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Relazioni tra povertà e demografia e possibili interventi

Relazioni tra povertà e demografia e possibili interventi

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Osservatorio nazionale sulla famiglia
Gruppo di lavoro 1

La questione demografica


Seminario online – 15 luglio 2021

 

RELAZIONI TRA POVERTA’ E DEMOGRAFIA
E POSSIBILI INTERVENTI

Dall’analisi dei dati dell’Istat relativi alla povertà assoluta in Italia, riferita agli ultimi 15 anni, emerge una interessante chiave di lettura anche per le dinamiche demografiche del nostro Paese.

In particolare, si rileva chiaramente come e dove l’Italia ha indirizzato le scelte politiche e le risorse economiche, in particolare quelle relative al contrasto alla povertà.

Partiamo quindi dai dati di 15 anni fa, ossia del 2006. In quell’anno è di tutta evidenza che le persone sole, soprattutto se anziane, risultavano indiscutibilmente le più povere in senso assoluto: il 7,4% delle famiglie composte da una persona sola, over 65, viveva al di sotto della soglia di povertà assoluta, contro il 6% delle famiglie con 3 figli minori e solo l’1,2% delle famiglie con un figlio minore.

Anche a livello di singoli individui per classe di età, gli over 65 risultavano nettamente più povere rispetto alle altre classi di età: 4,6% contro il 2,8% della classe di età fino a 17 anni, la seconda più povera.

Cosa è successo dal 2006 ad oggi? È successo che le scelte politiche effettuate negli ultimi 15 anni hanno riguardato esclusivamente i single e gli anziani, trascurando clamorosamente i giovani e le famiglie con figli. Il risultato è stato che da un lato, in positivo, si è avuto un miglioramento o una sostanziale stabilità delle condizioni di vita dei primi; dall’altro, in negativo, un drammatico peggioramento delle condizioni di vita dei secondi, come evidenziano i dati ISTAT.

Partiamo dal numero di componenti il nucleo familiare: a fronte di una stabilità della povertà assoluta delle famiglie mononucleari (in lieve calo dal 5,8 al 5,7%), aumenta la povertà di tutti gli altri nuclei con più di un componente, con l’exploit (in negativo) delle famiglie con 5 e più componenti, passate dal 3,8% del 2006 al 20,5% del 2020!

Analizzando invece l’andamento della povertà in basi alle classi di età (quindi, indipendentemente dal nucleo familiare di appartenenza), a fronte di un lieve aumento della povertà per la fascia over 65 (da 4,6% a 5,4%), va evidenziato il forte incremento della fascia dei giovani (18-34 anni), passati dal 2,3% all’11,3%, ma soprattutto quello dei minori (fino a 17 anni), passati dal 2,8 al 13.5%:

Ma il grafico che più di tutti evidenzia la disparità delle politiche attivate in Italia negli ultimi 15 anni, è quello che mette al confronto le famiglie con unico componente con più di 65 anni, con le famiglie con figli minori.

Registriamo così una riduzione della povertà assoluta degli anziani soli (da 7,4% a 4,9%), a fronte di un incremento importante di tutte le famiglie con figli minori, con la drammatica evidenza dei nuclei con 3 e più figli minori: se nel 2006 il 6% di queste famiglie viveva al di sotto della soglia di povertà assoluta, nel 2020 sono arrivate al 22,7%, con una punta del 26,8% nel 2016!

Si potrebbe obiettare che questi dati riguardano solo il contrasto alla povertà; in realtà, un altro dato Istat, non legato alla povertà, ci evidenzia che le politiche degli ultimi anni sono andate incontro alle fasce più anziane della popolazione, a scapito dei giovani. L’andamento dei redditi netti per fasce di età (aggiornato purtroppo soltanto fino al 2018) ci mostra come nel 2003 la fascia dei giovani fino a 35 anni di età poteva godere di un reddito netto sensibilmente superiore a quello degli over 65 (26.560 euro contro 18.513 euro). Questi 9mila euro di differenza sono stati tutti annullati nel corso di 16 anni, tanto che nel 2018 gli over 65 guadagnano più dei giovani (27.156 euro contro 26.758 euro).

