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Da noi niente aiuti alla famiglia, più figli se il...

Da noi niente aiuti alla famiglia, più figli se il welfare funziona

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Il docente di Demografia all’università Cattolica di Milano: così si spiega il boom di bambini in Francia. Se non arrivano le politiche di sostegno alle coppie, il declino in atto non potrà che continuare.

www.repubblica.it

di MARIA NOVELLA DE LUCA

Eppure la voglia di fare figli ci sarebbe. Basta chiederlo ai giovani. A vent’anni affermano sicuri che avranno una famiglia, a trenta iniziano a rinviare, a trentacinque senza lavoro e senza welfare scatta l’addio al desiderio: si fa un unico figlio o si rinuncia a diventare genitori”. Alessandro Rosina, docente di Demografia all’università Cattolica di Milano, ha dedicato saggi e studi al grande tema delle “culle vuote” in Italia, a quel calo progressivo di natalità che oggi sembra aver raggiunto l’apice nel nostro Paese, l’anno zero della fecondità. Un declino che ha radici lontane, già sintetizzato da Rosina nel saggio “Famiglie sole” , ma che oggi con la crisi economica sembra aver congelato la voglia di futuro delle giovani coppie italiane.


Professor Rosina, i dati Istat sono drammatici.

“Se non si rivedono le politiche di sostegno alla famiglia il declino non può che continuare. Perché le difficoltà di oggi si sommano a tutto quello che non è stato fatto ieri, quando già l’allarme demografico era alto: dalla conciliazione ai sostegni ai giovani, dagli asili nido ai part time, dalla flessibilità ai supporti alla maternità”.

Però la voglia di famiglia c’è.
“C’è ed è forte, questo è il paradosso. Sono poche le coppie childfree in Italia, quelle che dichiarano davvero di non volere bambini. Basterebbe cominciare ad investire sul welfare e i figli tornerebbero a nascere”.

L’intera Europa è attraversata da una forte crisi della natalità. Ma noi siamo agli ultimi posti.
“Le radici di tutto questo risalgono agli anni Settanta, e all’entrata massiccia delle donne nel mondo del lavoro. Mentre in Francia ad esempio per sostenere la demografia si è puntato su asili, scuole, congedi, sgravi fiscali per le famiglie, l’Italia è rimasta immobile”.

Con il risultato che in Francia la demografia ha continuato a crescere.
“Infatti. E la stessa Germania che ha vissuto un invecchiamento simile a quello italiano, prima ha puntato fortemente sulla formazione dei propri giovani, poi è diventata una nazione attrattiva per l’immigrazione non solo di basso ma anche di alto livello. E negli ultimi anni ha radicalmente modificato il proprio sistema di ausili alla natalità. E lì dunque i bambini torneranno a nascere”.


Da noi invece…

“In Italia dopo il baby boom, quando la società è cambiata, c’è stata una reazione conservatrice. L’entrata nel mercato del lavoro delle donne è stata boicottata in tutti i modi. A cominciare dalla mancata creazione di sostegni per la maternità, che ha messo le coppie, e soprattutto le madri, di fronte alla necessità di scegliere tra i figli e il lavoro”.

Si voleva difendere il modello patriarcale?
“Ci sono più ragioni. La prima è storica: quando è iniziato il calo demografico evocare la natalità voleva dire evocare il fascismo e il “dare figli alla patria”. La morale comune ha poi condannatoil lavoro delle donne considerandolo un elemento di instabilità coniugale, e di perdita di autorevolezza del maschio”.

Con quale risultato?
“Senza supporti la famiglia si è indebolita, il lavoro femminile non ha avuto l’apporto del welfare e la demografia è crollata. Nel 1965 nascevano un milione di bambini l’anno, oggi soltanto cinquecentomila. Ci stiamo avvicinando al minimo storico di culle vuote del 1995, quando il tasso di fertilità era di 1,2 figli per donna. Oggi siamo fermi all’1,4, ma potremmo scendere di nuovo”.

Perché non si è fatto nulla per invertire la tendenza?
“Si è sempre colpevolmente pensato che il modello di famiglia italiana potesse bastare a se stesso, la rete parentale al posto dello Stato. Un comodo modo per non investire risorse”.

Così oggi sono sempre di più i giovani che emigrano per riuscire a lavorare, e poi scoprono che all’estero è anche possibile formarsi una famiglia.
“E la perdita per il nostro paese è doppia: se ne vanno i giovani, fuggono i cervelli, e i bambini nascono altrove”.

Il grande esodo dei “millennials”.
“Che invece avrebbero una gran voglia di restare qui, di costruire e di cambiare le cose. Emerge da tutti gli studi, da tutte le statistiche. Ma la politica, purtroppo, sembra cieca e sorda a tutto questo”.