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GENITORI O COMPAGNI DI GIOCO?

GENITORI O COMPAGNI DI GIOCO?

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Repubblica pubblica i risultati di una indagine inglese che riportiamo in allegato: i genitori non sanno PIU’ giocare con i figli, si legge, non “sanno più come intrattenerli”. Molti si annoiano, altri non sanno a cosa giocare e finiscono per scegliere il videogioco, solo che poi il bimbo preferisce continuare da solo. Il 75%dei bambini sogna mamme e papà che corrono al parco con loro ma uno su dieci capisce che ma e pa non si stanno in fondo divertendo. Colpa della stress da lavoro, si legge… ma sarà vero?
Sarà vero che il compito dei genitori è intrattenere i figli? “Intrattenere”, quasi si fosse dei clown, quasi che il bambino e il ragazzo non possa essere in grado di trovare da sè le risorse per fare, giocare, vivere.
E’ compito del genitore giocare con i propri figli?
Se pensiamo a come è stata vissuta l’infanza da quando c’è il mondo non direi proprio: i ragazzini hanno sempre goduto di ampia libertà almeno in quel singolo spazio che è il gioco. Uno spazio in cui l’adulto non entrava a dettare regole e gusti, rispettando istintivamente un mondo troppo con altri tempi, leggi, usanze.
Non c’è niente di male a tirare due calci al pallone con nostro figlio, ma non siamo noi a dovere essere i suoi compagni di gioco. Noi, con la nostra struttura mentale, le nostre esperienze già fatte. I bambini devono giocare prima di tutto da soli e con gli altri bambini. Da soli, perchè il gioco è lo strumento necessario per imparare a conoscere il proprio corpo, i propri limiti, per inventarsi mondi e desideri, per sperimentarsi. Con gli altri bambini, ad armi pari, per capire di fare parte di una società con le sue regole e le sue limitazioni, le sue gioie e i suoi dolori. Giocare non è la condizione naturale di un adulto mentre lo è per i bambino. Se una donna gioca con la bambola come una bambina di sette anni, se un papà af l’indiano con il figlioletto può andare bene per 5 minuti ma poi è importante che ognuno rispetti i suoi ruoli e il papà lasci al piccolo indiano la libertà di sviluppare il gioco come lo intende lui, senza volergli costruire la tenda e preparae il fuoco, ma lasciandolo libero di sperimentare secobndo le “sue” idee, i suoi sogni. In una famiglia numerosa normalmente e naturalmente il problema non sussiste proprio: il genitore che certo non ce la farebbe a giocare con i figli che per brevissimo tempo non ha bisogno di diventare un compagno di gioco, un surrogato di fratello perchè il bambino è solo e si annoia. I fratelli ci sono, spesso anche gli amici e gli amici dei fratelli. E l’adulto può fare un passo indietro, lasciando i ragazzi finalmente liberi. Liberi dagli schemi scolastici, dalla necessità di apprendere, di “fare”, perchè il gioco vero (quello che fa crescere) è quello meravigliosamente fine a sè stesso.
L’adulto non si disinteressa ma semplicemente ha un altro ruolo, più propriamente da genitore: rassicura dopo una sbucciatura sul ginocchio o una litigata rumorosa,e soprattutto,c’è.
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