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VIVERE IN OTTO CON DUEMILA EURO AL MESE

VIVERE IN OTTO CON DUEMILA EURO AL MESE

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Cari amici,

la “storia” pubblicata sulla pagina di cronaca Torino de La Stampa, lunedì scorso 30 giugno, ad esemplificazione – credo – di cosa sia una famiglia numerosa, ha provocato reazioni diverse. Amici ci hanno mandato sms rallegrandosi dello spazio che ci viene offerto, abbiamo ricevuto telefonate di curiosità anche da sconosciuti che hanno rintracciato il nostro numero telefonico ed anche una replica sulla rubrica “Specchio dei tempi” del giornale.

Qui sotto l’intervento e la risposta che abbiamo ritenuto dare, alla Sig.ra Tardon innanzitutto.

C’è sicuramente tanto da cambiare; in noi come nel resto del mondo.

Anche per questo affidiamo l’opera delle nostre famiglie al Signore.

Un abbraccio

Daniele e Letizia

Una lettrice scrive:
«Vorrei fare alcune considerazioni sull’articolo famiglie “extra large” comparso oggi sulla Stampa. Mamma Letizia sostiene: ”Avere tanti figli vuol dire lasciare che arrivino… abbiamo sempre avuto la certezza che avremmo avuto aiuto: a Torino i servizi ci sono”.
«Un tempo tanti figli erano una benedizione, erano forza lavoro, ma oggi che il lavoro non c’è che futuro gli prepariamo?
«Mettere al mondo figli è una libera scelta, ma se questa scelta coinvolge la comunità gravando sul bilancio pubblico bisogna fermarsi a riflettere. La signora Letizia è una insegnante: quanti mesi di servizio effettivo può vantare? Tra maternità e permessi pagati penso che questi figli glieli stiamo allevando un po’ noi».
Magda Tardon

Spett.le Specchio dei Tempi,
inoltro questa mia perché possiate farla giungere alla Sig.ra Tardon. Qualora La Sig.ra Magda ritenesse utile potrete anche pubblicarla ma innanzitutto desidero poterle comunicare alcune riflessioni.
Vi ringrazio perché onorate il nome della rubrica di cui avete cura, risultando proprio “specchio dei tempi”.

Gentile Sig.ra Magda,
innanzitutto La ringrazio per la sincerità con cui ha esposto il contraccolpo destato dalla lettura dell’articolo che ci riguarda. Molti la pensano come Lei, ma veramente in pochi sono disposti a mettersi in gioco ed esporre seriamente le proprie ragioni, affrontando un dibattito, un incontro vero con l’altro, che potrebbe fare accadere qualcosa di non già previsto.

La Sua obiezione riguarda innanzitutto le ragioni che sostengono il vivere e la fatica di cui facciamo esperienza. Fare fatica gratuitamente, senza ragioni e – sembrerebbe ancora più importante – senza un’utilità che mi riguardi nell’economia del poco tempo che mi appartiene è troppo per la contingenza in cui mi trovo a vivere. In fondo quale sia l’oggetto reale della mia speranza; Nulla può contraddire tale sentimento se non l’esperienza di una gratuità che abbia investito, innanzitutto, noi stessi. Per questo noi possiamo reggere la fatica ed essere grati, senza vergogna, a quanti ci sono compagni per un tratto di strada comune. Ancor prima di qualsiasi aiuto materiale, è la consapevolezza di una condivisione, del comune riconoscimento del destino ultimo e della comune natura, come desiderio, bisogno, speranza a consentirci di affrontare le sfide con cui quotidianamente veniamo provati.

L’esperienza della nostra famiglia ci ha consentito di approfondire tali ragioni ed incontrare un bene altrimenti inimmaginabile. Parlando dei “suoi piccoli mostriciattoli”, come taluni avevano definito l’oggetto del suo studio, il prof. Lejeune, nel corso di una conferenza nel 1990 afferma: “La gente dice: “Il prezzo delle malattie genetiche è alto. Se questi individui potessero essere eliminati precocemente, il risparmio sarebbe enorme!” – “Certo, queste malattie costano care in termini di sofferenza per i pazienti e le loro famiglie, in termini di carico sociale per la comunità che a volte deve sostituire la famiglia perché il fardello può diventare insostenibile. Ma questo costo in termini di denaro e di sacrificio è esattamente il prezzo che deve pagare una società se vuole rimanere pienamente umana”. (CHI HA PAURA DEL VECCHIO ALBERT? – Rimini, 28 agosto 1990) è rintracciabile l’interessante trascrizione a cui La rimando.

Non per amore di citazioni, tale affermazione trova spiegazione: «Uno dei miei amici, il professor Varkani, docente di embriologia a Cincinnati, mi ha raccontato il fatto seguente: “Una notte, quella del 20 aprile 1889, mio padre, medico a Braunau in Austria, è chiamato per due parti. Uno era un bel bambino che strillava a pieni polmoni; l’altro una povera bambina trisomica. Mio padre ha seguito i destini di questi due bambini. Il bambino ha avuto una carriera straordinariamente brillante; la ragazzina, invece, un cupo futuro. Tuttavia quando la mamma è stata colpita da emiplagia, la ragazza, il cui quoziente intellettivo era assi mediocre, è riuscita con l’aiuto dei vicini ad occuparsi della casa e a rendere felci i quattro anni in cui sua madre è rimasta immobile a letto”. L’anziano medico austriaco non ricordava più il nome della ragazza, ma non ha potuto mai dimenticare quello del bambino: Adolf Hitler». (v. jean-Marie Le Méné, Il Professor Lejeune fondatore della genetica moderna, ed Cantagalli, 2013 p. 54).

L’ascolto del lavoro di Marco Paolini “Ausmerzen” è illuminante circa la consequenzialità del calcolo sui costi che la società sopporta in ragione degli individui meno “produttivi”. Vale per i minorati e per tutte le altre categorie di diversi. Tra queste, oggi, le famiglie con più di due figli?
Una mia conoscente, senza figli pur avendo una relazione di convivenza stabile, aveva un gatto cui era molto affezionata e che aveva allevato per molti anni. – Preciso che a me piacciono sia i gatti che i cani, non ho quindi alcun giudizio negativo sul punto. – Quando l’animale era ormai vecchio e si approssimavano i suoi ultimi giorni, questa persona – che chiamerò Sofia – si aggirava come smarrita per i corridoi della scuola e dopo il decesso del gatto rimase un mese a casa per curare la depressione. Quante “Sofia” incontriamo tutti i giorni, qual è il costo che la società sopporta per alleviare situazioni simili di solitudine e frustrazione. Quanti danni ha prodotto l’imposizione del “figlio unico” in paesi come la Cina; quale visione dell’uomo e quale calcolo sta dietro certa propaganda abortista.

Non voglio rinfocolare uno scontro, che potrebbe essere solo ideologico, ma invitarla a prendere un caffè a casa mia: potrebbe scoprire – lo spero veramente – che la sua fatica ha una prospettiva di bene più grande di quanto non avremmo mai immaginato.

Cordialmente
Daniele Salanitro

il mio cell. è 3336030140

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