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Coniuge a carico: il governo vuole togliere la detrazione

Coniuge a carico: il governo vuole togliere la detrazione

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Via la detrazione, donne solo al lavoro
Per i nuclei monoreddito si tratterebbe di una penalizzazione pesante. E soprattutto sarebbe l’ennesimo passo indietro nella tutela della famiglia.

La sorpresa – amara – è quasi nascosta all’ultima pagina della scheda di sintesi della legge delega che il governo intende presentare in Parlamento per riformare il mercato del lavoro. Nel capitolo “Delega in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali” al punto c) si legge: «Abolire la detrazione per il coniuge a carico ed introdurre il tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito familiare». In sostanza, il governo si appresta a cancellare l’unico sostegno economico previsto per le donne che scelgono di restare a casa per curare i figli o gli anziani genitori. Si tratta di una cifra di per sé non enorme: 800 euro l’anno per i redditi medio-bassi, riconosciute al marito che lavora (o alla moglie se a casa rimane l’uomo). La detrazione, modesta, è pure collegata al reddito del contribuente e cala prima a 690 euro e poi si azzera del tutto oltre gli 80mila euro di reddito lordo. I percettori delle detrazioni (per coniugi e figli) sono 11,8 milioni di contribuenti, secondo l’ultima ricognizione effettuata all’epoca del governo Monti. Quelli relativi al solo coniuge a carico si stimano in almeno 5 milioni, ai quali in sostanza lo Stato riconosce 3,5 miliardi di euro l’anno. Circa 5 milioni di contribuenti, quindi, che rischiano di avere una perdita netta o di vedersi praticamente annullati gli aumenti prospettati ieri dal premier Renzi nella sua pirotecnica conferenza stampa.

Ma la questione va molto al di là del mero problema economico. L’idea sottesa all’operazione, infatti, non è semplicemente quella di favorire l’occupazione femminile – fatto in sé apprezzabile – ma ritenere il lavoro esterno delle donne quale unica forma degna di riconoscimento pubblico. Come se la cura familiare fosse un’attività meramente privata, un lusso, un privilegio che va a detrimento della società, anziché garantirne l’arricchimento, com’è nella realtà grazie all’educazione dei figli e alla presa in carico degli anziani. Una visione puramente ideologica, figlia di una concezione sbagliata della parità, che di fatto nega alle donne una reale libertà di scelta se lavorare fuori casa o dentro, se produrre beni oppure occuparsi a tempo pieno dei figli. Tutto il contrario delle pari opportunità!

Francesco Riccardi
www.avvenire.it