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Educazione: il ruolo dello sport

Educazione: il ruolo dello sport

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IL RUOLO EDUCATIVO DELLO SPORT

Lo sport non è più un fenomeno marginale del nostro vivere: esso sta diventando una cartina di tornasole del futuro che ci attende,un grande caleidoscopio per leggere se stessi,la società,il mondo. Il livello di civiltà umana di una popolazione organizzata,infatti,può essere commisurato in maniera significativa al suo grado di cultura psicomotoria. E tuttavia,pur riconoscendo le potenzialità formative dello sport,il discorso si fa assai problematico quando si analizza il modello culturale sportivo invalso,che si identifica con le varie forme di sport-spettacolo o di sport-sponsorizzato,un insieme di ambiguità e di contraddizioni in forza delle quali il termine educazione rischia di essere svuotato del suo significato,ossia della possibilità di “tirar fuori il meglio da ciascuno di noi”.
Al fine di comprendere il posto dello sport o della attività sportiva nel più generale processo educativo,occorre chiarire innanzitutto il senso che si intende dare al concetto stesso di educazione:
a.”L’educazione è il grande e più difficile problema che possa essere proposto all’uomo”(I.Kant).
L’educazione non può non richiamarsi a quel concetto di umanesimo integrale,coniato da J.Maritain e presto convertito nell’idea di “educazione integrale”della persona.
Ne consegue la necessità di sviluppare il più armonicamente possibile l’uomo in tutte le sue dimensioni,da quella fisica o corporea a quella emotiva ed affettiva,da quella intellettuale a quella sociale.
Si tratta di formare l’uomo anche quando gli si insegna ad adoperare le mani,le braccia,le gambe,proprio perché l’educazione deve tendere ad un traguardo unitario. Educare non significa ammaestrare,addomesticare,o semplicemente allevare,ma significa promuovere valori di autentica umanità. E’ per questo che il culto del corpo non aiuta a crescere.
L’educazione si prefigge di formare nel soggetto la capacità di agire autonomamente e responsabilmente secondo scelte di valore. Nella pratica educativa un fine è sempre perseguito anche se non intenzionalmente,ma quello che importa sapere è se i fini siano “valori”. I fini sono tali solo se sono “valori”.
Qualora non si facesse riferimento ad un valore umano risulterebbe inevitabile che anche l’apprendistato per diventare perfetti scassinatori,potrebbe denominarsi educazione. Come legittimare dunque la validità degli obiettivi-fini? Il chiarimento di Aristotele è esplicito: fini-obiettivi si costituiscono come valori,quando e in quanto rendono l’uomo virtuoso. Meglio ancora sono valori quegli obiettivi che rendono l’uomo più umano: tensione al “più e al meglio”.
Per quel che concerne lo sport,ma non solo,l’attribuzione di giudizio di positività o di negatività non è connessa tanto alla tipologia descrittiva della pratica quanto al contesto morale di senso e alla elaborazione di significati personali che l’accompagnano. L’eccellenza raggiunta nella pratica sportiva non significa assolutamente virtù morale. Quello che conta è la qualità profonda dell’esperienza,la coerenza fra le intenzioni e le azioni. In ogni tipo di sport c’è dunque la possibilità di valore così come il rischio di decadenza e di depotenziamento.
Nella realizzazione piena della propria umanità vi è un aspetto di singolare importanza: la capacità di tendere ad un risultato,la volontà decisa di raggiungerlo. Tra i dinamismi di cui dispone la persona(fisici,psichici e spirituali),il più importante è il dinamismo della volontà,dalla quale vengono le nostre decisioni e le nostre scelte.
E’ la volontà l’energia che dinamizza,mette in atto le nostre facoltà: capisco perché voglio;guardo perché voglio;cammino perché voglio. Ma perché voglio?Perchè voglio. E’ la volontà che fonda,che attualizza il proprio io nelle proprie azioni.
