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A Vo’ (PD) la quarantena non ci fa paura

A Vo’ (PD) la quarantena non ci fa paura

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Vo’, tristemente famoso, è stato il primo paese nel Veneto a registrare un focolaio dell’infezione da Coronavirus con la prima vittima deceduta il 23 febbraio a Schiavonia.
Dal 25 febbraio con un decreto straordinario del Governo è stata imposta la quarantena per tutto il paese.
Nel piccolo paese sui Colli Euganei è arrivato l’esercito con i paracadutisti della Folgore impegnati a presidiare i confini.

VIVERE IN QUARANTENA CON QUATTRO BAMBINI PICCOLI – LA FAMIGLIA GRANZON SI RACCONTA

Venerdì 21 febbraio, si torna da lavoro con la testa già sul fine settimana come sempre bello denso di attività (sport, lezioni di musica, feste di compleanno e pulizie di casa). Giusto il tempo di recuperare i nostri quattro figli distribuiti dai parenti in occasione della malattia della nostra baby sitter e una sbirciata al telefono cambia il corso della serata e non solo.
Un messaggio WhatsApp riporta il link ad un articolo di un quotidiano locale che parla di due contagi da Coronavirus in Veneto. Di dove esattamente? Di Vo’!
Che modo triste di diventare famosi, penso, ma non ho subito la percezione dell’entità di ciò che sta per accadere: fino a quel momento l’epidemia era relegata, nell’immaginario comune, ad un altrove lontano, quasi esotico e arretrato, distanziata geograficamente e temporalmente.
Le chat locali sono fumanti, i genitori dei vari gruppi classe, dei gruppi sportivi e aggregativi nonché parrocchiali, scambiano tra loro compulsivamente messaggi creando dal nulla una coscienza di gruppo che parla di “allerta – allarme” tentando di arrivare a una conoscenza di dettagli che confermino o smentiscano gli articoli delle testate giornalistiche on-line.
Silenziamo i telefoni per non togliere troppo spazio alla vita familiare che non può arrestarsi, è quasi ora di cena e soprattutto Dora ha 14 mesi e deve essere sorvegliata
a vista ora che ha imparato a camminare e sta sviluppando un notevole spirito di esplorazione; la curiosità però è troppa e noi adulti giriamo per casa con il telefono in mano.
Durante il disperato tentativo di preparare la cena prima che scattino i pianti delle bimbe più piccole affamate, accendiamo come al solito la TV.
Questa volta vorremmo sintonizzarci su un TG ma i bimbi provano a deviare l’attenzione sui loro canali preferiti e il risultato è zapping compulsivo.
Apprendiamo che per Vo’ sarà attivata la quarantena, un cordone sanitario. Sono termini che a me, che di quarantena conoscevo soltanto quella dell’antivirus del computer, dicono poco o niente. Non sono ancora preoccupato ma Samuela, grazie al suo background di studi e professionale, mi spiega che c’è poco da scherzare.
La “serata cinema”, un film per bambini in TV che di solito ci concediamo il venerdì, è ormai “saltata”, la discussione ha catturato anche l’attenzione dei bimbi più grandi: Zaccaria ha 8 anni e Letizia 6 ed iniziano a voler sapere e capire.
Già avevano sentito parlare di Coronavirus dai compagni di scuola e dai nonni soprattutto; in casa nostra infatti, sebbene Babbo Natale quest’ultimo Natale abbia portato la televisione, non si vedono quasi mai i TG, durante i pasti è spenta e la si accende per lo più per intrattenimento serale dei bimbi.
La percezione di pericolo e gravità contagia tutti in qualche modo, anche se Agata di 3 anni e soprattutto Dora di 14 mesi non ne hanno consapevolezza.
Zaccaria si arrabbia, Letizia piange ed esprime il suo sentimento di paura.
Cerchiamo, seppur maldestramente, di rimediare: distogliamo l’attenzione dalle notizie bombardanti e parliamo, rassicuriamo i bimbi accompagnandoli verso le nanne.
Di virus in fondo ne abbiamo già conosciuti tanti, dovremo avere nel prossimo periodo delle attenzioni particolari per non ammalarci, ma molte norme non sono del tutto sconosciute… Niente fazzoletti in giro, non spargiamo batteri e virus per casa con starnuti e colpi di tosse “senza contenimento alcuno”.
Cominciamo a giocare sul modo nuovo suggerito per bloccare le secrezioni, non la mano ma l’avambraccio di fronte al viso…. Etciù!!!