Queste scelte politiche hanno inevitabilmente influito sulle dinamiche demografiche. La nascita di un figlio è diventata la seconda causa di povertà in Italia, subito dopo la perdita di lavoro del capofamiglia. Per contro, il lavoro ai giovani è sempre meno accessibile e sempre più sottopagato e caratterizzato da precarietà, rendendo ancora più difficili scelte di vita come quelle di creare una famiglia e mettere al mondo dei bambini.

Il confronto tra nascite e povertà assoluta evidenzia come al calo costante dei nuovi nati corrisponda l’aumento, pressoché costante, della povertà per le famiglie con figli.

Il fatto poi che le famiglie con 3 e più figli siano quelle più colpite in negativo dalle politiche economiche del nostro paese, e risultino in assoluto le più povere in Italia, ha avuto inevitabili ripercussioni sulla drastica riduzione di nuove famiglie numerose: questo recente grafico dell’ISTAT evidenzia come il numero di mamme che fanno 1 o 2 figli rimane quasi costante, registrando un lieve calo; le mamme con 3 e più figli, quelle che dovrebbero compensare demograficamente le donne che non hanno figli (raddoppiate peraltro dall’11 al 22%), si sono drasticamente ridotte.

 

La progressiva riduzione del 20% in 15 anni della popolazione ‘CORE’ (20-39 anni, definita ‘core’ in quanto vitale per l’economia di ogni paese, in quanto è quella dove nascono nuove imprese, nuove idee, nuove invenzioni) ha già avuto un impatto negativo sulla nostra economia, con un PIL che nel periodo è cresciuto in maniera assolutamente marginale.

Se poi andiamo a vedere le proiezioni demografiche fino al 2050, viene evidenziato un dato di tutta drammaticità. In un futuro tecnologico in cui la competitività di ogni singolo paese sarà garantito dai nativi digitali (appunto, la generazione core, cuore pulsante della economia), l’Italia sarà caratterizzata da un ulteriore depauperamento di questa benzina necessaria alla crescita del paese. L’ipotesi mediana delle previsioni (effettuate nel 2017, ma già ampiamente superate in negativo dai dati consuntivi 2018-2020), prevede una ulteriore riduzione di 1,7mln. di giovani; l’ipotesi inferiore, quella attualmente più realistica, vede invece una ulteriore riduzione di oltre 3mln. di giovani. Tradotto in parole povere: l’Italia sarà sempre meno competitiva a livello economico.

Abbiamo visto come le scelte politiche effettuate negli ultimi anni hanno privilegiato una fascia di popolazione, a scapito di giovani e famiglie con figli, che rappresentano il futuro del nostro paese. La domanda ora è: come riuscire a cambiare la rotta? Con quali interventi?

Premesso che gli ambiti in cui intervenire sono molteplici e trasversali, a partire da quelli culturali, proviamo ad indentificarne alcuni che vanno direttamente ad agire sui punti precedentemente evidenziati:

  • LAVORO PER I GIOVANI

È fondamentale garantire ai giovani e alle giovani non soltanto  un lavoro, ma anche una adeguata remunerazione  e il superamento dell’attuale meccanismo di precarietà, che non consente un’ottica temporale di medio termine, necessaria per la costituzione di una famiglia e la nascita di figli;

  • ASSEGNO UNICO UNIVERSALE

L’assegno, i cui importi di erogazione a regime devono essere ancora definiti, dovrebbe contribuire in maniera importante quantomeno ad invertire il trend di crescita della povertà delle famiglie con figli. È importante tuttavia che le famiglie maggiormente colpite, ossia quelle con 3 e più figli, siano maggiormente tutelate, affinché nessuna abbia a rimetterci e possa comunque contare su un incremento rispetto all’attuale sistema di assegni familiari e detrazioni;