Detto questo,non dobbiamo dimenticare che l’io è mosso a volere dall’attrazione che esercita su di esso la bellezza,la bontà che è insita in uno scopo che si prefigge. Vincere una gara è una prospettiva più attraente che perderla.
Esiste una grave malattia dello spirito,che è il “rifiuto ad agire-volere”. Quando l’uomo è colpito,non agisce …è agito,ossia è reso schiavo. E’ l’accidia : è in sostanza il rifiuto di vivere. Lo sport,a determinate condizioni,può divenire un antidoto contro quella malattia: non l’unico né il più importante,ma può effettivamente far guarire.
Vi è un altro valore veicolato dallo sport: il valore della temperanza. E’ una delle quattro virtù “cardinali”: su tali virtù si basa un esercizio della libertà che voglia far fiorire la propria umanità e non devastarla. Solo un esercizio prudente,forte,temperante e giusto della nostra libertà ci realizza veramente.
Che cosa è la temperanza? E’ la capacità di dare ordine,unità gerarchica ai vari dinamismi della persona. L’attività sportiva è una vera palestra dove si impara ad essere “temperanti in tutto”. Lo sport richiede rinuncia; chiede di educarci ad una profonda capacità di auto-dominio;ci educa ad integrare i vari dinamismi.
Alla condizione del “tutto e subito” dei nostri ragazzi,(anticamera della disperazione),l’attività sportiva educa alla libertà mediante l’esperienza del senso del limite,della necessità della rinuncia,della necessità della disciplina.
Lo sport educa alla libertà! La persona è libera quando si autodetermina nel perseguimento di uno scopo e integra tutti i suoi dinamismi dentro questo intimo movimento della propria persona.
Ulteriori due considerazioni: di fronte alla grave malattia del nostro tempo che è la solitudine,lo sport si costituisce come “gioco di squadra” e,quindi,come “libertà di squadra”: vivere per se stessi porta alla noia di vivere,al tedio della vita. Lo sport può essere uno strumento per educare il ragazzo a “non essere libero per se stesso”.
Nella vita si corre spesso il pericolo di essere squalificati. La condizione per non esserlo è il rispetto delle regole del gioco,della disciplina. E’ una parola questa desueta,ma ci stiamo sempre più rendendo conto che essa è una necessità,anzi “un diritto del ragazzo”.
Tramite lo sport il giovane umanizza se stesso perché esercita la libertà con gli altri in vista di uno scopo perseguito nel rispetto delle regole.
Ma a quali condizioni lo sport può,dunque,risultare educativo?
La prima condizione è che lo sport non si sostituisca alla vita,nell’immaginario e nel vissuto del ragazzo; lo sport è una metafora della vita,non viceversa: ossia la preoccupazione fondamentale di chi educa con lo sport è di condurre il ragazzo dentro la vita mediante l’attività sportiva.
In questo risiede una ambiguità dello sport: esso possiede una potente capacità evocativa del vissuto umano,ma nello stesso tempo può chiudere la persona del giovane in un universo falso e falsificante la sua esistenza.
La seconda condizione fondamentale è che non si perda coscienza del valore relativo dello sport: nella vita ci sono cose molto più importanti! Nella giornata il tempo dedicato alla attività fisica va rapportata agli impegni cui deve dare risposta: famiglia,scuola,religione…
E’ poi necessario non lasciare che l’attività sportiva sia dominata dalla logica del mercato. Riassumendo : contestualizzare l’attività sportiva nel contesto della vita; relativizzare il suo valore ed ambito; misurare sapientemente il tempo ad esssa dedicato; salvaguardare la gratuità di gioco.
Il motto del poeta latino Giovenale che solitamente viene citato,è citato in modo tale da cambiarne il senso. Il testo intero del poeta dice: orandum est ut sit mens sana in corpore sano! E’ questa la ragione vera per cui noi dobbiamo anzitutto prendersi cura della persona umana,così che essa non venga strumentalizzata ed esposta a possibili degradazioni.
Prof. Natale Filippi