Il voto fiduciario dei bambini

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    È uno dei temi affrontati durante l’assemblea dei soci Anfn, ospitata all’hotel Club Esse a Montesilvano: il voto fiduciario dei bambini. Ne ha parlato, in un videomessaggio, Matteo Rizzolli, sposato, padre di cinque figli, docente universitario, insegnante di politiche, amministrazioni e innovazione all’università Lumsa a Roma.

    «Un problema centrale nelle democrazie moderne riguarda l’invecchiamento dell’elettorato e il conseguente squilibrio delle politiche pubbliche a favore delle generazioni più mature» osserva Matteo Rizzolli. «La spesa pubblica infatti è impegnata principalmente sulle voci di spesa come  le pensioni e le prestazioni sanitarie che riguardano maggiormente la generazione più anziana e meno sulle voci di spesa come l’educazione e le politiche per la famiglia che interessano i giovani e le famiglie. Questo squilibrio è ulteriormente aggravato dal fatto che i giovani hanno meno propensione a votare e quindi di influenzare direttamente le politiche che li riguardano. Un esempio emblematico è il risultato del referendum sulla Brexit, dove, se i giovani avessero votato in massa, il risultato avrebbe probabilmente avuto un esito differente».

    Cosa fare?
    «Per riequilibrare il processo decisionale democratico e renderlo finalmente attento alle esigenze delle generazioni giovani e future diverse proposte sono state avanzate. Tra queste c’è il voto fiduciario, conosciuto anche come voto delegato o voto alla Demeny.
    Il voto fiduciario dei bambini è una proposta che mira a includere i minori nel processo decisionale, permettendo ai genitori di votare in loro nome. Si può facilmente intuire come questo sistema consentirebbe una rappresentanza politica molto più significativa degli interessi delle generazioni giovani, bilanciando l’influenza politica degli elettori più maturi che attualmente dominano le elezioni.
    L’idea del voto fiduciario è stata riportata in auge dal demografo Paul Demeny negli anni ’80, ma ha radici ancora più antiche. Antonio Rosmini, nel 1848, nel contesto della sua proposta di costituzione, avanzò una visione simile: il padre di famiglia, responsabile del benessere di tutti i membri (inclusa la moglie), avrebbero dovuto rappresentarli anche in ambito politico. Un idea molto avanzata per il tempo, dal momento che allora l’elettorato era limitato a uomini selezionati per censo.

    Nel contesto attuale, il voto fiduciario è stato di recente menzionato nella campagna elettorale americana: il candidato repubblicano alla vicepresidenza JD Vance ha espresso sostegno per questa misura, come strategia per contrastare la denatalità e incentivare politiche più favorevoli alle famiglie».

    Il voto fiduciario ai bambini è anche una questione di giustizia…
    «Pensare al voto fiduciario dei bambini solo come una misura per riequilibrare la spesa pubblica è però riduttivo. Esso rappresenta anche una fondamentale questione di diritti umani. I bambini, infatti, costituiscono l’unica categoria di cittadini che rimane politicamente esclusa, senza la possibilità di esercitare un proprio diritto di rappresentanza. Nel corso della storia, gruppi esclusi come i poveri, le donne, le minoranze etniche e le persone con disabilità sono stati progressivamente emancipati attraverso l’acquisizione del diritto di voto. Tuttavia, i minori sono ancora privati di questo diritto fondamentale, nonostante abbiano già responsabilità e diritti significativi in altri ambiti, come la salute e la famiglia. Il riconoscimento del voto fiduciario si porrebbe quindi come una forma di emancipazione politica per una popolazione che, pur non avendo ancora piena autonomia decisionale, è direttamente interessata dalle scelte politiche e merita una protezione e una rappresentanza adeguate. In questo senso, il voto fiduciario non è solo uno strumento per migliorare l’equità generazionale, ma anche un passo verso il pieno riconoscimento dei diritti civili dei più giovani, permettendo loro di essere finalmente considerati membri a pieno titolo della comunità politica».

    Un’alternativa complementare: abbassare l’età del voto…

    «Vero. Oltre al voto fiduciario, c’è un movimento parallelo che promuove l’abbassamento dell’età minima del voto oggi fissata a 18 anni. Diversi paesi hanno permesso ai sedicenni di votare alle recenti elezioni europee. Ma perché 16 e non una soglia ancora minore? Diversi studiosi e attivisti sostengono la necessità di abbassare l’età minima molto di più ed alcuni genitori hanno deciso di passare all’azione cedendo il proprio voto ai propri figli: in primavera se ne è parlato su Avvenire e proprio questi giorni il Guardian ha dato spazio ad una simile iniziativa globale. Una delle obiezioni più comuni all’abbassamento dell’età del voto o al voto fiduciario riguarda le presunte carenze cognitive dei minori. Si argomenta spesso che i giovani non abbiano ancora la maturità necessaria per prendere decisioni informate e razionali. Tuttavia, diversi studi e casi pratici mettono in discussione questa affermazione. In molti paesi, i giovani già godono di diritti e responsabilità significativi. Ad esempio, possono sposarsi, diventare genitori, prendere decisioni mediche importanti e, in alcuni paesi, possono essere processati penalmente già a partire dai 14 anni. E al tempo stesso nessuno mette in discussione il diritto di voto degli adulti che hanno seri e comprensibili limiti cognitivi. Ed allora perché discriminare solo i giovani sulla base di una non meglio definita soglia di maturità?»

    È possibile tenere insieme voto fiduciario dei bambini e abbassamento dell’età del voto?

    «Il voto fiduciario dei bambini e l’abbassamento dell’età del voto, non sono due misure alternativa m al contrario possono andare tranquillamente insieme: si potrebbe infatti avere una soluzione inclusiva e dinamica per garantire una piena rappresentanza politica delle giovani generazioni. Il voto fiduciario permetterebbe ai genitori di rappresentare i figli fino a quando questi non raggiungano un’età sufficiente per votare autonomamente. E quale sarebbe quest’età? Perché non lasciare ai ragazzi decidere quando si sentono pronti, facendo un’apposita richiesta per avocare a se il voto fiduciario esercitato fino ad allora dai genitori (naturalmente dovrebbe passare automaticamente ai giovani con la maggiore età). In questo modo, si eviterebbe la totale esclusione dei bambini dal processo democratico durante la loro infanzia, garantendo comunque che, al raggiungimento dell’età della maturità politica individuale, possano esercitare il voto in prima persona. Questa combinazione crea un continuum di partecipazione: da una fase iniziale in cui i diritti dei minori sono protetti tramite i loro genitori, fino a un passaggio graduale verso l’autonomia politica grazie all’abbassamento dell’età del voto. Unire queste due proposte favorisce non solo l’inclusione politica delle famiglie, ma anche la graduale educazione e responsabilizzazione dei giovani, che entreranno nella vita democratica già consapevoli e preparati, rafforzando così l’intera struttura democratica».