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I bambini come datori di lavoro

I bambini come datori di lavoro

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CHILDREN? EMPLOYERS!        

Per comprendere quali siano, già oggi, le conseguenze economiche sull’isola di questo disastro demografico, è sufficiente esaminare tre situazioni tipiche di categorie professionali che traggono ragione di essere e sostentamento dalla presenza dei bambini, quali i Pediatri, gli Insegnanti e i Commercianti del settore.

Per quanto riguarda il mondo scolastico, la Fondazione Agnelli, istituto indipendente di ricerca nelle scienze sociali particolarmente sensibile alle politiche scolastiche, il 12 aprile di quest’anno ha pubblicato il suo periodico approfondimento. Questo lavoro, dal titolo “Scuola. Orizzonte 2028”, ha evidenziato come, nei prossimi dieci anni, l’evoluzione demografica porterà a una rilevante contrazione della popolazione studentesca da 3 a 18 anni. In tutte le circoscrizioni e regioni del Paese, tale fascia di età si ridurrà da 9 a 8 milioni e comporterà la progressiva scomparsa di decine di migliaia di classi e di circa 55mila cattedre.

Nel panorama nazionale, la Sardegna avrebbe di gran lunga i più alti indici di scomparsa della popolazione scolastica, con percentuali che, alla fine del decennio preso in esame sarebbero rispettivamente del -20% per la scuola dell’infanzia, – 24% per la scuola primaria, -17 e -7% rispettivamente per la scuola secondaria di primo e secondo grado.

E’ prevedibile, perciò, una riduzione o chiusura di classi e/o sezioni che la Fondazione Agnelli ha elaborato nella Tabella 2.

A tutto questo corrisponderà un enorme surplus di insegnanti con un blocco dell’inserimento dei più giovani di loro nel mondo del loro lavoro.

Per comprendere l’impatto di una denatalità così marcata sul mondo del consumo dedicato ai bambini, osserviamo due indicatori tipicamente italiani dei prodotti destinati a questa fascia di età: il latte fresco e il mercato dell’abbigliamento.

Lo studio di Assolatte del marzo 2018 (Latte in pillole N°3 / 2018), ha evidenziato come, in Italia, nell’anno 2017 ci sia stato consumo di latte fresco di -6% rispetto al 2015. Nello stesso periodo anche i latti per l’infanzia hanno segnato -8,6%.

Con il segno meno anche le vendite a volume dei baby food che, nell’ultimo triennio, sono diminuite del 5,7%, e dei pannolini, del 2,3% (Fonte: Nielsen Retail Measurement Sales data, 2012-2014 Cagr).

Sita Ricerca, un istituto italiano di ricerche specializzato nel mondo della moda ha condotto un’indagine per Pitti Immagine Bimbo. I dati più aggiornati relativi alla moda Junior riferiti alla stagione Autunno/Inverno 2016-17 hanno registrato un decremento pari al -1,8% in termini di spesa corrente, mostrando un nuovo deterioramento rispetto al 2015-16 (-0,9%). Il segmento “bambino” archivia una flessione pari al meno 0,5%, mentre il segmento “bambina” (che copre il 47,2% del comparto) chiude al -0,2%.
Il “neonato”, invece, mostra una debole variazione positiva, corrispondente al +0,3%.

Lungi dal rappresentare una “spesa”, i figli sono invece una “risorsa” per l’economia nazionale. Generano necessità di figure professionali con conseguenti posti di lavoro e consumi di primaria importanza che mettono in moto un ciclo produttivo virtuoso. In una società “anziana” come la nostra sono i veri e ultimi motori di un’economia ristagnante nelle secche dell’assistenzialismo alla terza età.

Non ultimo, dovranno sostenere, in pochi, l’argine sempre più debole contro il collasso del nostro sistema delle pensioni.

Per questo, oggi ancor più che i passato, dovremmo guardare a ogni neonato e a ogni figlio, non solo con la tenerezza di sempre ma come a una promessa, anche economica. Forse loro sono l’ultima possibilità di un benessere futuro non solo per noi ma per tutto il paese.

 

Paolo Masile
(Già Pediatra e Neonatologo presso A.O. Brotzu – Cagliari)