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«Famiglia e crescita, stesso destino»

«Famiglia e crescita, stesso destino»

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L’economista Campiglio: senza politiche familiari efficaci, ripresa più difficile

«Da qualche parte dovremo cominciare. Dovremo cominciare a dare un futuro ai nostri giovani. Dovremo cominciare a non rendere così ardua la ricerca di un lavoro. Dovremo cominciare a offrire loro la possibilità di avere case a prezzi accessibili. Dovremo cominciare a permettere a questi ragazzi la possibilità di fare famiglia. Dovremo cominciare, prima o poi. Ma da trent’anni sentiamo solo promesse e, guarda caso, famiglia ed economia vanno sempre peggio. Io sono ottimista di natura, e penso che sia sempre possibile invertire la tendenza».
L’economista Luigi Campiglio, docente alla Cattolica di Milano, scorre la prolusione del cardinale Bagnasco e annuisce: «Sì, i problemi sono messi tutti in fila in modo efficace. Non manca nulla. Ma, da parte della politica, faccio fatica a vedere una strategia efficace per risolverli».

Famiglie in crisi, denatalità, economia stagnante. Che collegamento tra queste emergenze?
La situazione italiana, e in parte europea, è caratterizzata da una contrazione della natalità dovuta anche, ma non solo, alla crisi economica. Per invertire la rotta servirebbero riforme coraggiose di cui, però, al momento non si vede neppure l’inizio. Gli unici interventi a favore della famiglia sono quelli a costo zero. Che infatti non servono a nulla. Anzi, sulla fa- miglia si caricano anche i problemi di cui lo Stato non sa farsi carico, a cominciare da anziani e malati non autosufficienti.

Mancanza di progettualità o derive ideologiche?
L’uno e l’altro. Per la progettualità basterebbe prendere spunto dai Paesi che hanno una buona organizzazione di welfare familiare. In Francia, per esempio, c’è un premio alle famiglie per il rientro scolastico. Non è tanto il fatto economico, quanto l’alleanza che si sancisce tra Stato e famiglia a favore della scuola come valore, come investimento sul futuro. Questo vuol dire puntare sulla risorsa giovani.

Da noi invece?
Noi tolleriamo il fatto che la comunità londinese più propositiva sia quella rappresentata dai giovani italiani. E comunità under 30 altrettanto significative sono presenti a Parigi, a Berlino e nelle altre capitali europee. Ma con tutti questi giovani all’estero è evidente che il numero delle giovani famiglie stia crollando. Però ci sono ancora politici – ecco il riferimento ideologico – che sotto sotto guardano con sospetto al sostegno della natalità. E infatti le risorse per questo tipo di iniziative non si trovano mai.

Lavoro che manca, giovani costretti ad andarsene, politiche familiari vacillanti. C’è una strategia per uscirne?
Ripeto. Copiamo da chi è riuscito a risolvere almeno in parte il problema. Quando la Svezia si è accorta che il tasso di natalità stava pericolosamente precipitando, ha investito in quella direzione. E in pochi anni il dato è stato invertito. Poi hanno visto che avere tanti giovani senza una formazione adeguata, non sarebbe servito a niente. Ed è nata la riforma scolastica. Perché non riusciamo a capire che tra natalità, famiglia, scuola, ripresa economica c’è un collegamento immediato? Non è possibile puntare su un segmento e trascurare l’altro.

Il cardinale Bagnasco sottolinea che «sanare vuol dire innovare».

Un invito che va raccolto e moltiplicato. L’innovazione è il motore dello sviluppo sano della società e dell’economia. Innovare vuol dire permettere che le cose funzionino. Ma la politica deve agevolare l’innovazione, non ostacolarla. Qui invece non si vedono progetti a lunga scadenza. Purtroppo.

Non diceva all’inizio che da qualche parte sarà comunque obbligatorio cominciare. Su che cosa si regge il suo ottimismo?
Prima o poi si renderanno conto che se la famiglia non viene sostenuta rischia davvero l’annientamento. Ma se muore la famiglia, rischiamo di fare il funerale a tutti noi. Non succederà. I grandi cambiamento sociali avvengono sempre per contagio. E oggi in Europa il valore della famiglia viene riconosciuto anche da chi, solo qualche anno fa, parlava di famiglia obsoleta. Speriamo che prima o poi le politiche familiari di alcuni Paesi europei si allarghino «per contagio» anche da noi.

Fonte: avvenire.it di Luciano Moia