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“Sconti” e congedi E spopola il terzo figlio

“Sconti” e congedi E spopola il terzo figlio

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Il matrimonio “mette le ali” alla vita, come sperimentano ogni giorno milioni di coppie. Ma i suoi effetti sulla longevità dei coniugi sono stati tradizionalmente oggetto di interpretazioni discordanti. Alcuni demografi, in particolare, sottolineano che già l’atto di convolare a nozze si accompagna di frequente a uno stato di “benessere” fisico o sociale che prefigura in modo naturale una vita più lunga rispetto a coloro che non fanno questa scelta. Altri studiosi, invece, insistono sugli effetti salutari della vita di coppia e di un focolare dove condividere ogni giorno le proprie aspirazioni così come i momenti di difficoltà. Senza dimenticare, poi, le gioie legate alla presenza dei figli e il sostegno che da essi ricevono i genitori giunti in età avanzata. I coniugi, in altri termini, acquisterebbero col tempo nuovi motivi e nuove basi per condurre una vita armoniosa e più lunga.

Adesso, un ampio studio condotto in Francia sembra avvalorare in modo definitivo le considerazioni di quest’ultima scuola di pensiero. Più che corrispondere all’incontro fra persone già di per sé “forti”, il matrimonio “fortifica” gli individui allungandone così il percorso vitale. A sostenerlo è una squadra di ricercatori dell’Insee, l’Istituto nazionale francese di statistica, l’equivalente del nostro Istat.
Dopo aver scandagliato negli anni i dati ufficiali sulla “storia familiare” di un ampio campione della popolazione transalpina, i demografi francesi si sono accorti che a qualsiasi età «le persone che vivono in coppia rischiano meno di morire che le persone che vivono da sole». Inoltre, il distacco dal coniuge per cause naturali (la morte) o per una separazione lascia sempre tracce estremamente profonde che si traducono in un incremento della mortalità.

Il dato più impressionante della ricerca riguarda i quarantenni e i cinquantenni. Coloro che vivono in coppia, secondo lo studio, riportano tassi di mortalità fino a tre volte inferiori rispetto a chi vive solo. Ma il dato è particolarmente pronunciato anche per gli ottantenni sposati che sono molto meno esposti a “incidenti” potenzialmente mortali rispetto a chi non ha un coniuge. Come se il legame di coppia rappresentasse una sorta di “scudo” invisibile per fronteggiare ogni situazione di difficoltà e pericolo.

Altri studi avevano già provato in passato lo stato di “maggiore realizzazione” degli individui in coppia, ma alcuni studiosi attribuivano questa condizione a un insieme di fattori concomitanti. La nuova ricerca dell’Insee, invece, ha cercato di isolare statisticamente quanto più possibile il “fattore di coppia” da tutti gli altri, mostrando in tal modo tutta la forza dei suoi effetti sul percorso individuale.

Se le persone sposate vivono più a lungo, in altri termini, ciò non è dovuto principalmente a fattori esterni come ad esempio la minore pressione fiscale che grava sui nuclei familiari rendendo così economicamente più “agevole” una vita di coppia. La forza interna del fattore coniugale appare in realtà molto più profonda del previsto, tanto da trascendere anche le contingenze dello scenario sociale e politico in un dato periodo.
«La presa in considerazione della categoria sociale, del livello di educazione, del numero di figli e del fatto di essere proprietario o affittuario non modifica di fatto le disparità osservate confrontando direttamente i tassi di mortalità», constata la ricerca.

Ma accanto al coniuge, conta anche la presenza di una discendenza, soprattutto nel caso delle donne. «A una certa età – si può leggere nello studio -, il rischio di morte delle donne non è lo stesso a seconda del numero di figli che hanno avuto». La ricerca mostra che avere due figli è la situazione associata statisticamente alla vita più lunga. E anche in questo caso la spiegazione non può essere rintracciata solo facendo riferimento ad altri criteri.

In particolare, non basta osservare che le donne con problemi di salute diventano madri più difficilmente e che, al contrario, un numero molto elevato di gravidanze e di figli da accudire può concorrere alla lunga a una certa “fragilità” delle madri di famiglie numerose. Lo studio mostra infatti che dati simili valgono per i padri, anch’essi con un’aspettativa di vita molto alta quando hanno dei figli, in particolare due. I ricercatori avanzano così l’ipotesi che sia in gioco «l’equilibrio trovato fra i costi di una discendenza in termini di sforzi umani e finanziari e i suoi benefici sull’aspettativa di vita legati a condotte meno arrischiate e a una migliore integrazione sociale».
In altri termini, le statistiche sembrano confermare in pieno quanto il buon senso ha da sempre suggerito: le madri e i padri presentano una condotta più prudente ed avveduta. In età avanzata, poi, il calore e il sostegno della presenza filiale è fondamentale per restare vitali e in forma.
Daniele Zappala’, Avvenire