglia di uno e mezzo. In Italia avere un figlio è solo per chi può permetterselo

Non siamo esseri immortali. Il mondo evolve attraverso il ricambio generazionale. Se facciamo pochi figli la popolazione tende ad invecchiare in modo insostenibile rispetto alla possibilità di creare ricchezza e benessere. Lo slogan del “Ferility Day” che invitava a considerare la fertilità (ovvero la capacità riproduttiva dei singoli) un bene comune è discutibile, dovremmo invece considerare le nuove generazioni come una ricchezza collettiva da accrescere e valorizzare.

Altro errore è far sentire in colpa chi non ha bambini. Non bisogna agire sul sentirsi in dovere di generare, ma sulla possibilità di realizzare con successo scelte desiderate. Ciò significa far sì che chi desidera avere un figlio possa trovare un contesto che lo incoraggi e lo sostenga in tale scelta. In Italia invece l’avere figli è considerato un costo privato, non a caso siamo uno dei Paesi in cui meno si fanno figli ma più alto è anche il rischio di povertà di chi li ha.

La fertilità, l’attitudine fisica a concepire, è quindi un aspetto privato, da gestire con assoluta libertà di scelta. Ma il bene delle nuove generazioni deve riguardare tutta la collettività, a partire dalle politiche pubbliche (un tema cruciale approfondito su: A.Rosina, S.Sorgi, Il futuro che (non) c’è, Bocconi editore, 2016). La crisi demografica più di ogni altra rivela come l’Italia stia attraversando una fase delicata e problematica rispetto alla capacità di dare basi solide e prospettive prosperose al proprio futuro. L’indicatore più sensibile ai livelli di fiducia sociale e di incoraggiamento a fare scelte di impegno positivo verso il domani è proprio la natalità.

La scelta di avere un figlio va, infatti, allo stesso tempo intesa come conferma del senso di appartenenza alla comunità in cui si vive e di impegno positivo verso il futuro. Il bello del mondo di oggi, rispetto al passato quando si davano per scontati, è che ora i figli si scelgono. Il brutto, invece, è che non stiamo favorendo le condizioni perché tale scelta – pur desiderata e socialmente virtuosa – possa essere pienamente realizzata arricchendo le vite delle famiglie italiane e rendendo più solida la nostra società.

Continua a leggere su: linkiesta.it  di Extra Moenia, Alessandro Rosina