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Milano, sull’asilo il condominio si spacca: «I bimbi devono rimanere»

Milano, sull’asilo il condominio si spacca: «I bimbi devono rimanere»

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Letta la notizia che «La locomotiva di Momo» sarà costretta a trasferirsi, una parte degli inquilini si schiera con la struttura: non dà alcun fastidioIl fronte del no (all’asilo nel condominio) si spacca.

Ieri mattina, letta la notizia che «La locomotiva di Momo» sarà costretta a trasferirsi perché «il vociare dei bambini che entrano ed escono disturba gli abitanti del palazzo», sono stati gli stessi proprietari e inquilini di via Anfossi 36 a scrivere al Corriere. La maggioranza dei residenti ha fatto causa al nido perché se ne vada (e in primo grado ha vinto). Loro vorrebbero invece restasse. E provano a convincere anche gli altri, «gli intolleranti», a fare un passo indietro.

Sul tema è intervenuta l’assessore al Tempo libero Chiara Bisconti, che in questi anni ha vinto la battaglia per sancire il diritto dei bambini a giocare nei cortili delle case: «Contro un individualismo eccessivo l’appello è ancora una volta a ritrovare il senso di comunità e umanità che per una città è fondamentale», dice. Cos’è che disturba, «il rumore della vita»? La scuola ha accesso separato ed è insonorizzata, come testimoniano le perizie acustiche e gli stessi vicini. «Quando si è saputo che arrivava un asilo ero terrorizzata, per la mia attività ho bisogno di assoluto silenzio — spiega Giuliana Broli Nicoletti, psicoterapeuta e proprietaria di uno studio al piano terra, di fianco ai locali nell’occhio del ciclone —. Mi ero espressa a sfavore, in assemblea, ma ho cambiato idea e adesso li difendo a spada tratta». Dentro la struttura, 600 metri quadrati, ci sono cento bambini e ventuno persone che lavorano con contratto. «Il fastidio è insussistente, mai uno schiamazzo molesto. Lo so perché lavoro lì», rilancia Lorenzo Gorla, avvocato con ufficio nel palazzo. E Felice Soldano, il socio: «L’attività coinvolge tante persone, interromperla sarebbe perdere una risorsa sociale importante, pensiamo anche a questo».

Agguerrita, in questo palazzo con cinque scale, è un’altra un’inquilina, Maria Emanuela Adinolfi, 50 anni. «Imbarazzante che lo stabile sia in maggioranza riottoso ad accettare il nido, che non dà alcun disagio. Dal mio punto di vista anzi aumenta il valore dell’edificio», dice. Anche Claudia Girelli, mamma di cinque ragazzi e proprietaria di un alloggio al quinto piano, non si capacita: «Bisogna essere tolleranti con tutti, figuriamoci coi bambini che sono la vita e il futuro. Il loro piccolo vociare, almeno per la mia famiglia, è fonte di energia».Paola Bocci, consigliera Pd che in Comune si è sempre occupata di scuola, entra ancora più nel merito e ricorda che i nidi pubblici non bastano per accogliere tutte le richieste. «Per questo ci appoggiamo ai privati in convenzione, ma è raro trovare una struttura come La locomotiva di Momo — riflette —. Se la sua qualità pedagogica è così alta dipende anche dagli spazi eccellenti che occupa. Grandi, luminosi e di fronte al parco». Le sorelle titolari, Cinzia e Giuliana D’Alessandro, nel settore da vent’anni, hanno investito per ristrutturarli più di 300 mila euro. «L’insonorizzazione è stata una delle voci più pesanti — spiega Cinzia — Per rientrare delle spese servono almeno altri otto anni». Contro la sentenza hanno fatto ricorso in appello, e chi fa quadrato intorno a loro da oggi è più combattivo. Conferma una giovane proprietaria del condominio, Paola Scattola, studentessa: «Siamo pronti a mobilitarci per loro e perché nel palazzo si tenga conto dei valori umani preziosi di cui i bambini, che qui vengono educati al rispetto e alla tolleranza, sono portatori».

Fonte: milano.corriere.it  di Elisabetta Andreis