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Diario di una maestra numerosa: si ricomincia

Diario di una maestra numerosa: si ricomincia

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È ormai finita questa terza estate di pandemia. Estate che abbiamo vissuto senza freni, con tutte le misure di sicurezza allentate e ben poco riguardo per la diffusione del Covid che ha registrato casi dieci volte maggiori dell’anno scorso. In effetti, dopo averlo evitato per quasi tre anni, me lo sono preso anch’io e, oltretutto, senza nemmeno andarlo a cercare.
Comunque sia, nel mondo scuola, assistiamo a panorami variegati: c‘è chi deve darsi una mossa a spendere i 500 euro dell’annuale bonus docenti, chi si sta informando sui corsi d’aggiornamento, chi si prepara a seguire alla lettera le indicazioni del Ministero che invita ad essere pronti a misure restrittive, chi sta facendo comunque scorta di mascherine perché intende mettersela anche se non è obbligatoria, chi fa delle valutazioni microclimatiche delle aule il suo argomento preferito, chi non pensa più a nulla perché va in pensione e chi, essendo supplente, non sa ancora proprio niente dei suoi prossimi nove mesi.
Quello su cui rifletto io, invece, ha tutt’altro sapore: sulla base di quale intelligentissimo principio, mi chiedo, a neanche dieci giorni dall’apertura della scuola, si lasciano già a casa le classi per fare spazio ai seggi elettorali nei quali si andrà a votare? E, soprattutto, perché ci deve sempre rimettere la Scuola e quindi i bambini che dopo una vacanza estiva di cento irragionevoli giorni (ne ha dell’inverosimile ma non mi addentro in questo discorso) si trovano, subito, un lunghissimo weekend di pausa? Non credo sia educativo per una fascia d’età che rappresenta il nostro futuro, tantomeno dopo i tre anni che abbiamo appena vissuto e sulla fine dei quali non abbiamo nessunissima certezza.
È un torto che viene fatto a tutti quanti gli scolari che, malgrado le recenti difficoltà sanitarie, hanno sempre trovato nella Scuola validi stimoli per affrontare la quotidianità con positività, coraggio e speranza, ampliando i propri orizzonti in vista del futuro. Non si sono fatti abbattere dal distanziamento, dalla mascherina otto ore al giorno, dal momento della merenda ognuno al proprio banco, dalla fila indiana invece che per mano all’amico del cuore, dalle postazioni singole a mensa e da tanto tanto altro ancora, solo perché hanno confidato nel futuro e hanno creduto ciecamente ai loro maestri quando questi ultimi proponevano una didattica d’emergenza.
La pandemia andava vissuta come un’opportunità e una svolta verso cambiamenti migliorativi, invece siamo punto da capo e la scuola, di cui sembrava che nessuno potesse fare a meno durante il lockdown, è di nuovo all’ultimo posto.
Peccato che, invece, dovrebbe essere al primo e, allora, come siamo purtroppo abituati, non resta che a noi docenti portare avanti il concetto che è una meravigliosa istituzione e rappresenta, seppure con tutte le sue criticità, una roccia alla quale gli studenti di ogni età possono aggrapparsi. Lo dobbiamo ai nostri meravigliosi bambini che il Futuro lo sognano, eccome se lo sognano, e quindi lo faremo, ci mancherebbe altro.
Ma che questo sia giusto, è tutto un altro discorso.

Barbara Mondelli