Il fine settimana ci serve per prendere consapevolezza, fino a domenica le strade sono ancora aperte, ma decidiamo di non uscire se non per recuperare la spesa che un’amica fuori paese si è gentilmente offerta di procurarci, seguendo così alla lettera l’indicazione di una quarantena sebbene non ancora realizzata attraverso controlli delle Forze dell’Ordine. Tutto intanto si ferma, iniziamo ad ascoltarci l’un l’altro: Zaccaria, 8 anni, è il curioso di famiglia ed inizia a tempestarci di domande: a quanti anni si può diventare virologi?
Che differenze ci sono fra virus e batteri? Letizia invece esprime la delusione per i mancati festeggiamenti del carnevale…
Ci inventiamo allora delle mascherine particolari per il carnevale 2020, non coprono gli occhi, ma la bocca e il naso! Papà Matteo prova con dei fazzoletti di carta, elastici e cucitrice, mamma Samuela invece si cimenta con ago e filo e vecchie camicie… Organizziamo poi per il martedì grasso la sfilata di Carnevale con video chiamata WhatsApp ai nonni ed agli zii precedentemente istruiti: i quattro nonni avrebbero dovuto votare per il travestimento preferito.
All’insaputa dei bimbi assegniamo con un messaggio un nipote ad ogni nonno per arrivare alla parità perfetta. Cosa non ci si inventa per evitare l’ennesimo litigio fraterno!
I giorni passano, si inizia a perdere la percezione del tempo, i bimbi iniziano a notare l’isolamento anche dai nonni e dagli zii del piano di sotto. Mamma, papà, si va a scuola domani? – No, amore, ancora vacanza! – e dopo un attimo di riflessione : – Ma tu al lavoro ci vai? – No, anche mamma e papà stanno a casa -.
Iniziamo a prepararli all’esecuzione del tampone per la ricerca del Coronavirus disposto dalle autorità per tutti i residenti di Vo’, spieghiamo che ci saranno degli infermieri vestiti più o meno da astronauti con dei cotton fioc; dalla pediatra abbiamo già fatto esperienze simili!
Mandiamo il papà in avanscoperta per non metterci in fila tutti e sei, ben sapendo che non sarebbe controllabile la reazione dei bimbi nel rivedere compagni di scuola o conoscenti, così come vari sono gli atteggiamenti assunti dalle persone in attesa del test; ci diciamo che serve prudenza! Questo virus oscilla nelle rappresentazioni dei concittadini tra il germe letale e l’“influenzina”, con le conseguenti incoerenze nei comportamenti assunti: è difficile vivere con serietà ma nel contempo con serenità la quarantena. Si respira il clima di attesa del risultato dei test nei toni delle chat che ci mantengono sempre collegati al resto del paese. L’esposizione mediatica conseguente alla dichiarazione del nostro paesello come focolaio epidemico estende ed infittisce la rete di relazioni parentali e amicali che ci vogliono offrire il loro sostegno attraverso chiamate e messaggi: abbiamo risentito e video chiamato amici da tutta Italia nelle due settimane di quarantena e ciò non ci ha mai fatto sentire soli o isolati.
Anche la scuola si è prontamente resa presente: le Insegnanti e il Dirigente Scolastico hanno attivato webinar, chiamate Skype, messaggi vocali e video diretti agli alunni, nonché schede ed esercizi scaricabili dal registro elettronico.
I datori di lavoro hanno fatto recapitare attraverso il passamano con i militari messi a sorveglianza dei confini del territorio comunale, gli strumenti per lo smart working.
In un attimo quindi ci siamo ritrovati nuovamente nel consueto caos delle famiglie numerose con l’aggravante della costante compresenza di tutti e sei membri della famiglia, ciascuno costretto a realizzare le proprie attività entro gli spazi domestici. Sicuramente chi ha apprezzato di più questa situazione surreale è stata la piccola Dora, divertita dalla presenza dei genitori e soprattutto di tutti i fratelli con cui giocare e litigare 24 ore su 24!
Se i nonni durante la quarantena hanno risistemato tutta casa, noi dovremo chiamare un’impresa di pulizie e gli imbianchini quando i bimbi potranno defluire dall’appartamento e tornare ai loro impegni scolastici e sportivi – ricreativi.

Noi in questo periodo ci siamo molto interrogati e impegnati per trasmettere ai nostri figli e ai nostri contatti un messaggio di richiamo alla responsabilità e solidarietà collettiva.
La quarantena difende prima di tutto la comunità civile dal potenziale rischio di contagio; solo la certezza di negatività al test di diagnosi di Covid-19, può essere vissuta come una protezione individuale. Altrettanto, ora che è stato sciolto il cordone sanitario attorno al nostro paese e siamo tornati a lavoro, l’uso dei DPI (mascherine e guanti) è prima di tutto strumento di prevenzione collettiva piuttosto che individuale, e perciò indossarli è atto di responsabilità e rispetto degli altri prima ancora che di se stessi.
Le famiglie numerose sono forse più “allenate” ad affrontare una condizione come questa perché già hanno potuto sperimentare la necessità di proteggere i propri membri più fragili anche con comportamenti, atteggiamenti e misure di contenimento individuali.
Noi avevamo già usato in casa le mascherine chirurgiche durante la convivenza in casa di bimbi affetti da malattie esantematiche e altre virosi tipiche dell’infanzia particolarmente pericolose per i fratellini neonati o ancora custoditi nel pancione della mamma.
La famiglia d’altronde è sempre la prima cellula della società civile dove piccoli cittadini crescono: tanto più in famiglia si sperimenta la co-responsabilità e la difesa della salute anche dei più deboli a costo di piccole rinunce personali, maggiormente si sapranno affrontare i sacrifici che la lotta alla diffusione dell’epidemia richiede a tutti.

Matteo e Samuela con Dora, Zaccaria, Letizia e Agata

Le foto rappresentano la famiglia Granzon e i presidi militari a Vo’