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Esortazione apostolica postsinodale Amoris Laetitia

Esortazione apostolica postsinodale Amoris Laetitia

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Esortazione di papa Francesco, un testo saldo e rivoluzionario

​Quando, una decina di giorni fa, il cardinale Kasper, preannunciando l’uscita dell’Esortazione postsinodale sulla famiglia, aveva parlato “del più importante documento nella storia della Chiesa dell’ultimo millennio”, non pochi l’avevano guardato con quella finta accondiscendenza che si riserva alle dichiarazioni un po’ esagerate di chi, non fosse che per l’età, è comunque meritevole di rispetto. Adesso che Amoris laetitia è sotto gli occhi di tutti, sembra davvero difficile contraddire il cardinale tedesco. Il testo di Francesco ha il sapore di un testo saldo e rivoluzionario. E non solo perché, pur conservando l’impianto di un documento del magistero – ci sono le note, i rimandi alle encicliche e alle esortazioni proprie, dei predecessori, e dei padri della Chiesa – ha il tono di un ampio ma scorrevole dialogo in famiglia. Ma in quella riflessione ad alta voce di un padre saggio – esemplare in questo senso il capitolo quinto, innovativo rispetto alle Relazioni finali del “doppio” Sinodo – ci sono sottolineature che segnano l’archiviazione di una certa pastorale dei “divieti e degli obblighi”, mutuata più da una lettura pedissequa del codice di diritto canonico che non dal Vangelo.

Le parole di Francesco non si prestano a interpretazioni fuorvianti: “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (n.301). E ancora: “E’ meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano”. Si spezza così la correlazione ferrea che, negli ultimi trent’anni aveva stabilito un’equazione quasi inderogabile tra divorziati risposati e vita di peccato. Dove il “quasi” va riferito alla postilla che invitava coloro che aveva contratto un nuovo matrimonio a vivere come fratello e sorella. Nella “Gioia dell’amore” questa specificazione non compare più. E anzi si prendono le distanze da legalismi distanti anni luce dalla realtà, spiegando che “un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni ‘irregolari’, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone”.

Da notare che il termine “irregolare” è sempre messo tra virgolette, come se il Papa non se la sentisse di esprimere una sentenza definitiva sulla “regolarità” o meno di un’esistenza. Anzi, “la strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno” (n.296), “si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale” (n.297). La direzione è quella già indicata dalla Relazione finale 2015. Una via del discernimento in cui vescovi e presbiteri sono invitati ad accompagnare la persona intenzionata a verificare le proprie scelte. Non si parla di “comunione ai divorziati risposati”. Non avrebbe senso, proprio perché si tratta di un percorso personalizzato, che deve tenere presente la varietà delle situazioni concrete e di cui sarebbe impossibile fin d’ora anticipare l’esito. Ma non la si esclude neppure. Appunto perché nell’integrazione esiste una gradualità che – spiega ancora il Papa – va rispettata e non può essere sancita a priori.

Una rottura rispetto alla dottrina tradizionale dell’indissolubilità? Niente affatto. Il Papa ribadisce più volte che l’ideale dell’amore fedele, unico, fecondo e, appunto, indissolubile rimane un punto d’arrivo indiscutibile. Quello la Chiesa cattolica indica come traguardo per gustare pienamente “la gioia dell’amore” tra uomo e donna. Ma le prospettive sono rovesciate. Non un punto di partenza, perché le condizioni sempre più difficili di una crescente complessità culturale e sociale, impediscono di caricare sulle spalle dei giovani pesi di cui non conoscono più neppure il significato. Ma un traguardo, una meta a cui tendere, secondo appunto la legge della gradualità. Insomma, una prospettiva che sorride alle famiglie e incoraggia chi, nonostante tutto, crede e spera in un amore stabile e duraturo, che dia senso alla vita.

Fonte: avvenire.it di Luciano Moia

 

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