  • REDDITO DI CITTADINANZA

Se andiamo a vedere gli effetti del reddito di cittadinanza sul 2020, anno di introduzione, rispetto al 2019, evidenziamo da un lato un successo verso i single e le persone over 65, dall’altro un completo fallimento verso le famiglie con figli, in particolare con minori. E questo per una assurda scala di equivalenza che assegna solo il 20% del beneficio ai minori, ossia un peso inferiore non soltanto alle scale di equivalenza ISEE, ma persino alle scale di equivalenza con le quali viene calcolata la povertà dall’ISTAT. Diverse famiglie numerose realmente povere ed in difficoltà, vengono escluse dal reddito di cittadinanza semplicemente perché possiedono vecchi monovolumi a 7 posti anche di 20 anni fa, di valore commerciale nullo, ma di cilindrata superiore ai 1.600 cc. Con l’introduzione dell’Assegno Unico Universale, è inoltre prevista una ulteriore iniquità: la parte del reddito di cittadinanza verso i figli a carico verrà eliminata, in quanto non cumulabile con l’AUU. Al fine di dare equità a questo strumento rivelatosi discriminatorio, è necessario prevedere la cumulabilità tra AUU e Reddito di Cittadinanza, oltre a togliere l’assurdo limite della cilindrata delle auto per le famiglie con 3 e più figli;

  • ISEE

Da anni l’associazionismo familiare denuncia diverse iniquità dell’ISEE, a partire dal fatto che viene utilizzata erroneamente come strumento di politica familiare, quando invece riguarda esclusivamente politiche assistenziali. L’Italia, che non ha una imposta unica patrimoniale, è l’unico paese al mondo che utilizza l’ISEE; gli altri paesi hanno una imposta patrimoniale, ma non hanno l’ISEE. Attualmente l’ISEE viene utilizzata quasi esclusivamente per interventi che riguardano la famiglia, escludendo invece tutti gli altri benefici come il bonus biciclette, auto, ristrutturazione o superbonus. Risulta quindi come una patrimoniale sui figli. In questo modo, di fatto, viene lanciato un messaggio preciso: case e monopattini sono considerati più importanti dei figli, contribuendo quindi a rafforzare le politiche che hanno contraddistinto gli ultimi 15 anni. Ma anche tecnicamente, l’ISEE presenta due enormi iniquità: la prima, è che, malgrado dovrebbe misurare la ricchezza effettiva delle famiglie, considera i redditi lordi anziché quelli netti. Risulta quindi come una ulteriore tassa sulla tassa, che penalizza i contribuenti onesti a scapito di chi evade o elude. La seconda, è rappresentata dalle scale di equivalenza, costruite sulla base dei costi di mantenimento dei figli (alimentari, vestiario, alloggio e salute), ma non considerano quelli di accrescimento (socialità, istruzione, intrattenimento, cultura, sport, etc.). Il risultato è che i figli, in particolare quelli successivi al primo, vengono sempre più penalizzati, come evidenziato dal confronto con le scale di equivalenza utilizzata in Francia con il Quoziente Familiare, dove invece i figli successivi al secondo vengono premiati:

  • CARTA FAMIGLIA

La Carta Famiglia rappresenta un prezioso strumento per le famiglie con 3 e più figli per migliorare la capacità di acquisto proprio di quei nuclei maggiormente a rischio di povertà. La Carta Famiglia è stata introdotta per il periodo 2019-2021, ma, pur essendo operativa, risulta attualmente poco più di un contenitore semivuoto con pochissime convenzioni attive, al contrario di alcune interessanti esperienze all’estero. Ci riferiamo in particolare alla Francia, la cui Card Famille Nombreuses è attiva sin da dopoguerra, e alla Polonia, dove in pochi anni la Family Card ha stretto più di 28.000 convenzioni con imprese private ed enti pubblici. Entrambi i paesi evidenziano dinamiche demografiche significativamente migliorative rispetto all’Italia. È necessario con urgenza provvedere al rinnovo della Carta Famiglia, in scadenza a fine anno, accogliendo le numerose proposte dell’associazionismo familiare volte a sviluppare le enormi potenzialità dello strumento;

