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Diario di una maestra numerosa: la scuola va in vacanza?

Diario di una maestra numerosa: la scuola va in vacanza?

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L’ultimo giorno di scuola arriva sempre e non può essere altrimenti.
Non perché, come si dice spesso, tutto prima o poi finisce ma, anzi, proprio perché, invece di concludersi, continua sotto altre forme. E anche i bambini, in villeggiatura, non dimenticano certo la loro recente esperienza scolastica nemmeno mentre raccolgono conchiglie sulla spiaggia, si arrampicano su un albero al parco avventura, socializzano al Grest, coltivano l’orto al centro estivo di una fattoria didattica o, chissà, apprendono le prime basi di pesca subacquea. Complici i compiti delle vacanze, gli alunni sono tali tutto l’anno. La prova è che, quando tra bambini spuntano come funghi nuove conoscenze, subito dopo essersi presentati specificando il proprio nome, aggiungono immediatamente quale classe hanno appena finito di frequentare. E se, per divina coincidenza, i due non più estranei sono stati ammessi entrambi alla medesima classe successiva, apriti o cielo, sono immediatamente migliori amici per l’eternità.
L’eternità termina, ovviamente, il 15 settembre quando, volenti o nolenti, si ritorna sui banchi e si riabbracciano gli effettivi amici del cuore. Da che mondo è mondo, gli amici della vita sono proprio i cosiddetti compagni di classe: quelli con cui si vive per nove mesi (il triplo dei mesi estivi, tanto per capirci), quelli con cui si cresce da bipedi bebè a spensierati pre-adolescenti, quelli con cui si alzano gli occhi al cielo quando la maestra esagera (e succede spesso), quelli con cui ci si scambia un pezzettino di merenda dalla prima alla quinta, quelli con cui ci si pavoneggia di appartenere proprio ad una determinata classe e non ad un’altra dove sono, incredibilmente, tutti antipatici.
Ma, soprattutto, i compagni di classe sono quei coetanei con cui si impara, con cui si fa esperienza, con cui ci si aiuta a vicenda, con cui ci si allea e ci si difende davanti al mondo intero. Il mio più grande traguardo, quest’anno, è stato essere considerata, spesso e volentieri, la “cattiva”, o meglio, la persona contro la quale fare muro mentre sgrida uno o più bimbetti che sono fonte di disturbo per se stessi e per gli altri. Mi sono così accorta che, anche quando, a rotazione, il comportamento di qualcuno è stato particolarmente fastidioso, il clima di amicizia, tolleranza e rispetto che siamo riusciti con tanta fatica a creare in classe, ha prevalso su tutto e ha portato il gruppo classe sì a rendersi conto delle criticità reciproche ma ad avere, sempre e comunque, un atteggiamento di inclusione e di accoglienza vicendevole. Guardinghi nei confronti della onnipresente magistra ed empatici verso i pari malgrado la condotta poco decorosa, i miei scolari hanno raggiunto, per quel che mi riguarda, gli obiettivi prioritari: nobili sentimenti e capacità relazionali talvolta impensabili per noi adulti.
Non mi dispiace essere considerata rigorosa e severa se il risultato è una classe solidale, atteggiamento che porta automaticamente a raggiungere tutte le altre mete come ascoltarsi, attendere il proprio turno per intervenire, mettersi alla prova con coraggio perché non ci si sente soli e, insieme, imparare ad imparare. Cioè diventare capaci a essere disposti a contenere un appassionato desiderio di cultura e sapienza che non è solo quella dei libri ma, ancor di più, del cuore. Un bambino che ha vissuto da settembre a giugno queste sensazioni e le trattiene nel suo animo va in vacanza fisicamente e mentalmente, ma non empaticamente: niente sarà uguale senza i propri compagni e tutto diventa memoria in attesa di riabbracciarli in autunno. È lo stesso spirito con cui, a giugno, mi accingo al mio abituale riordino di fine anno scolastico quando raduno ricordi cartacei e digitali in un’unica scatola e, immancabilmente, resto con un palmo di naso man mano mi imbatto in quelli anche di molti anni prima. Ai classici bigliettini di Natale si aggiungono foto particolari per esempio durante un’uscita didattica tutti con la stessa maglietta, tessere di iscrizione a concorsi, diplomi vinti per un qualche progetto, messaggi inaspettati di ex scolari ormai grandi che si ricordano della maestra ad ogni nuovo traguardo, cd con i saggi di musica, verifiche rimaste tra l’eserciziario di matematica e mai consegnate al bambino in questione, disegni di ogni tipo. Ma, su tutte queste vestigia, anno dopo anno troneggia una cartolina inviata dal mare della Puglia circa quattro anni fa: “Maestra tu sei nel mio cervello anche quando mi tuffo nel mare”. Sistemo tutto ciò e molto di più e, dall’altra parte della scrivania, allestisco lo spazio per i nuovi libri pronti per indicarmi un percorso chiaro e organizzato da seguire, ma, in contemporanea, mi chiedo che tipo di vacanza augurare ai miei scolari, al di là di tante giornate senza mascherina e distanziamento. Auspico per loro lunghi momenti di noia valorizzata nei quali mettere a frutto gli insegnamenti dati e ricevuti, le sensazioni provate e trasmesse, gli interessi scoperti ed espressi, le strategie acquisite e prodotte, l’affetto sentito, provato, accolto e restituito. Buona estate a tutti, anche se la Scuola, in vacanza, non ci va.

Barbara Mondelli