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5 aprile: oggi giornata internazionale del lavoro invisibile

5 aprile: oggi giornata internazionale del lavoro invisibile

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Le cose cambiano. Fino a 50-70 anni fa, essere una buona madre significava restare a casa ad accudire i figli e assicurare al marito, il capofamiglia, una vita pacifica dopo una lunga giornata di lavoro: le donne dovevano essere “l’angelo del focolare”, dedicate alla cura della famiglia. Oggi se dici che sei casalinga ti senti dire:”Ah, allora tu non lavori!”

Non è solo un commento sessista, riservato solo alle signore: il lavoro di cura, il lavoro volontario non retribuito, è tenuto in bassissima considerazione nella nostra società, a casa e fuori. Non c’è traccia del lavoro di cura nel PIL degl stati europei, anche se da poco in alcuni stati è stato introdotto il calcolo dei proventi della prostituzione e del traffico di droga.
Il lavoro di cura non rende, quindi non vale.
Non c’è traccia del lavoro silenzioso delle migliaia di volontari che ogni giorno permettono alla nostra società di sopravvivere, che si prendono cura dei nostri giovani e dei bambini, dei malati, degli anziani, dei profughi, dei disperati. Di chi segue i nostri figli nello sport e di chi tutela l’ambiente e le opere d’arte del nostro Paese. Se non è retribuito, se è fatto solo per amore, se è invisibile, allora non esiste. E può essere ignorato, dai politici, dalla società, dal welfare, dalle amministrazioni.

Per dare visibilità al lavoro invisibile di milioni di persone, per riconoscerne l’inestimabile contributo, è partita dal Canada per approdare in Europa grazie alla FEFAF (la federazione europea delle donne attive in famiglia), in Italia al Moica col sostegno di Elfac e Anfn, la Giornata Internazionale del Lavoro Invisibile, celebrata con un foglio bianco che tutti i lavoratori invisibili sono invitati a spedire ad amici, familiari, associazioni, politici, deputati, per ricordare loro l’importanza fondamentale dell’umile lavoro di cura, da supportare e riconoscere, in casa e nella società. Perché le cose che possono cambiare vanno cambiate.

Regina Florio Maroncelli