  • QUOTA MAMMA

A fine anno scade Quota 100, per i quali si discute attualmente un possibile rilancio con diverse modalità, tra cui ‘Quota 41’, che però costerebbe 4,3mld. nel 2022 e fino a 9,2mld. a fine decennio, con un impegno dello 0,4% sul PIL. Se accolta, questa misura sarebbe l’ennesima discriminazione verso i giovani e le famiglie con figli, in quanto drenerebbe ulteriori risorse verso le categorie più anziane. Esiste però una proposta sulle pensioni che avrebbe dei positivi risvolti, soprattutto a livello culturale, sulla natalità, ad un costo  per lo Stato che potrebbe anche essere pari a zero. Ci riferiamo a ‘Quota Mamma’, che riconosce la possibilità alle mamme lavoratrici di poter andare in pensione con un anno di anticipo per ogni figlio. Il potenziale costo zero per lo Stato è dovuto al fatto che chi opta per questa soluzione vedrà calcolata la pensione interamente con il sistema contributivo; in questo modo, il costo iniziale delle pensioni anticipate verrà poi compensato nel tempo con la minore pensione erogata. La scelta ovviamente sarà facoltativa, ma almeno consentirà una opzione a tante donne over 50 che attualmente arrivano a ricoprire contemporaneamente, oltre al proprio lavoro, altri tre ruoli di cura fondamentali: quello di mamma, quello di nonna, e anche quello di figlia verso i genitori anziani. È un principio di equità e riconoscimento sociale dei compiti di cura delle mamme lavoratrici;

  • SISTEMA ELETTORALE

L’analisi di cui sopra rileva una realtà quasi mai citata, ma del tutto evidente: i giovani, ed in particolare i minori, non hanno una adeguata rappresentatività. Non hanno un sindacato o un partito che li rappresenti. A livello elettorale, per essere eletti è molto più efficace promettere qualcosa per le fasce elettoralmente più numerose, come ad esempio i pensionati, piuttosto che per quelle meno numerose, come i giovani, o peggio ancora per quelle che non votano, come i minori. Il risultato, inevitabile, è che con le attuali dinamiche avremo un elettorato sempre più anziano che tenderà sempre di più ad eleggere propri rappresentanti. La soluzione per uscire da questo stallo è quella di adottare un sistema elettivo che preveda il meccanismo di “UN FIGLIO, UN VOTO”, attraverso il quale alla madre viene assegnato un ulteriore voto per ogni figlio dispari (il primo, il terzo e così via), e al padre un ulteriore voto per ogni figlio pari (il secondo, il quarto, e così via). In questo modo, oltre a dare maggiore peso a sostegno di politiche verso i giovani e le famiglie, viene finalmente riconosciuta la rappresentanza elettorale ai minori, che sono cittadini a tutti gli effetti, ma che non possono godere di questo fondamentale diritto costituzionale. A chi ribatte che questo diritto viene già ora svolto dai genitori, la risposta è che questa obiezione era la stessa che, erroneamente, veniva posta a suo tempo in occasione dell’introduzione del diritto di voto per le donne (la rappresentanza spetta già ai mariti) o alle persone di colore (la rappresentanza spetta già ai padroni dove lavorano). Se vogliamo realmente pensare ad un futuro giovane del nostro Paese, rompiamo gli schemi, compiamo un atto di coraggio e adottiamo, primo paese al mondo, questo sistema, anche come messaggio forte sulla natalità.

Per combattere l’attuale inverno demografico, non basta un unico intervento, ma tutta una serie di interventi a 360 gradi, come quelli sopra proposti, ma anche altri, come ad esempio le politiche di conciliazione lavoro-famiglia.

Per poter adottare in maniera efficace una politica a favore dei giovani e dei figli, è fondamentale un impegno da parte del Governo a raggiungere determinati obiettivi, come, ad esempio, raggiungere entro un certo periodo di tempo quell’indice di 2,1 figli per donna, necessario a mantenere l’equilibrio demografico del paese. Per un Italia più competitiva, aperta ai giovani e alla vita, e quindi aperta al futuro.

Alfredo Caltabiano