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Un Figlio, Un Voto: questa è la soluzione!

Un Figlio, Un Voto: questa è la soluzione!

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Nel 1800 agli afroamericani era negato il diritto di voto. Il pensiero comune condivideva questa impostazione, giustificandola con il fatto che erano i cittadini ‘bianchi’ a rappresentarli. Nel 1869 gli USA hanno approvato il XV emendamento che riconosce il diritto di voto ai cittadini di colore, aprendo di fatto la strada al pieno riconoscimento dei diritti indipendentemente dal colore della pelle.

Fino all’immediato dopoguerra, alle donne in Italia non veniva riconosciuto il diritto di voto. Il pensiero comune lo giustificava in quanto erano gli uomini che li rappresentavano elettoralmente. Il 2 giugno 1946 si tennero in Italia le prime elezioni aperte alle donne, aprendo la strada alla parità di genere.

Oggi c’è ancora una categoria esclusa dal diritto di rappresentanza: i minori di anni 18. Il pensiero comune lo giustifica con il fatto che sono i genitori a rappresentarli. La stessa giustificazione usata nel 1800 per i cittadini di colore, o nella prima metà del ‘900 per le donne. Ma i genitori hanno un voto solo, che rappresenta solo loro, e che vale tanto quanto l’elettore senza figli.

Se andiamo ad analizzare l’elettorato che andrà a votare il 25 di settembre, la fetta più importante, pari al 36,33%, è riferita ad elettori con 60 e più anni di età. La fascia 40-59 anni rappresenta il 36,06%, mentre quella dei giovani (18-39 anni) rappresenta il 27.62%.

Di fatto, quindi, la fascia degli over 60 anni è quella elettoralmente più appetibile. Non è quindi un caso che oggi molti proclami elettorali si rivolgano a loro. Nel contempo, il consiglio dei ministri con il decreto aiuti bis ha tolto dall’Assegno Unico Universale 630 mln., non utilizzati, per destinarli ad altre misure, tra cui le pensioni. Di fatto, hanno tolto il pane ai bambini per consentire l’aumento delle pensioni del 2%. Senza parole…

Tutto questo, perché i bambini non votano, e i pensionati sì.
La fascia 0-17 anni, che non è rappresentata elettoralmente, è pari al 15.60% del totale della popolazione. Se consentissimo il voto anche a loro, attraverso la delega ai genitori (figli dispari alla madre, figli pari al padre; in assenza di entrambi i genitori, delega al tutore), la fascia dei minori e dei giovani (0-39 anni, quella che comprende sia i genitori che i figli) diventerebbe maggioranza elettorale (38,91%). Ecco quindi che, così come successo quando è stato esteso il voto agli afroamericani e alle donne, il tema della natalità diventerebbe prioritario per i partiti (mentre in questa campagna elettorale non viene posta tra le priorità).

Per approfondire l’argomento, vi invito a leggere questo interessantissimo articolo del prof. Matteo Rizzolli, economista e professore presso l’Università LUMSA e Istituto Giovanni Paolo II:

Per rimettere i giovani al centro della politica, i minorenni devono votare

Come far partire l’iniziativa di Un Figlio Un Voto?

Auspichiamo innanzitutto che almeno un partito abbia il coraggio di farne un cavallo di battaglia.

Altresì, la cosa potrebbe partire dal basso, ad esempio un capoluogo di provincia o una regione, che introduca il principio ‘un figlio un voto’ nei propri referendum consultivi. Verrebbe quindi introdotto il principio, e soprattutto sarebbe il primo caso al mondo in cui verrebbe applicato, dando quindi rilevanza mondiale alla iniziativa.

C’è qualche partito o amministratore locale che ha questo coraggio, a fronte della possibilità di fregiarsi di essere il primo ad applicare questo principio?

Come Associazione Nazionale Famiglie Numerose, è dal 2006 che ne parliamo…

SPECIALE CONVEGNO UN FIGLIO UN VOTO

 

Alfio Spitaleri